L’estate volge al termine così come gli impegni internazionali delle squadre azzurre della pallavolo. La selezione maschile, uscita con un argento dagli europei, ha ancora da giocare un importante torneo di qualificazione olimpica. Quella femminile, invece, lo ha già terminato. E non è andata affatto bene. Approfondiamo però nello specifico la diversa situazione delle due nazionali a meno di un anno dall’appuntamento olimpico.

Nazionale maschile: un argento europeo di spessore

Speravamo tutti nel bis. Dopo l’insperato oro europeo di due anni fa e l’oro mondiale conquistato in terra polacca lo scorso anno, c’era grande entusiasmo attorno ai ragazzi guidati da “Fefè” De Giorgi. L’oro è sfumato per colpa di una grande Polonia. In compenso è arrivato un argento che restituisce varie emozioni e offre diversi spunti di riflessione.
In primo luogo, è una medaglia che significa continuità ad alto livello. Le finali si possono vincere o perdere, ma arrivarci è quello che conta di più in una logica di sviluppo di una progettualità tecnico-sportiva.
In seconda battuta, rappresenta la maturità di un gruppo, peraltro ancora giovanissimo, che ha da subito saputo leggere le proprie prestazioni con grande equilibrio e, appunto, maturità. Ogni dichiarazione degli atleti di questa nazionale, già nel dopo gara contro la Polonia (vincente 3-1 in finale), ci ha restituito la sensazione di idee chiare, ambizione, serenità, rispetto dell’avversario. In sintesi, cultura sportiva. Tutto ciò che serve per riproporsi negli anni ad altissimo livello.
Infine, la gara di finale ha senza dubbio confermato quanto siano precari gli equilibri al vertice della pallavolo internazionale e che gli stessi siano per lo più indirizzati dalle prestazioni al servizio delle singole squadre. Per eccellere devi essere forte nel senso più generale del termine, per vincere devi trovare la giornata buona in battuta.

L’esempio prima delle medaglie

La considerazione più importante che va fatta quando si parla della nazionale azzurra maschile attuale è la capacità di coniugare il successo con uno spessore morale di assoluto rilievo, affermato in ogni comportamento con coerenza invidiabile.
Se nella narrazione proposta da molti, lo sport deve essere educativo e le nazionali, a maggior ragione, essere un esempio per la base e la collettività, di sicuro questa nazionale ha le carte in regola per diventare un manifesto da promuovere in ogni luogo e latitudine.
Bene, benissimo, c’era bisogno di tutto ciò. Basti pensare a quante squadre in questi anni e in vari sport abbiano oltraggiato la consegna delle medaglie d’argento e come, viceversa, De Giorgi ci abbia spiegato con semplicità il valore di un secondo posto, “un argento che è costato fatica”.

Le difficoltà di rimanere fedeli ai propri principi

Il vertice e il successo usurano, specie negli sport di squadra dove basta un piccolo sassolino nell’ingranaggio per disgregare gruppi e spogliatoi. La stessa irripetibile epopea della nazionale di Julio Velasco, alla lunga finì schiacciata dalle aspettative e dalla corrosione del tempo. Il rischio che corre questa giovane e spensierata nazionale di De Giorgi, più che tecnico sportivo, è proprio legato alla sua stessa natura. Il successo di questo gruppo, oltre che sull’indubbio valore dei singoli, è direttamente collegato ad un insieme di principi morali e di convivenza condivisi. Rimanere fedeli ad essi, rinnovare questa condivisione nel tempo, di fronte a nuove sfide, nuove situazioni e naturali cambiamenti di equilibri tra giocatori, questa è la più grande competizione che dovrà affrontare la nazionale nel futuro.
Già essere arrivati qui, però, è una grande vittoria. E, ricordiamolo, ci si è arrivati senza uno dei giocatori più celebrati a livello mediatico dell’ultimo decennio, Ivan Zaytsev.

La qualificazione olimpica

Come premesso, la nazionale azzurra deve ancora compiere l’ultima fatica estiva, provare a qualificarsi alle olimpiadi direttamente attraverso l’ultimo torneo internazionale in calendario. Sarebbe importante vincere ora per preparare serenamente la prossima estate, ma appare davvero remota l’ipotesi che la selezione azzurra non conquisti il pass per Parigi quantomeno attraverso il ranking a giugno 2024.

Le macerie della nazionale femminile

Finalmente è finita, verrebbe da esclamare. Un’estate orribile, lunga e usurante è la sintesi più generosa che si può fare se ci si relaziona a quanto accaduto attorno alla selezione femminile in questi ultimi mesi. Un europeo chiuso male al quarto posto, più per il modo che per il risultato specifico, un torneo preolimpico affrontato in pratica con una nazionale B e fallito miseramente. E non per colpa delle presenti che ci hanno messo la faccia e hanno dato il massimo rispetto alle loro possibilità ed esperienze internazionali.
Se la qualificazione olimpica è ancora raggiungibile, a patto di non darla per scontata, quello che lascia attoniti è il dove si sia arrivati in così poco tempo, anche a causa di una totale assenza di interventi preventivi del vertice decisionale. Se questo sia il fondo dell’abisso non è dato di sapere.

Fase di gioco di Italia – Polonia, ultimo match del torneo preolimpico disputato a Lodz. Fonte: www.federvolley.it

Mazzanti pagherà per tutti

La certezza, anche se non ufficiale, è che Davide Mazzanti pagherà per tutti e non siederà più sulla panchina azzurra. Impossibile ricostruire un nuovo gruppo attorno alla sua figura, tanto è sfibrato il rapporto con molti elementi cardine della nazionale. Le colpe sono difficili da attribuire dall’esterno e forse non sarebbe nemmeno l’approccio giusto ricercarle.

Di sicuro la causa di tutto non può essere attribuita ad un allenatore di indubbio valore e che in tanti anni di carriera ha dimostrato di possedere idee, di saper costruire sistemi vincenti e, in fondo, anche in questo caso di aver portato una nazionale lacerata ad un passo dalla finale europea, soccombendo solo all’ultimo contro una Turchia fenomenale.

La stampa lo ha abbandonato in maniera evidente, la Fipav forse lo ha fatto molto tempo prima, pur mai in forma esplicita. O quantomeno, ha lasciato correre gli eventi senza schierarsi, che equivale ad una delegittimazione, solo che fa più danni.

Chi arriverà al posto di Mazzanti?

Per ricostruire tali e tante macerie occorre un progetto forte, autorevole e una figura importante. Difficile che la Federazione osi affidando l’incarico a qualche nome di valore, ma di scarsa credibilità mediatica e/o giovane nelle esperienze internazionali. In caso di fallimento sarebbe come scaricare sui vertici federali tutte le responsabilità e attenzioni mediatiche. Il problema è che di nomi papabili ce ne sono pochi.

Daniele Santarelli, Giovanni Guidetti e Stefano Lavarini sono nomi spendibili, ma per vari motivi (doppio incarico, contratti blindati) sono piste molte complesse da perseguire. Julio Velasco è il nome più caldo al momento. Gode di assoluto prestigio, ha esperienza. Inoltre, dall’alto della propria autorevolezza, è libero di fare quello che vuole. E non è poco, se guardiamo anche alla parabola della nazionale maschile con De Giorgi. Velasco però non ha avuto troppe esperienze in campo femminile, sarà la sua grande sfida “finale” di carriera?

Detto degli allenatori, ma le atlete?

Si è parlato molto delle responsabilità di Mazzanti e della gestione di Paola Egonu. Poco si è detto delle atlete. Non è chiaro se vi siano faide trasversali tra di loro (è del tutto plausibile), se alcune abbiano tenuto comportamenti non adeguati e non perdonabili nemmeno dai successori di Mazzanti. Se, in sintesi, i problemi non stiano solo nel manico. Aspetto questo ormai, fuori discussione.

Capire quali siano le crepe nello spogliatoio sarà fondamentale per avviare un nuovo corso. Chiunque arrivi sulla panchina avrà l’obiettivo di qualificarsi per Parigi 2024 valorizzando al meglio l’enorme quantità di talento di cui l’Italia dispone.
In ogni caso, serviranno scelte forti, qualsiasi esse siano.

Verrà lasciato a casa lo Zaytsev di turno (Egonu, De Gennaro)? Se questo verrà ritenuto funzionale all’avvio di un nuovo progetto sportivo senza lacerazioni e che possa lavorare per il meglio, sarà un sacrificio necessario. Certo, la speranza è che questa estate maledetta non abbia lasciato ferite insanabili e che in azzurro possano coesistere davvero le migliori. Parigi sembra ad oggi davvero lontana, ma il talento c’è. L’oro olimpico, che nel volley inseguiamo da così tanto tempo, non è irraggiungibile. A patto di fare le azioni e le scelte giuste.

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