Un corteo festoso sarà l’assoluto protagonista di  PassaPorti, la Marcia contro ogni forma di razzismo per una città aperta e solidale organizzata per oggi, sabato 23 marzo, a Verona dal cartello “Nella mia città nessuno è straniero”.  La mobilitazione è realizzata nell’ambito della XV edizione della Settimana d’azione contro il razzismo promossa dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) e organizzata ogni anno in occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali, fissata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al 21 marzo.

Facendo proprio quanto enunciato nel primo appello, sottoscritto già nel 1995, l’associazione dichiara in una nota: “Il fenomeno dell’immigrazione se gestito bene, nel rispetto della Dichiarazione Universale dei diritti umani e delle leggi vigenti, può diventare l’occasione di una crescita comune, può offrire la possibilità di rendere la città più vivibile e abitabile per tutti, ricca in civiltà e bella proprio perché composita nella varietà delle culture”. L’appuntamento, dunque, è in piazzale XXV aprile, davanti alla Stazione di Porta Nuova a Verona, alle ore 15.00. Si sfilerà fino a Piazza Bra, dove sono previsti momenti di musica e reading.

Fra le oltre 70 associazioni veronesi che aderiscono a “Nella mia città nessuno è straniero” e che partecipano alla manifestazione c’è anche Avvocato di strada Verona.Neparliamo con Anna Tragni, già intervistata dal nostro giornale la settimana scorsa sul caso di Nasrin Sodouteh, l’avvocatessa iraniana condannata a 38 anni di prigione e 148 frustate per aver lottato a favore dei diritti civili nel proprio paese.

L’Avvocato Anna Tragni

Avvocato Tragni, perché la vostra associazione “Avvocato di Strada” aderisce a questa manifestazione?

«Si tratta di una manifestazione molto importante, inclusiva, all’insegna dell’accoglienza, per ribadire che una politica che mira a emarginare e stigmatizzare il diverso, il povero, chi scappa da guerre e povertà è una politica che va contro ogni logica, nonché contro i più basilari diritti fondamentali, ripresi fra l’altro dalla nostra Carta Costituzionale. D’altronde la nostra associazione è da sempre particolarmente sensibile ai temi dell’accoglienza e dell’integrazione, anche perché spesso i nostri utenti sono stranieri, privi di tutela nel nostro Paese, ultimamente anche a causa di precise scelte legislative.»

Come associazione da quanto tempo operate a Verona?

«Avvocato di Strada è attivo da più di dieci anni. Siamo rientrati sotto il cappello di Avvocato di Strada Nazionale da sei anni, ma la nostra attività di assistenza e di sportello esiste da circa quindici anni»

Di cosa vi occupate?

«Posso riassumerlo così: delle persone di cui non si occupa nessuno.»

Cioè?

«Il nostro sistema giudiziario prevede una sorta di paracadute per chi non può permettersi l’assistenza legale. Ma il patrocinio gratuito, che pur esiste, non copre tutta la fascia di popolazione che ne ha bisogno. Noi aiutiamo, in definitiva, chi letteralmente non sa dove sbattere la testa. Fra queste persone c’è di tutto, con ovviamente tanti stranieri, molti dei quali hanno problemi di diritto dell’immigrazione. Non seguiamo direttamente i richiedenti asilo, che hanno una tutela garantita, ma persone che ad esempio possono avere problemi legati al titolo di soggiorno, ma anche tanti italiani, con problemi di varia natura.»

Quanti sono gli “avvocati di strada” veronesi?

«Tra avvocati, praticanti e meri volontari siamo circa una cinquantina. Devo dire che rispetto alle altre associazioni Avvocato di Strada (che a livello nazionale conta una cinquantina di sportelli) noi di Verona risultiamo una delle realtà locali più nutrite d’Italia.»

Dove possono trovarvi coloro che hanno bisogno di voi?

«Ci sono tre sportelli settimanali e la location non è, ovviamente casuale. Ci trovate prevalentemente presso le mense, a San Bernardino, al Tempio Votivo e ai Frati del Barana, subito dopo l’ora di pranzo. Dopo tanti anni ormai i senza dimora ci conoscono, siamo noti alla Caritas, ma anche altre realtà spesso ci indirizzano le persone che hanno bisogno di noi. Facciamo rete con le altre associazioni presenti sul territorio e ci si scambia le informazioni. Recentemente abbiamo aperto nuovi sportelli ai dormitori del Samaritano, a Sezano, in Valpantena.»

Come procedete, di solito?

«La nostra è un’attività molto pratica. In circa un’oretta di colloquio ci vengono esposti i singoli casi. A dire il vero non sempre possiamo fare qualcosa, perché c’è anche chi cerca un lavoro o una casa, che sono tematiche non di nostra competenza. A questo proposito, grazie al finanziamento di Fondazione Cariverona, abbiamo realizzato una guida dal titolo “Dove andare per…”, fresca di stampa in questi giorni: è una sorta di vademecum che aiuta (in varie lingue, fra cui l’inglese, il francese e l’arabo) a orientarsi per risolvere molteplici problematiche, dalle cure mediche a dove andare per mangiare, lavarsi e magari anche trovare un alloggio con l’edilizia popolare.»

Mi par di capire che uno dei problemi principali che dovete affrontare è quello della residenza…

«Si, ci capita molto spesso di dover affrontare questo tema. In generale la casa è considerato un livello base che uno deve avere per poter poi ottenere tutta una serie di diritti (assistenza sanitaria, sociale, pensionistico, diritto di voto). Anzi, per certi aspetti si potrebbe dire che questo è un po’ il nostro core business, visto che ci troviamo spesso a dover risolvere casi legati a questo tema.»

Fra l’altro di recente avete ottenuto – in collaborazione con il Comune di Verona – un bel successo. Di cosa si tratta?

«Abbiamo finalmente ottenuto il cambio del nome della cosiddetta “via fittizia”. Per legge tutte le città devono avere una via fittizia, una via, cioè, da inserire sulle carte d’identità di chi non ha una fissa dimora. Negli ultimi anni questa via ha avuto alterne vicende a seconda delle amministrazioni comunali che si sono succedute: con la Giunta Zanotto a Verona la via fittizia era Via dell’Ospitalità, poi con le Giunte Tosi prima Via Senza Indirizzo Zero, poi Strada Comunale Non Territoriale Zero. In questi ultimi due casi si trattava di nomi un po’ troppo stigmatizzanti. Chi si presentava, ad esempio, a un colloquio di lavoro con un indirizzo di questo tipo e così facilmente riconoscibile risultava inevitabilmente penalizzato. Abbiamo, pertanto, presentato alla Giunta Sboarina una richiesta specifica, abbiamo parlato con l’Assessore Polato, che si è dimostrato molto disponibile, e  abbiamo proposto un nome diverso, non così riconoscibile.»

Che nome avete scelto?

«Ispirandoci a quanto avvenuto in altre città d’Italia, abbiamo cercato di trovare un nome simbolico e alla fine abbiamo scelto quello di Olimpio Vianello, un clochard purtroppo ucciso a bastonate qui a Verona negli anni Ottanta. La proposta è stata, con molta sensibilità, approvata e ne siamo felici.»

Poi fra le altre c’è anche un’attività intitolata “Caffè e Diritti”. Di cosa si tratta?

«Organizziamo periodicamente degli incontri per parlare di un tema legale specifico: diritto penale, diritto del lavoro e via dicendo. Sono rivolti alle stesse persone che generalmente si rivolgono a noi per le consulenze e lo scopo è quello di rendere queste persone più consapevoli rispetto alla legislazione italiana e di evitare, quindi, di vederli poi incorrere in problematiche difficili da risolvere.»

Con le scuole di Verona cosa state organizzando?

«Andiamo spesso a parlare di diritto (e diritti) nelle scuole. Ma poi c’è tutto un “filone” sul discorso alternanza scuola-lavoro che ci riguarda da vicino. Gli studenti vengono a darci una mano agli sportelli e ci assistono nelle attività di ascolto. Fanno gli uditori, trascorrono alcune ore nei nostri studi legali, ci accompagnano a volte anche in udienza e ogni anno, alla fine dell’anno scolastico, organizziamo un convegno di tre giorni a Villa Buri coinvolgendoli su un tema particolare, diverso di volta in volta.»

Quando si terrà anche quest’anno?

«Nel weekend del 21-22-23 giugno, con i convegni che si concentreranno il venerdì e sabato mattina. Con i ragazzi, poi, si svolgerà anche una sorta di gioco di ruolo che intitoliamo “Nelle loro scarpe”: si tratta di una simulazione in cui gli studenti sono chiamati a immedesimarsi nei migranti e nel complicato percorso burocratico che intraprendono quando arrivano in Italia e devono presentare una richiesta d’asilo. L’obiettivo prefissato del gioco è quello di raggiungere un permesso di soggiorno. Presto, però, i ragazzi si rendono conto che si tratta di una vera e propria via Crucis. Con questa attività cerchiamo di formare una generazione di giovani più consapevoli su quelle che sono le difficoltà burocratiche, sociali e ambientali di chi vive sulla sua pelle questo tipo di situazioni.»

Le “avvocatesse di strada” Anna Tragni (a sinistra) e Barbara Bonafini (a destra) insieme ad una studentessa volontaria

Fra l’altro avete anche un importante collaborazione con Lush, il negozio di saponi con il punto vendita in piazza Bra, che vi sostiene nella vostra attività…

«Si, per noi si tratta di un’altra attività importante: ogni tre mesi Lush ci regala i loro fondi di magazzino (bagnoschiuma, saponette, dentifrici, etc.) che poi noi distribuiamo alle varie realtà con cui a nostra volta collaboriamo: mense, dormitori, famiglie in difficoltà. Poi sempre con Lush abbiamo organizzato una giornata che abbiamo definito “Charity pot“: in quell’occasione l’azienda aveva prodotto una crema ad hoc, venduta ai clienti, e il cui ricavato è poi finito all’associazione per sostenere le varie attività.»

In conclusione si può dire che Verona sale spesso alla ribalta delle cronache nazionali come città intollerante, ma in realtà nasconde molte realtà virtuose come la vostra?

«Sappiamo tutti come la nostra città sia fra quelle con il maggior numero di associazioni di volontari in Italia. Noi stessi, come numero di volontari fra le associazioni di “Avvocato di Strada”, siamo la seconda in tutta Italia. Numeri importanti, che fanno capire quanto sia sentito l’aspetto solidaristico a Verona. Un dato significativo, su cui dovremmo riflettere.»