Appuntamento questa sera alle 21 alla Fucina Culturale Machiavelli (Via Madonna del Terraglio) di Verona con il film “Theatre of violence” che scandaglia il tema dei bambini-soldato e delle atrocità che subiscono fino a diventare alcuni di loro, a loro volta, dei carnefici. Alla fine della serata ci sarà un breve approfondimento del tema trattato  con Claudia Pizzamiglio e Maddalena Cordioli, rispettivamente Vicepresidente e attivista di Amnesty International di Verona, e Lelio Crivellaro, ex diplomatico che ha diretto dal 2005 al 2009 l’Ufficio del Ministero degli affari esteri che si occupava di Africa sub sahariana.

“Theatre of violence” è il quinto appuntamento di “Mondovisioni”, la rassegna di cinema organizzata da CineAgenzia con la collaborazione di Heraldo che porta nella città scaligera i documentari di Internazionale.

Si può essere insieme carnefici e vittime?

Il film “Theatre of violence”di Emil Langballe e Lukasz Konopa si pone la domanda: si può essere insieme carnefici e vittime? Che è poi la domanda che ha posto Krispus Ayena avvocato difensore di Dominique Ongwen, accusato di crimini contro l’umanità, alla Corte penale internazionale dell’Aia.

Il suo cliente all’età di nove anni era diventato uno degli almeno ventimila bambini rapiti in Uganda dal Lord’s Resistance Army del leader ribelle Joseph Kony. Ongwen imparò rapidamente che si trattava di uccidere o essere uccisi e scalò le gerarchie fino al grado di comandante, prima di arrendersi e finire all’Aia imputato in un processo destinato a fare storia.

Vittime e carnefici spesso si scambiano i ruoli

«Raccontiamo le storie di individui che hanno vissuto le atrocità della guerra, alcuni di loro sono carnefici, altri vittime, ma spesso sono entrambe le cose», hanno affermato i registi commentando il film. «Nel corso della realizzazione di questo film abbiamo imparato che nel contesto della guerra civile queste rigide categorie diventano sfocate e fluide: vittime e carnefici spesso si scambiano i ruoli, il che secondo alcuni rende necessario guardare oltre la punizione e concentrarsi sul perdono e la riabilitazione. Dalle storie individuali dei nostri personaggi emerge il quadro più ampio di una società in cui i problemi irrisolti gettano lunghe ombre su ogni aspetto della vita attuale e rendono incerta la convivenza futura».

I bambini soldato privati della loro infanzia

Nel film viene drammaticamente a galla il fenomeno dei bambini-soldato spesso dimenticato. Un fenomeno che ruba ai bambini la loro infanzia fatta di giochi e amore per essere catapultati nell’orrore della guerra.

«In base agli ultimi dati verificati, tra il 2005 e il 2022 sono state registrate oltre 315.000 gravi violazioni su bambini e minori, commesse da belligeranti in più di 30 situazioni di conflitto in Africa, Asia, Medioriente e America latina: almeno 120.000 i bambini uccisi o mutilati, 105.000 reclutati o utilizzati nei conflitti, 32.500 quelli rapiti, 16.000 vittime di violenza sessuale. Le Nazioni Unite hanno registrato nell’ultimo anno almeno ottomila casi di minori utilizzati in combattimento in una ventina di Paesi, per il 90 per cento opera di guerriglie. La Somalia, secondo l’Onu, dal 2020 a oggi è stato fra i Paesi più coinvolti con oltre 3 mila ragazzini», scrive Antonella Napoli, giornalista e scrittrice, nell’introduzione al suo ultimo libro “La luce oltre il buio” (Edizioni All Around – euro 15) che racconta le storie di bambini-soldato.

«Ci sono bambini che si arruolano volontariamente, soprattutto quelli costretti a vivere in strada dopo l’abbandono o la morte dei genitori, perché un bambino deve mangiare, deve sopravvivere», continua Napoli. «Anche se la percentuale di chi si arruola volontariamente è alta, la maggioranza dei bambini viene rapita e costretta a combattere. Il compito di questi piccoli non è “solo” di combattere, ma anche di essere cuochi, facchini, messaggeri. Alle ragazzine spetta inoltre il compito di spose dei guerriglieri e visto che per loro è più facile evitare controlli sono usate, in particolare da Boko Haram, in Nigeria, come kamikaze», conclude Antonella Napoli.

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