Nella pillola Risparmio o Investimenti: questo è il dilemma si è parlato di investire un capitale e delle principali regole da osservare quando si effettua un’operazione finanziaria. Adesso si possono approfondire i diversi strumenti finanziari, illustrandone le principali caratteristiche, i rendimenti attesi e i rischi sottostanti.

Ma prima, bisogna indagare un po’ meglio che tipo di investitore ci troviamo davanti e quali sono le sue attitudini e aspettative rispetto il mondo degli investimenti. Ci sono 4 parametri da considerare, che sono quelli generalmente che la Direttiva Europea MiFID (Market in Financial Instrument Directive) chiede agli intermediari finanziari di osservare per tutelare i risparmiatori e per adottare uno stesso livello di regolamentazione per tutti i paesi aderenti all’Euro.

Obiettivo di investimento

È il parametro più importante poiché indica la finalità che si pone l’investitore effettuando quella precisa operazione di investimento.

Si tratta di impiegare la giacenza della liquidità del conto per un breve periodo fino ad un pagamento entro una data ravvicinata? Si tratta di un impiego a medio termine per incassare un flusso reddituale per alcuni anni? Si cerca una buona rivalutazione del capitale per una futura spesa importante? Si vuole programmare un capitale per lo studio futuro dei figli? Si cerca di tutelare il passaggio generazionale del patrimonio familiare? Si investe per disporre di una integrazione della pensione pubblica?

Tutti questi bisogni reali si trasformano in obiettivi finanziari. Sono obiettivi molti diversi uno dall’altro e, probabilmente una famiglia media si trova ad avere una o più di queste situazioni, anche contemporaneamente, che devono essere soddisfatte con prodotti diversi.

Esperienza e conoscenza

Questo è un parametro qualitativo, che può fornire utili indicazioni sulle tipologie di investimenti da effettuare.

Una persona anziana con un basso livello di istruzione avrà di norma poca dimestichezza con gli investimenti; una persona giovane con istruzione superiore o universitaria potrà avere delle buone conoscenze finanziarie ma poca esperienza pratica nel settore; un manager, senior e con un buon livello di istruzione, con master formativi all’estero, una lunga esperienza nel settore bancario e finanziario con un elevato patrimonio, potrà avere una elevata conoscenza dei mercati e una buona esperienza acquisita nell’attività professionale.

Propensione al rischio

Anche questo elemento è molto importante, perché fa distinguere la tipologia di investimenti che sono indicati per un investitore e quali sono da evitare o da utilizzare in maniera moderata o marginale nel suo portafoglio.

È un elemento molto personale, che dipende dalle proprie preferenze sulla tolleranza al rischio. Se è vero che nessuno vorrebbe rischiare il proprio capitale, è altrettanto vero che non esistono nel mercato investimenti completamente “garantiti” e che bisogna ricordare che a rischio basso corrisponde generalmente un rendimento basso e ad un maggior rischio consegue nel periodo la possibilità di ottenere un maggior ritorno. Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra queste due grandezze, per le quali ognuno esprime una propria preferenza.

Orizzonte temporale

La durata dell’investimento è un fattore spesso sottovalutato, ma non lo deve essere, perché talvolta è determinante nel conseguimento dell’obiettivo finale. Si può investire la liquidità in un titolo con scadenza a 6 mesi, oppure acquistare un titolo di stato a 5 anni, oppure sottoscrivere un fondo pensione con contribuzione di 50 anni (se fatto ad un neonato, si può arrivare a 65-70 anni). Ovviamente gli strumenti finanziari utilizzati per investire entro gli orizzonti temporali degli esempi citati, saranno molto differenti tra di loro.

Integrando le informazioni provenienti dai precedenti quattro parametri si ottiene un profilo di investitore che potrà utilizzare un mix di strumenti finanziari per soddisfare le sue esigenze finanziarie. Negli ultimi tempi, inoltre, gli intermediari hanno progressivamente integrato anche le preferenze degli investitori relativamente alle tematiche della sostenibilità ovvero dei parametri ESG (Environmental, Social, Governance).

Di solito gli intermediari raccolgono tutte queste informazioni attraverso un documento che è chiamato questionario MiFID e utilizzano le risposte fornite ai quesiti delle 4 sezioni volte ad indagare le esigenze finanziarie della clientela per elaborarle ed utilizzarle in modo intelligente, al fine di evitare di proporre strumenti finanziari che non siano adatti al profilo del singolo cliente, a sua tutela.

Fatta questa premessa, è possibile effettuare una panoramica sui principali strumenti finanziari presenti sul mercato, evidenziandone pregi e difetti, per quanto possibile.

Titoli di Stato

È lo strumento finanziario per eccellenza, cui nessun portafoglio può ragionevolmente rinunciare. I Titoli di Stato sono emessi dai singoli governi e rappresentano un debito, una promessa di rimborso del capitale entro una determinata scadenza, dietro la corresponsione di un interesse predeterminato o predeterminabile. Si potrebbe scrivere un libro su questo argomento, ma basta limitarsi ad evidenziare tre caratteristiche principali:

Emittente: è lo Stato sovrano che offre i titoli; questo è l’elemento più importante perché identifica il debitore che si fa carico della promessa di rimborso alla scadenza, oltre al pagamento degli interessi. Il debitore può essere ad esempio, la Repubblica Italiana, la Repubblica Federale Tedesca, il Tesoro degli Stati Uniti, l’Egitto oppure l’Argentina. Per valutare la solvibilità di un emittente, ovvero la capacità di onorare gli impegni assunti, speciali agenzie di rating assegnano una valutazione di affidabilità ad ogni paese emittente i propri titoli. Lo Stato, con il suo bilancio, fatto di entrate ed uscite, è il soggetto che emette obbligazioni per finanziare la spesa corrente ovvero per i suoi investimenti, ad esempio infrastrutturali. È fondamentale però ricordare sempre la regola numero uno: a basso rischio (maggiore sicurezza) corrisponde un basso rendimento, ad un rischio più elevato (minor sicurezza), gli investitori richiedono una maggiore remunerazione;

Scadenza: rappresenta la durata originale dell’investimento. In Italia ci sono i BOT a 6 mesi, ma anche i BTP trentennali, per cui la durata del Titolo è fondamentale da considerare per effettuare un investimento adeguato alle proprie aspettative. Maggiore è la durata (o vita residua) e maggiore è la rischiosità del Titolo, perché le variazioni dei tassi di mercato si ripercuotono direttamente e proporzionalmente sul prezzo di mercato del titolo. Se, per esempio, un titolo con prezzo 100 e durata finanziaria 10 anni, nel caso di incremento di un punto dei tassi d’interesse, il suo prezzo scenderà a 90 circa (100 – 10*1); lo stesso titolo, in caso di diminuzione dei tassi di mezzo punto percentuale, il suo prezzo salirà a 105 (100+10*0,5);

Liquidità: una volta acquistati i titoli, si possono portare alla scadenza, oppure, in caso necessità, è possibile negoziarli sul mercato secondario e cederli prima del termine ad altri operatori interessati ad acquistarli. Titoli molto liquidi, cioè negoziati in mercati regolamentati (borse) e scambiati giornalmente per ammontare molto elevati, sono da preferire a titoli poco liquidi, cui pochi operatori effettuano scambi per quantità limitate in maniera discontinua.

  • PRO: titolo fondamentale per costruire un portafoglio
  • CONTRO: attenzione all’emittente e alla durata (rischio)

Corporate bonds

Sono le obbligazioni societarie, cioè emesse da banche, società private, aziende nazionali od internazionali di qualunque settore che necessitano di risorse per finanziare le loro attività. Gli esempi di emittenti di corporate bonds sono tantissimi: Banca Intesa, Eni, Deutesche Telekom, Ford, Coca-Cola, ecc.

Oltre al rischio emittente e al rischio durata, di cui al punto precedente, è altresì necessario porre attenzione anche ad altri fattori:

Valuta: è la divisa nella quale è espressa l’obbligazione. Se è l’Euro (per un investitore europeo) non vi sono problemi, ma se fosse espressa in dollari statunitensi, franchi svizzeri, sterlina inglese o yen giapponesi, il tasso di cambio incide sul rendimento complessivo dell’investimento e sul suo valore di rimborso finale; ad un apprezzamento della divisa consegue un rendimento maggiore, ad un deprezzamento della divisa corrisponde un rendimento minore (in alcuni casi addirittura una perdita complessiva);

Settore industriale: bisogna valutare attentamente il settore di appartenenza della società emittente, perché potrebbe essere esposta a crisi di quel mercato specifico oppure a potenziali grosse opportunità, a degli interventi governativi coercitivi e comunque alla gestione manageriale dell’impresa, che ne può determinare il successo o l’insuccesso (leggi capacità o incapacità di far fronte alle obbligazioni assunte);

Clausole particolari: è molto frequente nelle emissioni bancarie l’inserimento di clausole particolari: un esempio è fornito dall’opzione di rimborso anticipato con il quale la banca emittente può a sua discrezione e ad una certa data, richiamare anticipatamente l’obbligazione, prima della sua naturale scadenza; un altro esempio è il grado di subordinazione dell’emissione, per cui in caso di difficoltà finanziarie della banca l’emissione può essere rimborsata solamente dopo altre categorie di obbligazioni che possiedono un grado superiore nella scala di priorità dei creditori.

  • PRO: selezione per ottenere maggiori rendimenti
  • CONTRO: attenzione all’emittente, alla durata e agli altri fattori di rischio

Fondi comuni (SICAV)

Sono strumenti finanziari molto diffusi tra il pubblico e rappresentano delle quote di un patrimonio comune a più investitori che, tramite una società di gestione debitamente autorizzata e sorvegliata, costituiscono un patrimonio separato che investe in determinati mercati ben identificati e descritti. Ci sono fondi comuni che investono esclusivamente in Titoli di Stato, altri che investono esclusivamente in azioni americane, altri ancora che investono specificatamente nei mercati emergenti ed altri che investono sia in obbligazioni che in azioni, secondo determinate percentuali.

Per distinguere e scegliere il fondo migliore secondo le proprie esigenze finanziarie, si guarda sempre al benchmark di riferimento del fondo. Questo è un parametro fondamentale che fornisce due indicazioni: (i) la composizione puntuale del mercato di riferimento e (ii) un “metro” di misura della performance del fondo stesso. Ad esempio, il fondo comune che investe in azioni americane, è espresso in dollari e ha come benchmark il 95% dell’indice della borsa americana misurato dall’indice Standard&Poor’s 500 (S&P500) e per il 5% dai Treasury Bills, ovvero titoli a breve scadenza del Tesoro americano. Ad esempio, se ad un anno, il fondo, tramite la gestione attiva della Società di Gestione del Risparmio ottiene un rendimento del 10%, mentre il suo benchmark ha reso il 9,2%, si determinerà una overperformance del fondo rispetto al mercato dello 0,80%.

La valutazione complessiva dei rischi del fondo è espressa tramite un indicatore sintetico del rischio, chiamato SRRI, con una scala di rischio compresa tra il valore 1 (basso) e il valore  6 (alto).

Una modalità molto interessante applicata ai fondi comuni è la possibilità di sottoscrivere un PAC ovvero un piano di accumulo di capitale. In pratica, una volta scelto un fondo sul quale investire (ad esempio un fondo azionario internazionale) si investe “rateizzando” il pagamento delle quote attraverso dei versamenti periodici, ad esempio mensilmente. In sostanza, ogni mese la SGR addebiterà automaticamente il conto dell’investitore ed acquisterà l’equivalente controvalore di quote del fondo in questione. Se per esempio si sceglie un PAC da 100 Euro al mese per 20 anni, si investirà nel mercato azionario internazionale per 240 rate complessive, impiegando un capitale nominale di 24.000 Euro. Utilizzando questo pratico metodo di investimento si possono ottenere molti benefici, quali una mediazione dei prezzi di ingresso sui mercati, diminuendo la variabilità dei prezzi perché si investe poco ma frequentemente, e si elimina nel contempo lo stress della ricerca del giusto timing di acquisto (che è impossibile da prevedere). In un lasso sufficientemente lungo di tempo, di norma i mercati producono dei rendimenti positivi che vanno ad incrementare il capitale inizialmente versato.

Le Sicav (Società di investimento a capitale variabile) non sono altro che dei fondi comuni di solito gestiti da società di gestione estere (le maggiori sono lussemburghesi, irlandesi o americane) in cui il patrimonio gestito coincide con le azioni possedute dagli investitori, rendendoli di fatto i proprietari della società, cioè del portafoglio degli investimenti. Sono normalmente suddivise in comparti o sottofondi, e adottano le stesse tecniche di gestione e offrono le stesse possibilità di investire in tutti i mercati mondiali, anche tramite un investimento di importo ridotto.

  • PRO: elevata diversificazione
  • CONTRO: attenzione ai costi; attenzione ai fattori di rischio (SRRI)

ETF

Gli Exchange Traded Funds sono degli strumenti finanziari simili ai fondi comuni, promossi da una società di gestione, che replicano un determinato indice finanziario e, caratteristica fondamentale, sono quotati in un mercato regolamentato o una borsa valori. Gli ETF replicano fedelmente l’indice al quale sono indicizzati, il loro benchmark e, diversamente dai fondi comuni, la società di gestione non effettua scelte discrezionali nella selezione dei titoli o nella loro ponderazione percentuale. L’ETF seguirà passivamente il suo indice o paniere di titoli e, al netto dei costi, di solito molto bassi, lo seguirà in maniera pressoché identica, con una replica quasi perfetta.

Possono investire nei titoli dei mercati obbligazionari, in quelli dei mercati azionari, possono riflettere l’andamento dei titoli emessi da un singolo paese oppure dalle aziende di un certo settore di attività economica (ad esempio i titoli petroliferi). Essendo quotati in borsa, gli ETF continuano ad esprimere prezzi durante tutta la seduta giornaliera e non registrano un unico valore a fine giornata come nel caso dei fondi. Se durante la quotazione, il prezzo dell’ETF si dovesse discostarsi dalla quotazione del suo indice, degli operatori specializzati, detti arbitraggisti, effettuano delle operazioni per cercare di chiudere un profitto certo determinato dalla differenza di prezzo tra i due, acquistando l’ETF e vendendo l’indice se reputano l’ETF sottovalutato, l’incontrario se reputano l’ETF sopravvalutato. Pertanto, in genere e tranne rari casi di estrema volatilità dovuti a shock di mercato, il prezzo dell’ETF sarà sempre allineato a quello del suo benchmark.

Questi strumenti possono essere molto utili per costruire l’asset allocation di un portafoglio, cioè la composizione per tipologia di mercati di investimento ed, essendo quotati, possono essere comprati e venduti in maniera molto efficiente e molto rapida.

  • PRO: elevata diversificazione, costi di gestione molto bassi
  • CONTRO: attenzione alla frequenza di trading e ai costi di negoziazione

Polizze assicurative a contenuto finanziario

Qui si fa riferimento alle polizze assicurative emesse da compagnie non a protezione di beni o che si riferiscono al puro rischio gravante sulla vita/morte delle persone. Non si tratta, per capirsi, delle polizze contro l’incendio di un fabbricato, per la responsabilità civile auto (RCA) o di una polizza a protezione del credito (come un mutuo) contro la perdita di lavoro o premorienza (CPI). Si tratta di quelle polizze assicurative cosiddette a contenuto finanziario (in inglese IBIPs) perché i premi versati vengono investiti nei mercati finanziari, con alcune specifiche particolarità tipiche dei contratti assicurativi.

Si suddividono in due grandi famiglie: le polizze di ramo I (tradizionali) e quello di ramo III (unit linked).

Le prime investono i premi in gestioni separate, possono avere dei rendimenti minimi garantiti ma soprattutto beneficiano della garanzia di capitale fornita dalla compagnia ad una determinata data o in caso di sinistro (caso morte). Hanno pertanto un basso grado di rischio, in quanto, in caso di andamento avverso del mercato in cui sono investiti i premi, al verificarsi degli eventi di liquidazione, la compagnia è tenuta a fornire la garanzia di capitale e pertanto l’investitore non potrà ottenere un risultato negativo perché la compagnia integrerà le perdite fino alla restituzione integrale del capitale versato comprensivo eventualmente del rendimento minimo garantito.

Di solito non prevedono una scadenza in quanto sono “a vita intera” ovvero la durata del contratto coincide con la vita dell’assicurato. Il termine del contratto, con la liquidazione dei capitale rivalutato in base ai termini di assicurazione può avvenire per richiesta di riscatto anticipato da parte del contraente oppure per sinistro dell’assicurato (purtroppo la morte), con la liquidazione delle prestazioni al beneficiario della polizza, eventualmente con una maggiorazione di capitale stabilita inizialmente.

Le seconde hanno normalmente una scadenza predeterminata e le prestazioni sono collegate a fondi assicurativi interni od esterni, e questo le rende abbastanza simili ai fondi comuni in quanto a funzionamento finanziario. Infatti i fondi assicurativi possono investire secondo una determinata politica di gestione nei mercati finanziari mondiali, alla stessa stregua dei fondi comuni, dichiarando un bechmark che fornirà tutte le indicazioni del rapporto rischio/rendimento atteso da quel prodotto.

La caratteristica più interessante delle polizze assicurative risiede nella peculiarità di questi contratti che le rendono molto utili anche ai fini successori: esse sono infatti, ai sensi del codice civile, impignorabili, insequestrabili, e danno la possibilità di indicare un beneficiario designato anche al di fuori dell’asse ereditario personale.

Vi sono poi altre polizze, tipo i contratti di capitalizzazione per le imprese (ramo V) e i Piani Integrativi Pensionistici (PIP), dei quali si dirà oltre, oppure delle forme miste delle precedenti due categorie, chiamate polizze multi-ramo (ramo I + ramo III).

  • PRO: garanzia del capitale (ove prevista); vantaggi assicurativi
  • CONTRO: attenzione ai costi di ingresso e ai costi gestione; lunghi tempi amministrativi per riscatto e complessità burocratica

Fondi pensione

Per integrare la pensione erogata dalla previdenza pubblica (INPS), i risparmiatori possono rivolgersi agli operatori previdenziali di secondo pilastro, la cosiddetta previdenza integrativa che viene fornita da diverse entità autorizzate e vigilate a tale fine; vi sono i fondi pensioni negoziali che sono espressione delle varie categorie di lavoratori (esempio metalmeccanici, settore della gomma, del trasporto aereo, ecc.), fondi pensioni preesistenti, frutto di accordi tra lavoratori ed aziende (esempio i fondi pensione delle singole banche) e i fondi pensione aperti, che sono gestiti da SGR o Piani Integrativi Pensionistici (PIP) emessi da compagnie di assicurazione (cfr. precedente paragrafo) liberamente sottoscrivibili da lavoratori dipendenti od autonomi.

Nel funzionamento del prodotto, si distinguono due fasi: quella dell’accumulazione e quella delle prestazioni. Nella prima fase, il fondo pensione viene alimentato periodicamente da versamenti fissi, che possono comprendere dei versamenti volontari da parte dell’aderente, il TFR maturando ed eventualmente ove previsto dagli accordi, dei versamenti datoriali. Questi contributi vengono quindi investiti nei mercati finanziari, a seconda del comparto prescelto dall’aderente: similarmente ai fondi comuni possono esistere diversi comparti con dei benchmark, che possono essere di tipo garantito, obbligazionario, bilanciato, azionario, flessibile, ad orizzonte temporale, ecc. Come detto in precedenza, questo tipo di investimento ha una finalità e un orizzonte temporale di lungo-lunghissimo periodo. Ovviamente non ci si riferisce ad una persona matura, di 60 anni che si iscrive alla pensione complementare, ma ad un giovane 25enne che dovrà rimanere nel mondo del lavoro, mediamente ancora 40-45 anni circa.

La seconda fase consiste nella prestazione pensionistica. Si tralascia per brevità la possibilità di effettuare riscatti anticipati per le motivazioni previste dalla legge (anticipo per acquisto prima casa, r.i.t.a., ecc.), e ci si concentra sul momento nel quale, finalmente, l’aderente al fondo può lasciare il mondo del lavoro ed incassare il montante maturato fino a quel momento. Questo capitale finale, al netto delle tasse (a cui si rimanda ad un altro articolo per tutta la complessa tassazione delle attività finanziarie), può essere riscosso, a determinate condizioni, in forma di capitale unico o in forma mista di capitale e rendita. Pur essendo il mercato delle rendite un mercato ancora immaturo e troppo “giovane”, per capire il funzionamento e le motivazioni dei fondi pensioni si può pensare alla rendita come ad una integrazione periodica della pensione pubblica, che è noto, fornirà un sostentamento sempre minore, dato l’andamento demografico e della crescita economica italiana.

In questo ultimo caso, però, un elemento fondamentale da considerare è il risparmio fiscale, sia nella parte di versamento dei contributi (con detrazioni fino a 5.164 Euro annuali) sia per la tassazione agevolata finale (dal 15%, decrescente fino al 9%).

  • PRO: integrazione pensionistica ed elevati vantaggi fiscali
  • CONTRO: non piana disponibilità del capitale; attenzione ai costi di gestione

Conclusioni

Come si vede facilmente, l’universo finanziario è un mondo molto vasto, molto complesso ma anche molto utile per poter investire il patrimonio personale secondo determinate preferenze. Come per tutte le cose, è meglio dedicare un po’ di tempo e, se possibile, un po’ di studio per la materia, oltre a farsi consigliare da un buon professionista del settore.

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