Scrosci di applausi a ogni intervento e code degne di una celebrità per ottenere un autografo hanno caratterizzato l’incontro del Festivaletteratura di Mantova, quando una delle scrittrici più interessanti del panorama contemporaneo, Mieko Kawakami, ha dialogato con Giorgia Sallusti in un incontro intitolato “Ti racconto del Giappone”: un evento definito dalla moderatrice stessa più come una “messa laica della letteratura” che una conferenza, sia per il grande afflusso di spettatori, sia per la suggestiva cornice della Basilica Palatina di Santa Barbara che ha fatto da sfondo.

La sofferenza e povertà delle donne nella società giapponese

Attraverso alcune delle opere più famose a livello internazionale di questa scrittrice, tra cui il besteller “Seni e Uova e “Gli amanti della notte”, i partecipanti sono stati trasportati nella società giapponese moderna, che contrariamente a quanto percepiscono i lettori occidentali è meno idilliaca di quanto sembri, come afferma la stessa Kawakami.

Mieko Kawakami con la moderatrice dell’incontro Giorgia Sallusti e la traduttrice Asuka Ozumi. Foto di Sara Begali

Lo spazio urbano che caratterizza le storie di queste donne, come la protagonista di “Sisters in Yellow” (non ancora tradotto in Italia), che vive da sola con una madre lavoratrice, è puramente working class; un tipo di infanzia ed educazione che hanno in comune con la stessa autrice. “Sono cresciuta in una famiglia monogenitoriale: vivevo con una madre single e avevamo tre fratelli. Vivevamo alla giornata, in un modo che forse oggi è difficile immaginare. Quando pensate a Tokyo, probabilmente immaginate una società omogenea e benestante, composta da persone gentili. La prima reazione del pubblico estero dopo ‘Seni e Uova’, il mio primo romanzo tradotto in italiano, è stata di sorpresa: non si aspettavano che anche in Giappone esistesse la povertà. La mia risposta è stata: ovvio, ovvio che esiste anche in Giappone”.

La disuguaglianza sociale caratterizza ogni società del mondo, ma è particolarmente presente anche in Giappone. Kawakami ricorda come, per bypassare il mondo della critica e dell’editoria giapponese, da sempre prettamente maschile, abbia iniziato a occuparsi di poesia attraverso un blog, in modo che le persone potessero leggere ciò che scriveva. Ma, assicura, non si tratta di un problema circoscritto al mondo letterario: molti campi, come quello burocratico in Giappone, sono ancora controllati dagli uomini. Così come non si tratta di un problema che riguarda solo le classi sociali che si trovano più in difficoltà durante le crisi economiche e le guerre che caratterizzano l’epoca moderna. “Credo in generale che anche le persone che oggi sono benestanti e in salute siano prima o poi destinate a cadere. Il mio interesse è come le storie e la letteratura abbiano il potere di influenzare la gente. Spesso le mie protagoniste vivono situazioni tragiche: non voglio che il lettore legga queste storie e si senta più fortunato di loro. Voglio che il modo in cui i personaggi affrontano le difficoltà possa in qualche modo funzionare da empowerment per chi legge”.

“Il chiodo che sporge va’ martellato”

Una particolarità che accomuna tutte le protagoniste dei romanzi di Kawakami è la loro tendenza a non conformarsi, se non addirittura a ribellarsi al ruolo che la società impone, assumendo così un atteggiamento eccentrico e di marginalità; dei veri e propri chiodi che sporgono e che vanno rimessi al proprio posto, come le definisce Giorgia Sallusti citando un vecchio detto giapponese.

Biglietti in poco tempo sold out per partecipare all’ultimo evento dell’autrice al Festivaletteratura, intitolato: “Ti racconto del Giappone”. Foto di Sara Begali

“Non è che io abbia intenzionalmente il desiderio di narrare personaggi che in qualche modo sfidano la società. Nel momento in cui però mi accingo a narrare degli esseri umani, che possono essere donne, uomini o bambini, questi personaggi tendono sempre ad uscire da degli schemi prefissati”. Tutti noi viviamo sentimenti che possono essere classificati in una categoria, ma ciascuno di noi ha una propria vita emotiva ed individuale, ed è questo l’interesse dell’autrice: narrare le diverse sfumature di queste vite, e l’effetto sorpresa che scatenano in chi legge.

Se nel panorama mondiale di dieci anni fa era impensabile trovare tante scrittrici affermate, oggi è anche grazie a movimenti come il Me too se sempre più persone sono interessate a cosa pensano e a cosa provano le donne. “Le persone difficilmente si interessano se qualcuno sta soffrendo, a meno che questo non tocchi qualcuno vicino a loro. A quel punto la prospettiva cambia totalmente e si è molto più aperti a sentire le voci delle sofferenze degli altri”. I romanzi preconfezionati maschili che circolano da sempre a questo punto non bastano più, ed è su questo sfondo che agiscono le scrittrici di oggi.

Una scrittrice di luci ed ombre

La moderatrice poi si è concentrata poi su uno degli ultimi romanzi di Mieko Kawakami tradotti in italiano: “Gli amanti della notte”. La storia di Fuyuko, editor che impiega molte ore delle sue notti per lavorare, viene raccontata con un interessante utilizzo della luce ma soprattutto dell’ombra presente nel romanzo, tipico di molta letteratura giapponese. “La letteratura secondo me deve generare ansia in chi vive spensierato, e al contrario dare sollievo a chi vive nella disperazione. Nella mia formazione quindi le storie più preziose sono state quelle in cui individuare il raggio di luce all’interno dell’oscurità.”

L’autrice durante il firmacopie che si è tenuto nel loggiato esterno della Basilica Palatina di Santa Barbara. Foto di Sara Begali

A questo punto Kawakami ha ulteriormente motivato la sua risposta con una digressione personale, che ha creato un momento di commozione condiviso dagli spettatori. “L’anno scorso ho perso mia madre. Pur essendo giapponese, lei era cristiana e fino alla fine è rimasta serena, sostenendo di non avere paura della morte perché aveva la fede. Quando le è stata diagnosticata la malattia e ci è stato comunicato quanto le restava da vivere, penso di aver sperimentato il più grande dolore della mia vita. Ho provato la povertà sulla mia pelle, ma in qualche modo quello era un problema risolvibile. La malattia è invece qualcosa contro cui non si può fare nulla”.

Nello stesso anno, contemporaneamente, si è ammalata anche Kawakami, e questa esperienza le ha aperto gli occhi su come non avesse mai capito nulla di tutto il dolore di cui aveva parlato nei suoi libri. “Da quel momento in poi ho perso interesse nel leggere storie felici e di persone che vivono in salute. Ho cercato storie di persone che avevano vissuto dei lutti e memorie di autori già defunti”.

Qual è quindi la luce che può illuminare una persona che non ha più tempo da vivere? Kawakami cita i romanzi di Franz Kafka, l’unico scrittore che riuscisse a leggere in quei momenti di profondo dolore. Le parole di un autore così lontano nel tempo, a loro volta frutto di profondi patimenti, sono state la sua ancora di salvezza, ed è questo, in sostanza, secondo Mieko Kawakami, lo scopo ultimo della letteratura. Quando le parole frutto della sofferenza riverberano nel tempo e risuonano con quelle di chi sta soffrendo a sua volta, andando oltre i confini del linguaggio e generando consolazione. Perché, come ha ricordato alla fine dell’incontro: “Qualunque cosa stiate vivendo, qualunque sia il vostro dolore, nessuno può vivere al posto vostro e morire al posto vostro. In ultima analisi si vive da soli e nessuno di noi può uscire dal proprio corpo, ma la solitudine esistenziale è qualcosa che tutti noi condividiamo, e quindi nella nostra solitudine non siamo soli”.