La sfida è di quelle ambiziose: creare una nuova offerta politica, dichiaratamente di destra ma lontana dai sovranismi, dai populismi e dagli estremismi. Un contenitore moderato che strizza l’occhio a chi si sente di destra ma non si riconosce nella politica di Salvini e Meloni. Sono questi gli intenti che animano Buona Destra, il partito nato nell’ottobre del 2020 dall’intuizione di Filippo Rossi, giornalista professionista e già ideologo di Gianfranco Fini ai tempi di Futuro e Libertà per l’Italia.

Il “manifesto” della nuova formazione è un libro scritto dallo stesso Rossi, “Dalla parte di Jekyll – Manifesto per una Buona Destra”, che dopo la pubblicazione generò un dibattito nella comunità dei lettori e della destra italiana, tanto da convincere Rossi a promuovere un movimento politico che interpreti i valori di una destra laica, europea, costituzionale e repubblicana.

A guidare la Buona Destra a Verona è Massimiliano Urbano. Consulente finanziario, da anni impegnato nell’associazionismo cittadino, prima con l’Associazione Nazionale Carabinieri e poi in qualità di Ufficiale nel Corpo Militare Volontario della Croce Rossa Italiana, Urbano coordina dallo scorso anno il primo comitato cittadino del partito.

Perché è nata la Buona Destra?

Massimiliano Urbano, coordinatore del comitato veronese di Buona Destra

«Nel nostro Paese, purtroppo, un numero sempre maggiore di persone non va più a votare. Tra i vari motivi di questo allontanamento dalla politica, noi riteniamo vi sia un cospicuo numero di elettori di destra che non si sente adeguatamente rappresentato. Crediamo sia ancora possibile dare vita a una destra altra e alta, alternativa a quella ruttante e urlante di Salvini e Meloni. Vogliamo una destra liberale, realmente moderna, europea, laica e solidale, in grado di intercettare le pulsioni dei nostri tempi e di saper indicare la via per il buon governo del nostro Paese e dei nostri territori, contro il sovranismo egoista e il populismo irresponsabile.»

In Italia, effettivamente, lo spazio politico per una destra moderna non mancherebbe…

«È esattamente così. Del resto, lo confermano tutti gli studi e gli osservatori politici. Su questo punto, di recente abbiamo commissionato un sondaggio specifico all’Istituto Piepoli, che ha restituito un dato inequivocabile: la maggioranza degli elettori, anche di destra, non si riconosce nell’attuale offerta politica e, in occasione delle elezioni, preferisce non recarsi a votare. Di fronte a questa fotografia, l’obiettivo di Buona Destra è intercettare il maggior numero di scontenti. In particolar modo vogliamo parlare a tutti coloro che, pur sentendosi di destra, o proprio perché si sentono di destra, si vergognano della politica rappresentata da Salvini e Meloni. C’è un vuoto da riempire.»

Siete una formazione giovane: come vi state strutturando?

«Seppur con tutte le difficoltà date dall’emergenza COVID, in questi primi due anni di vita abbiamo iniziato a strutturarci sul territorio nazionale. Oggi siamo presenti in tutte le regioni, con circa 150 comitati locali e oltre cinquemila iscritti. La scorsa estate siamo finalmente riusciti a incontrarci anche dal vivo, a Roma, in occasione della nostra prima manifestazione nazionale a favore della costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Abbiamo una struttura dirigente che ci accompagnerà verso il primo congresso, ormai imminente, che terremo subito dopo l’elezione del Presidente della Repubblica.»

Nei giorni scorsi, Paolo Berizzi ha presentato a Veronafiere il suo nuovo libro, “È gradita la camicia nera”. Il teorema di fondo dipinge una Verona “laboratorio dell’estrema destra”. È davvero così, o il giudizio sopravvaluta chi ha amministrato la città negli ultimi quindici anni?

«Ho letto con attenzione il libro di Berizzi. Indubbiamente è stato fatto un gran lavoro di ricerca, difficilmente confutabile. Dispiace constatarlo, ma nulla di ciò che Berizzi riporta è frutto della sua fantasia: l’autore descrive circostanze e fatti di cronaca ben noti, tutti ascrivibili alla stessa area politica. Capisco che questo libro possa dare fastidio a qualcuno, ma la soluzione a un problema passa, prima di tutto, dall’accettazione dello stesso. La storia di Verona, città decorata al valor militare per la guerra di liberazione, esige rispetto. Per questo, urge iniziare un percorso di rinnovamento culturale e politico che rimoduli la scala dei principi e dei valori. È necessario che le anime liberali e democratiche della nostra città facciano sentire più forte la propria voce. Guardiamo avanti, e non al passato.»

Alle elezioni amministrative di quest’anno ci sarete?

«Non faremo una nostra lista, che sarebbe obiettivamente prematura rispetto al percorso che abbiamo appena iniziato a intraprendere. È più facile, invece, che anche nella nostra città avvenga ciò che è accaduto – con ottimi riscontri – a Roma, dove nostri iscritti sono stati candidati singolarmente nella lista di Carlo Calenda.»

Chi sono i vostri interlocutori a Verona?

«Finora abbiamo avuto modo di confrontarci con varie realtà politiche e siamo ancora in fase di valutazione. Al momento quindi, più che dire con chi andremo, faccio prima a dire che di sicuro non appoggeremo il sindaco uscente e la sua coalizione.»

Di cosa ha bisogno, la città del futuro?

La copertina del libro-manifesto di Filippo Rossi, leader del partito, “Dalla parte di Jekyll – Manifesto per una Buona Destra”.

«Di tornare a essere il perno della nostra area geografica, valorizzando gli asset strategici di cui dispone, penso all’aeroporto o alla fiera. In altre parole, Verona deve riuscire a fare il salto di qualità, passando da città di medie dimensioni a vera e propria metropoli di stampo europeo, attraverso una serie di investimenti che le diano una struttura solida e moderna. Per fare ciò, però, occorrono due cose: anzitutto, bisogna cambiare decisamente mentalità; in secondo luogo, ci si deve dotare di infrastrutture adeguate, moderne e al passo con i tempi. Per capirci: basta parlare di tramvia o filovia. Pensiamo piuttosto a una metropolitana di superficie. Anche nell’ambito turistico, sicuramente abbiamo enormi potenzialità non adeguatamente espresse. Faccio anche qui un esempio: pensiamo alla valenza che hanno la Valle del Chianti per la Toscana o le Langhe per il Piemonte; ebbene, la nostra Valpolicella di certo non vale meno, ma è indubbio che si potrebbe valorizzarla di più, dandole un piglio internazionale. Ripeto: è questione di mentalità, di riuscire a guardare oltre.»

Anche oltre la “veronesità”?

«Il concetto di “veronesità”, che tanto ci è stato a cuore negli anni, ormai è diventato stretto e insufficiente. Non dico che parlare di “veronesità” sia anacronistico, ma occorre riformulare il paradigma secondo una visione più europea. Sulla carta, per fare il salto di qualità, a Verona non manca davvero nulla.»

Foto di copertina: Manifestazione organizzata a Roma dalla Buona Destra, il 18 settembre 2021, a favore della costituzione degli Stati Uniti d’Europa.

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