Vivere i primi giorni di reclusione forzata è stato complessivamente facile per molti. Le ore e i giorni sono volati, passati velocemente a sistemare archivi fotografici, ripostigli, guardaroba, giardini e taverne. Molti hanno addirittura osato di più e si sono lanciati in creazioni culinarie di vario genere, con particolare preferenza per l’arte panificatoria, nonostante la galoppante difficoltà nel riuscire ad accaparrarsi qualche razione di lievito. Dopo alterni successi in cucina è iniziata la fase dove dedicarsi alla progettazione e alla realizzazione di vari lavoretti con i figli più piccoli. Una nuova attività piena di sommo entusiasmo da ambo le parti e pervicace dedizione della sola figura adulta.

L’impegno è stato tale da riportare alla luce sensazioni dimenticate, quali il dolore da forbici taglia xs in uso alla scuola, conseguenza diretta di sessioni fiume di taglio. Questo per i più fortunati. A qualcuno è andata invece peggio, con infortuni di diversa entità direttamente proporzionali all’ardimento progettuale. A tali conseguenze sono pure impalliditi i fantomatici runner di quarantena, che a ogni passo dovrebbero rompersi le caviglie intasando i Pronto soccorso del Paese, secondo sentenza assiomica dei benpensanti. Passi per tutte le disgrazie e le medicazioni varie subite nel bricolage da età scolare, ma alla rovinosa caduta del castello di cartone, della casetta di legno, o della Torre Eiffel di pasta sale, pur realizzati in fedele osservanza dei tutorial di Renzo Piano, l’intera collettività dei padri sportivi d’Italia ha vacillato cadendo in una depressione ancora in corso. Sia i praticanti attivi, che quelli da divano. “E adesso? Come passo la giornata?” hanno pensato i più. Niente calcio, e chissenefrega se grazie ai rinvii avremo Zaniolo agli Europei 2021. Niente Olimpiadi – un disastro – niente soave recita di Federer a Wimbledon, possibile ultimo atto di una carriera impareggiabile, niente basket, volley e nemmeno motori. Avremmo voluto, infatti, ansimare con i corridori in attesa di uno scatto sul famoso Poggio della Milano-Sanremo o disquisir di tattiche e di eritropoietina al passar dei “girini”.

Il famoso Poggio della Milano-Sanremo

Infine, come dimenticare gli sport invernali? Tra una cancellazione e l’altra, hanno da poche settimane chiuso i battenti e già si sente nostalgia della Streif, dell’Olimpia delle Tofane o delle Gobbe del Cammello all’ombra delle montagne più belle. Pure del biathlon sentiamo la mancanza, pur se in pochi sapevano cosa fosse, prima di diventare “dorotei” di fede, dall’avvento della fuoriclasse Wierer. Diciamolo: si sente l’assenza pure di Lucchetta, il telecronista sportivo più contestato d’Italia, ma anche di uno dei principali promotori della pallavolo ai bambini in Italia.

Non c’è sport che si sia salvato. Si sta consumando sotto ai nostri occhi una tragedia, nelle case di tutti gli italiani privati della quotidiana dose di droga sportiva. I massimi dirigenti sportivi hanno preso a cuore la faccenda e, con sentito spirito compassionevole, chi più chi meno, si sono chiamati tutti alle armi nel tentativo di riprendere ciò che oggettivamente non potrà, e non dovrà, ricominciare come se niente fosse diverso da prima. E il governo intanto, di che si occupa? Certamente ha introdotto 60 milioni di italiani alla sofistica, ma sicuramente rilevante, differenza tra sport e attività motoria, un enigma pari quasi al comprendere quale sia l’ultima versione di autocertificazione da stampare. Che poi, in verità la questione diventa ancora più complessa se inseriamo le variabili prossimità da casa (residenza?), cane (non altri animali) al seguito, figlio minore (quanto minore?). In fondo però, poco ci si cura delle sorti di quei mal contati 20 milioni di italiani totalmente dipendenti dal seguire eventi sportivi a raffica.


Come sopravvivere? Si ritiene che in siffatti casi vi sia una sola e unica soluzione alternativa al nuotare sull’imbottita – vedasi Pellegrini – o allo scalare la libreria di casa, armati di piccozza, ramponi, igienizzanti e stracci da polvere, come da video virale girato in queste settimane. L’unica chance di sopravvivenza è la memoria: rammentare gli eventi sportivi del passato, della propria vita, ricordarli, riviverli, farli accadere una volta ancora, e stare con loro in buona compagnia. Un cura naturale e senza controindicazione alcuna, dove non mancherà anche qualche lacrimuccia. In tempi di crisi, si fa anche questo.