Nei giorni scorsi, in concomitanza con il 1° aprile, il Web ha fatto uno dei suoi scherzi. In molti, non si sa bene se convinti della notizia che stavano condividendo, hanno postato articoli che parlavano della morte di Rita Borsellino. In realtà sarebbe bastato semplicemente leggere l’articolo che si stava condividendo per rendersi conto che la sorella del giudice era già morta il 15 agosto dell’anno scorso. Pesce d’aprile? Può darsi, anche se non si capisce bene chi sia, in questo caso, il destinatario dello scherzo. Più probabile che si tratti di un errore, poi amplificato a dismisura grazie alle (il)logiche dei social. Gli utenti, infatti, spesso condividono sulla propria bacheca contenuti di per sé importanti, senza però nemmeno prendersi la briga di capire di cosa si parla, alimentando in questo modo, inconsapevolmente ma anche colpevolmente, l’errore. L’episodio, censurabile, ci regala però l’occasione di parlare di questa piccola, grande donna che porta appunto il nome di Rita Borsellino.

La sorella del giudice Paolo, trucidato con la sua scorta da una bomba durante la terribile estate del 1992, non ha mai smesso, fino all’ultimo, di portare avanti la lotta contro le mafie condotta da suo fratello e Giovanni Falcone. Tanto da fondare una serie di associazioni per rendere più forte questa azione e soprattutto educare i giovani alla cultura anticriminale. Nel 1994 costitutivo anche la Carovana Antimafia – una serie di appuntamenti itineranti volti a sensibilizzare i cittadini sulla lotta alla malavita organizzata –, coinvolgendo migliaia di persone allo scopo di portare ovunque una proposta di legalità e un preciso monito a tenere alta l’attenzione contro ogni forma di sopruso, organizzata in collaborazione con Libera, Arci, e Avviso pubblico e in accordo con Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie. Dalla sua fondazione a oggi ha esteso nel corso di tutti questi anni il suo raggio d’azione, aumentando progressivamente il numero delle tappe e passando nel 2001 da Carovana regionale a Carovana nazionale. Qualche anno fa, lo ricordiamo, la Carovana toccò anche Verona e per noi giornalisti e gli studenti veronesi fu l’occasione di incontrarla e ascoltare da vicino cos’aveva da raccontare.

«La mafia non è solo quella che uccide col tritolo!» esordì. «È anche quella che investe e che ricicla», spiegò poi la Borsellino. «I soldi della mafia vengono ovviamente investiti dove l’economia è più sana, proprio in realtà come quella di Verona e del Nordest. Anche nella vostra città, infatti, ci sono chiari segni della presenza di patrimoni mafiosi, che inquina la vita economica e creano concorrenza sleale. La mafia ormai si muove in silenzio, fa affari, si avvale di persone che sanno far muovere i capitali. Ha decisamente cambiato strategia, perché ora tenta di rimanere il più possibile nascosta, a differenza di quanto accadeva dieci anni fa: all’epoca tentava di affermare con la prepotenza la propria forza e le stragi del 1992, ma anche quelle del 1993 – quando la nostra Democrazia ha rischiato veramente il tracollo –, ne sono un esempio indelebile nella memoria di tutti. A ogni modo la malavita organizzata vuole sempre la stessa cosa: ricchezza e potere. Per questo è importante che in ognuno di noi nasca una resistenza e che ciascuno lotti allo stesso modo con cui ha lottato mio fratello Paolo, fino alla fine. Non dimentichiamolo e manteniamo viva la sua memoria con il nostro impegno per la legalità». Un invito, insomma, a non abbassare mai la guardia contro un modo di pensare e di agire, quello mafioso, che non fa sconti a nessuno. Mai.

In provincia di Verona sono numerosi gli immobili confiscati nel corso degli anni alle famiglie mafiose, distribuiti peraltro in vari Comuni della Provincia. La nostra risulta essere senz’altro una città a rischio d’infiltrazione mafiosa, proprio a causa del suo florido tessuto economico e finanziario. Anche qui, come in altre zone d’Italia, sono sempre più frequenti i fenomeni di riciclaggio del denaro sporco, di traffico della droga, di sfruttamento della prostituzione, ma anche di semplice costituzione di patrimoni mafiosi occulti. Elementi che destano molta preoccupazione, soprattutto ora, che la mafia pare essere sconfitta e invece è proprio per questo più pericolosa che mai.

«Dentro di voi ragazzi è ancora chiaro il senso della legalità» spiegò sempre in quell’occasione la Borsellino. «Poi si cresce e si tende a scendere a compromessi, si tradisce sé stessi e la propria moralità. Ma in ciascuno di noi c’è una scintilla d’onestà che resta viva: alimentatela. Essere dei veri cittadini comporta dei costi, è vero… ma la parola d’ordine, per non dimenticare chi, come Paolo, Giovanni e gli uomini della loro scorta, è morto per la legalità, dev’essere una sola: impegno. Restate fedeli ai vostri sogni e non lasciatevi distrarre da chi vi propone strade facili o poco pulite.»

Se n’è andata otto mesi fa, il giorno di Ferragosto, e da allora gli italiani hanno il dovere di ricordare la sua azione, visto che lei, instancabile eroina, ha dedicato la sua esistenza alla memoria del fratello, celebrandola nel modo più coraggioso: continuando a diffondere un messaggio di speranza contro la criminalità organizzata. Che si può e si deve combattere. Prima di tutto dentro noi stessi.