L’attore romano nel monologo La notte poco prima delle foreste ci conduce in un viaggio ai margini

È davvero straordinario Pierfrancesco Favino nella performance di La notte poco prima delle foreste, al Teatro Nuovo di Verona in questi giorni.

L’attore romano, diretto da Lorenzo Gioielli in questa produzione della Compagnia Gli Ipocriti – Melina Balsamo regala agli spettatori un pezzo di teatro di rara bellezza, con un’intensità che coinvolge e trascina per gli oltre settanta minuti in cui regge, da solo, il peso della scena. Favino, che aveva presentato la pièce già nell’ultima puntata al Festival di San Remo 2018, rapisce l’attenzione fin dall’inizio con quel suo accentro straniero – dell’Est Europa, imitato alla perfezione – e soprattutto con quell’espressione che è un di ironia e struggimento, allegria gitana e sofferenza. Che, accompagnata dal testo scritto quarantadue anni fa dal drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Koltès (scomparso prematuramente nel 1989 all’età di quarantun’anni), conduce lo spettatore in un vero e proprio “viaggio al termine della notte” di celiniana memoria, in cui il protagonista si sfoga con un immaginario giovane ascoltatore (il pubblico, in definitiva) mentre guardandosi indietro raccoglie i cocci di una vita vissuta sempre ai margini (urbani) della società.

Bernard-Marie Koltés

Una vita caratterizzata da risse, incomprensioni, lavori saltuari, ma anche spaccio di droga, prostitute e piccoli espedienti per sopravvivere e proseguire ancora un giorno (e ancora una notte) con la propria travagliata esistenza. Già, la notte. È proprio la notte l’altra grande protagonista, in questo caso silenziosa, del testo. Con la sua oscurità, il suo gelo, i suoi pensieri indotti, mai facili, mai sereni. I fulmini che accompagnano il racconto all’inizio, il sottilissimo commento sonoro alla fine e le luci taglienti, sapientemente utilizzate per meglio sottolineare la solitudine vissuta con coraggio dal protagonista, contribuiscono a creare un’atmosfera rarefatta, poco accogliente e allo stesso tempo “luogo” conosciuto e per questo sicuro per l’io narrante. Il suo dolore di vittima consapevole di un sistema sociale spietato, che non lascia alcun tipo di possibilità per chi – come lui – è relegato ai confini, si alterna all’ironia tipica di chi sa che ha in questa l’unica scappatoia possibile, l’unica via di fuga per l’anima e la mente. Non è un’ironia frivola, certo, ma quest’uomo solido, «fatto di ossa e muscoli» come ama definirsi, ha ereditato dal padre la forza morale di chi non si «aggroviglia il cervello di pensieri», ma va avanti, nonostante tutto e tutti. Anche se poi il suo racconto è, a ben guardare, proprio un aggrovigliarsi senza soluzione di continuità di pensieri. Si cerca di vivere, in fondo, alla giornata, anzi, alla nottata, e poco altro davvero importa. L’attore ha, infatti, un unico, vero, grande problema all’orizzonte: dove trascorrere questa lunga e umida notte. E mentre cerca una soluzione racconta. E racconta. E racconta. Il suo linguaggio, crudo e duro, da strada è un veicolo potentissimo di sensazioni, spesso volutamente sgradevoli. La scelta di urlare e piangere e ridere rafforza il senso del racconto. E ci si ritrova, alla fine, al fianco dell’attore. Che diventa ai nostri occhi a tutti gli effetti lo straniero. Anche se Camus, in questo caso, non c’entra nulla.

Il Teatro Nuovo di Verona

Piovono applausi dagli spalti. Favino è chiamato sul palco a raccogliere il consenso ottenuto due, tre, quattro volte. Il pubblico apprezza e il tutto esaurito della prima serata e delle successive (ancora pochi biglietti disponibili) è la prova che il teatro di qualità, ancora una volta, ha avuto ragione. L’evento rientra nella rassegna “Il Grande Teatro” e sarà in replica a Verona fino a domenica pomeriggio.

Il testo venne presentato per la prima volta ad Avignone da Yves Ferry nel 1977, ma arrivò al successo quattro anni dopo con la performance di Richard Fonatana al Petit Odéon di Parigi, per la regia di Jean Luc Boutté. In Italia è stato portato da Roberto Pacini nel 1999, mentre due anni dopo fu Giulio Scarpati per la Compagnia Teatrale Gli Ipocriti, la stessa che accompagna oggi Pierfrancesco Favino in questo tour, che si concluderà dal 12 al 17 febbraio a Firenze.