Il legame tra Verona e Maria Callas è indissolubile e, nel centesimo anniversario della sua nascita, sono molte le iniziative che ricordano la mitica figura artistica della cantante lirica.

A scoprire la cantante fu infatti Giovanni Zenatello, celebre tenore, che la scritturò nel 1947 per il ruolo di Gioconda nell’omonima opera di Amilcare Ponchielli, con la direzione di Tullio Serafin all’interno della stagione lirica areniana.

Lo si è ricordato in Società Letteraria nel giorno del centenario, il 2 dicembre, anche grazie alla presentazione del teaser Maria Meneghini Callas. Nascita di un mito a cura di Filippo Tommasoli, fotografo, filmmaker e responsabile mostre ed eventi dell’Archivio Tommasoli, cui è seguito il dialogo con Stephen Hastings, tra i massimi studiosi della vocalità nel teatro d’opera e autore del volume Maria Callas. La formazione dell’artista (1923-1947), recentemente edito da Zecchini.

Oltre alla storia d’amore con Giovanni Battista Meneghini, i momenti della carriera che più la legano a Verona dopo il ruolo di protagonista in La Gioconda, sono la Turandot del ’48, poi ancora nel doppio ruolo di Gioconda e Traviata nel ’52, e infine Aida del ’53 e il Mefistofele del ’54, nelle vesti di Margherita.

La formazione dell’artista Callas secondo il critico Hastings

La copertina del libro, uscito per Zecchini, di Stephen Hastings Maria Callas. La formazione dell’artista 1923-1947.

Ed è proprio agli inizi della carriera di Maria Callas che è dedicato il volume di Stephen Hastings, nel quale racconta le punte caratteristiche di quegli anni fatti di studi, scoperte e traslochi oltreoceano.

Per il suo libro, il critico musicale londinese ha sottolineato l’importanza delle biografie e soprattutto delle registrazioni, che portano al centro la critica musicale, perché «Maria Callas è Maria Callas in primis perché voce, poi per tutto il resto che già conosciamo».  

L’autore ha quindi raccontato della spinta iniziale avuta dalla madre che fece studiare pianoforte alla sorella Iakinthi, poi Jackie, e in seguito canto a Maria. «La cosa più importante furono gli ascolti tra pianoforte, grammofono, radio, dischi e, da non sottovalutare, la scuola pubblica newyorkese che allora era illuminata nel fornire un’educazione musicale più notevole che al giorno d’oggi», ha evidenziato il critico.

Il trasferimento in Grecia e una carriera difficile da costruire

La situazione poi cambia nel ’37, quando la famiglia di Maria Callas dovette trasferirsi in Grecia. Ad Atene, Maria cerca di entrare al Conservatorio dove però è respinta, ma successivamente accede al conservatorio Nazionale. Già dagli esordi, come dimostrano le diverse testimonianze del tempo, la sua voce è composta da «un’ondata di suoni, forse già scomposti – evidenzia Hastings -. Non si sapeva dove si sarebbe potuti arrivare, lei stessa non lo aveva capito in quel tempo».

Però le audizioni non vanno per il meglio.

Nel 1945 a New York dove Maria Callas spera di fare il salto di qualità, ma la situazione non decolla. Nelle schede della audizioni c’è scritto che «ha un buon materiale, ma deve lavorare sulla voce». Le offrono dei ruoli che lei rifiuta, perché avrebbe dovuto cantare in lingua inglese, la cui fonetica non le avrebbe dato la possibilità di mostrare il suo talento.

Tre voci in una conquistano Zenatello

Arriva poi l’audizione del 1947 con Zenatello, che all’epoca gestiva la grande scuola di canto lirico di New York. Egli proveniva dalla «scuola antica ma era già un interprete moderno – sottolinea il critico inglese -. Solo lui poteva capire davvero la ricchezza di quella voce che erano tre voci diverse in un’unica persona: soprano drammatico, mezzosoprano nelle note basse, soprano lirico. Una voce così particolare, così potente che quasi dava problemi».

Ma si giunge alla svolta del 1947, quando Zenatello scrittura Maria Callas per la Gioconda del festival lirico dell’Arena di Verona. Dell’aria “Enzo adorato” si ha una preziosissima registrazione dove Callas prende «un si bemolle acuto che solo una cantante che ha studiato il bel canto riesce a raggiungere. Perché quella nota dovrebbe essere presa pianissimo invece lei ci arriva da subito con molta spinta e lo rinforza. La messa di voce in questo modo, – commenta Hastings – in questo punto, crea quest’effetto particolarissimo che fu una sua idea, ed è la zampata di una cantante che non è della sua epoca».

Profondità espressiva frutto di uno studio «intenso e ossessivo»

Maria Callas non è ancora diventata la Divina, la fama e il riconoscimento arrivano nel 1949, anno in cui lavora per la prima volta col direttore Serafin e in cui sposa Meneghini.

Di quella stagione molto si è scritto e detto, perciò è meritorio il lavoro contenuto nel volume di Hastings per l’indagine sugli anni di studio intenso e ossessivo, che Maria Callas cercò in seguito di smentire, ma senza i quali «non avrebbe avuto così facile accesso, nei suoi anni migliori, a un simile stato di grazia – sottolinea l’autore -e che le permise di raggiungere una profondità espressiva mai superata nella storia del canto novecentesco».

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