Una schietta riflessione sul tempo che ci divora in una trama tarantiniana. Ecco cos’è L’ultima occasione di Vincenzo Contreras (Ali Ribelli Edizioni, 2022), un romanzo di contestazione. Gli ingredienti di questa trama sono un uomo con una maschera che compie rapine-spettacolo, un pubblico sbalordito, fughe incredibili e una società molto simile alla nostra. Un sistema corrotto, che chiede alle persone di guadagnare più soldi possibili per comprare cose che non servono veramente e soprattutto di sprecare il proprio tempo.

Abbiamo intervistato l’autore, Contreras, di origini laziali e da qualche anno stabile qui a Verona. Non è nuovo nell’ambiente letterario, ha difatti già ricevuto nel 2001 una menzione di merito al premio Campiello Giovani con il racconto Joker.

Come mai questo silenzio editoriale di quasi venti anni?

«Per me la scrittura è sempre stato un hobby fin dall’adolescenza, difatti non sono stati venti anni di silenzio completo, ma ho continuato a scrivere senza però pubblicare.

Purtroppo per delle esigenze lavorative ho accantonato questa passione appena dopo aver raggiunto il punto più alto della mia carriera, o per lo meno attualmente (ride, nda), la menzione al Campiello Giovani. Poco prima della pandemia decisi così di ripartire proprio dal racconto che più mi aveva dato soddisfazione, Joker, per scrivere nuovamente. Ho stravolto il testo ed è così che oggi abbiamo L’ultima occasione

Potremmo definire dunque questo libro come una sua esigenza interna?

«Sì, esattamente. Un’esigenza che scaturisce dalla voglia di riprendere il percorso come scrittore che avevo abbandonato molti anni fa. Difatti lo stesso titolo L’ultima occasione è prima di tutto un monito a me stesso, perché quando cambi strada non sai mai quanto sarà lunga la deviazione.»

È stato complicato interfacciarsi con gli editori?

Copertina del libro di Vincenzo Contreras L’ultima occasione, Ali Ribelli Edizioni, 2022.

«Nel mio caso no, ho contatto un editore indipendente che conoscevo già, Ali Ribelli Edizioni. Non avevo ancora iniziato a scrivere il libro ma avevo molte idee, che poi si sono tradotte in quello che vedete oggi.

Vent’anni anni fa, ai tempi del Campiello, era tutto molto più complesso. Avevo fatto dei tentativi, ma non avevano portato ai risultati sperati. Mediamente trovare la casa editrice giusta è un aspetto complicato.»

Il suo è un libro di contestazione, su cosa pone l’accento?

«Vuole porre l’accento sulla necessità di usare meglio il proprio tempo. Noi veniamo assorbiti dalla società consumista, che mette pressioni, obbliga a consumare ed acquistare sempre di più. Di conseguenza non si lavora mai abbastanza e il tempo si riduce sempre di più, mentre in realtà la vera felicità sta nell’avere del tempo per sé stessi, per la famiglia e gli amici.»

La realtà descritta è una realtà che divora le persone: in che gesti di ogni giorno lo vede?

«Lo vedo nelle persone intorno a me, come del resto l’ho visto nella mia scelta di smettere di scrivere proprio quando avevo ricevuto un premio molto importante. Questa storia l’ho scritta per voi, io ormai ho preso coscienza dei meccanismi a cui siamo sottoposti.»

Chi abbandona il percorso iniziale di solito lo fa in nome di una scelta più “giusta”?

«Spesso sì, si sceglie la strada più facile al fronte delle critiche e difficoltà. Ma questo nodo poi torna fuori sotto altre forme. Si ha poi bisogno di sfogarsi ed eliminare le frustrazioni compiendo magari gesti sconsiderati, come droga, risse, alcool.»

È una realtà che allo stesso tempo annienta il pensiero?

«Con il lavoro ci viene tolto sia il tempo che le energie per pensare. Sembra che faccia parte di un pensiero stabilito da chi ha il potere. Difatti anche la nostra politica è ormai fatta di slogan: si cerca leggerezza dopo essere stati consumati, non ci si deve sforzare troppo.»

Si può dire che il libro parli quindi anche di politica?

«Subito non me ne ero reso conto, durante la sua scrittura ero focalizzato sulla questione del tempo che ci viene tolto. Solo dopo averlo pubblicato e aver avuto un riscontro, anche attraverso le interviste, mi sono reso conto dell’aspetto politico. Non sono in grado però di vedere il messaggio chiaro e netto, soprattutto perché non era il mio intento iniziale. Del resto, quando parli di libertà parli anche di diritti a non farsi opprimere e sfruttare, ed è inevitabile dare a ciò una lettura politica.»

Ha dei nuovi lavori in cantiere?

«Sì e si ricollega proprio a questo libro. Alcuni lettori mi hanno chiesto chi fosse il protagonista e come fosse arrivato fino a lì. Il testo è in cantiere, ma ancora in fase primordiale.»

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