Dopo lunghe settimane di attesa, il calcio italiano ha deciso di ripartire. La scelta è arrivata nella tarda mattinata di giovedì 28 maggio. Naturalmente si partirà a porte chiuse ma questa era la condizione “sine qua non”, per buona pace di tifosi e appassionati. Le partite, almeno per questa fase iniziale, si potranno godere solo comodamente seduti in poltrona oppure in qualche bar, ma con il dovuto distanziamento sociale.

La ripartenza, comunque, non sarà uguale per tutti. Serie A e serie B completeranno – seppur con ritmi assai intensi giustificati dalla necessità di arrivare in fondo in poco meno di due mesi – il loro percorso mentre la Lega Pro ha scelto una soluzione alternativa e combinata: promozione automatica per Monza, Vicenza e Reggina attuali capoclassifica, mentre la quarta squadra promossa uscirà dalla griglia dei playoff che saranno, comunque, facoltativi. Oltre ai playout, è prevista la retrocessione automatica delle ultime classificate di ciascun girone mentre è blocco totale per Serie D e Campionato Femminile. Per questi ultimi si tratta, quindi, di un inatteso arrivederci alla prossima stagione.

Tifosi della Reggina festeggiano la promozione in serie B

Inutile sottolineare come tali scelte abbiamo provocato più di qualche malumore. Il prezzo più alto, in questo caso, è stato pagato da chi – specialmente in serie D – aveva soprattutto ancora discrete chances di salvare la categoria e che, invece, si ritroverà a dover rivedere i rispettivi piani futuri. Per la serie C, in particolare, si tratta di una ripartenza a metà o, per meglio dire, di una “non-ripartenza”, come qualche addetto ai lavori non ha mancato di sottolineare.

In questi mesi non si è fatto che parlare solo di serie A, quasi che le altre categorie fossero solo figlie di un Dio minore. Questa difformità di trattamento è figlia prima di tutto dei danni provocati dallo stop per il Covid-19 e dal peso dei diritti televisivi che, fondamentali in serie A, diventano quasi irrisori per il mondo della terza serie. Ecco, quindi, che mentre per la categoria maggiore le porte chiuse rappresentano quasi un “non problema”, per la Lega presieduta da Francesco Ghirelli, la mancanza di pubblico sugli spalti rischia di trasformarsi nella classica “spada di Damocle”. Questo contesto critico ha finito per convogliare il suo carico di negatività nell’inattesa rinuncia che alcune squadre hanno espresso nei confronti della partecipazione ai playoff per la promozione. Troppo alti , infatti, i costi da sostenere a fronte della mancanza del botteghino, dove oltre a quelli ricorrenti si sono aggiunti quelli necessari per rispettare le regole imposte dal fin troppo rigido protocollo sanitario, tra tamponi, test sierologici e quant’altro.

In questi giorni è stato forte l’eco provocato dalle parole di Ghirelli che ha laconicamente commentato «Il fatto che alcune squadre abbiano addirittura scelto di non partecipare ai playoff promozione è la conferma che la serie C ha un evidente problema. I campionati professionistici in Italia sono tre ma a livello economico è inevitabile che esistano delle differenze. Tutte queste rinunce, in fin dei conti, non sono altro che la naturale conseguenza di tutto ciò. Una delle motivazioni che ha spinto alcune società a farsi da parte ( in questo momento sono ben sei ndr) e che sponsor e pubblico, che in questo mondo rappresentano le principali fonti di ricavo, hanno praticamente sfiorato lo zero».

. Francesco Girelli, Presidente della Lega Pro

Il grido d’allarme, tuttavia, pare non aver attirato più di tanto le attenzioni di chi è stato chiamato a decidere. Nelle crisi nascono le opportunità – almeno così si dice – è questa era, forse, l’occasione per iniziare a pensare a un modo diverso di fare calcio. L’occasione è in parte sfumata ma non tramontata del tutto. Sarebbe, però, estremamente importante non lasciarsela scappare.