La definizione scolastica del risparmio parla di “quella parte del reddito che non viene immediatamente consumata e il cui utilizzo viene rimandato al futuro”. Pertanto, rappresenta l’eventuale avanzo una volta che dal reddito (che può provenire da lavoro dipendente, da capitale, pensione o rendita) vengono detratte le spese correnti per mantenere il proprio tenore di vita (ad es. vitto, alloggio, rate dei finanziamenti, bollette, spese per istruzione, viaggi, sport, ecc.).

Dove metterli

Risparmi accumulati periodicamente possono costituire un capitale, un patrimonio, piccolo o grande che sia. Normalmente vengono depositati su un conto corrente bancario o postale ma, in fasi economiche come quella attuale, il tasso di interesse è davvero esiguo. Quindi, messa al sicuro una somma di liquidità precauzionale per spese urgenti o inattese, il resto va impiegato in cambio di una migliore remunerazione. Insomma, meglio investire!

Bisogna cioè rinunciare al capitale per un certo periodo di tempo, per riceverlo in futuro aumentato di un “rendimento”, nella speranza che tale operazione mi restituisca una somma finale maggiore di quella iniziale. È importante considerare anche che i soldi risparmiati conservino il potere di acquisto, specie in un periodo come questo di inflazione elevata. Altrimenti il capitale l’anno prossimo sarà depauperato e con gli stessi soldi potrò acquistare una minor quantità di beni e servizi.

Investire: perché?

Nel sistema economico ci sono soggetti che hanno eccedenze di risorse monetarie e soggetti che hanno un deficit. Sin da tempi remoti si è sviluppato un mercato dei capitali, dove allocare le risorse nel miglior modo possibile. I diversi attori del mercato hanno bisogni differenti: gli Stati di solito vi ricorrono per finanziarsi, così come le imprese per sviluppare la loro attività; poi ci sono le banche che fungono da intermediari e i privati, intesi come individui dalle molteplici esigenze.

Su questi si inseriscono i fondi comuni di investimento specializzati e le banche centrali a regolamentare. Un mercato complesso che da tempo non è più soltanto domestico ma aperto alle controparti estere, e quindi governi, imprese, società di ogni Paese del mondo.

Mercato del debito o mercato del capitale di rischio

La prima grande suddivisione degli strumenti di investimento riguarda le due macro-tipologie: obbligazioni o azioni, reddito fisso o reddito variabile. Le obbligazioni rappresentano un debito contratto dall’emittente a favore di un investitore, con la promessa di restituzione del capitale in data futura, maggiorato di interessi corrisposti periodicamente, le cosiddette cedole. I flussi monetari sono predeterminati o predeterminabili nel loro ammontare e nel tempo, la restituzione del capitale è sicura, a meno di gravissimi eventi economici che capitino ai debitori.

Molto diverse sono le azioni, che rappresentano una partecipazione al capitale sociale di un’impresa: qui non esiste una scadenza predeterminata e si partecipa, nel bene e nel male, all’andamento economico della società stessa. Se la gestione dell’impresa genera un utile, esso viene ripartito in proporzione tra gli azionisti tramite la distribuzione di dividendi; in caso contrario, non vi sarà alcuna remunerazione e talvolta le perdite possono diminuire fino ad annullare il capitale investito. Per questo si parla di capitale di rischio.

“Regole generali” per investire bene

1 – Basso rischio basso rendimento; alto rendimento, alto rischio

Il rendimento (o performance) è la differenza tra il valore finale e il valore iniziale dell’investimento. Ad esempio, un titolo acquistato a 102 euro e incassa un interesse di 5 euro; rivenduto a 100 euro ottiene un rendimento pari a 3 euro (= 100 + 5 – 102).

Il rischio è una misura statistica per indicare la variabilità dell’investimento legata alle oscillazioni di prezzo. Un titolo che ha variazioni giornaliere di prezzo più grandi è sempre più rischioso di uno che varia anche spesso ma per importi contenuti.

In generale, investimenti a basso rischio sono associati a bassi rendimenti, mentre alti rendimenti devono far pensare a una maggior rischiosità. Anche se, va detto, nessun investimento è senza rischio di perdere o anche annullare il proprio valore.

2 – Non mettere tutte le uova nello stesso cesto

Investire tutto in un solo strumento comporta il rischio che, in caso di risultato negativo, tutto il patrimonio venga depauperato, con elevate difficoltà di recuperare il capitale iniziale. Ripartire il capitale su due o più investimenti in strumenti diversi, aumenta la probabilità che, in media, il mio capitale sia più sicuro.

Ad esempio, investendo sul titolo A e sul titolo B, si potranno verificare quattro casi: entrambi con performance positiva, uno positivo e l’altro negativo oppure entrambi negativi. Semplificando, solo un caso su quattro sarà a mio sfavore. Quindi, meglio investire in un paniere di titoli, rispetto a sceglierne solo uno.

3 – Non acquistare strumenti che non hai capito

A volte, per fare la cosa giusta, basta non fare quella sbagliata. Nel mercato ci sono tantissimi prodotti finanziari, molto diversi tra di loro per soddisfare tante esigenze diverse. Ma quelli più semplici, di solito, sono sempre i migliori, specie se perseguono un obiettivo finanziario chiaro. Parliamo ad esempio di un titolo di Stato a breve scadenza, oppure un fondo azionario internazionale.

Se invece le caratteristiche dell’investimento sono complesse, poco comprensibili, poco trasparenti o perseguono finalità fumose, è meglio non acquistarli e non sottoscriverli. Meglio evitare i prodotti di cui non si comprende bene il funzionamento, o il cui profilo di rischio e orizzonte temporale non si adatti alle esigenze. A capire questi dettagli serve la Direttiva Europea MiFID, a tutela dell’investitore (anche qui, serve un altro articolo).

4 – Monitorare l’investimento e controllare i costi

Non ci si può dimenticare dell’investimento, una volta fatto. I mercati finanziari sono molto complessi, dipendono da tantissime variabili e sono difficilmente prevedibili. Anche solo il trascorrere del tempo può avere influenza sui prezzi dei titoli. È quindi necessario effettuare periodicamente un monitoraggio degli investimenti, per verificarne l’andamento e la coerenza con i propri obiettivi.

Meglio evitare monitoraggi ravvicinati (più volte al giorno), o troppo distanti (una volta l’anno). Ognuno troverà un compromesso, anche in base alle dimensioni del patrimonio. Talvolta, in base alle variazioni dei mercati, può essere consigliabile provvedere a un “ribilanciamento” del portafoglio, vendendo qualcosa per comprare altro. Ma questa attività non dovrebbe essere troppo frequente perché, ad ogni transazione, gli intermediari applicano delle commissioni. Compravendite frequenti, comportano elevati costi di negoziazione, che incidono negativamente sulla performance dell’investimento.

5 – Decidere subito tra delega e “fai da te”

La modalità “fai da te” è ovviamente più adatta agli investitori esperti e competenti, che gestiscono gli investimenti in base alle loro conoscenze e intuizioni. Sono quelli che utilizzano il remote banking, si informano sui media specialistici e decidono quali investimenti effettuare in autonomia.

Per chi è meno esperto, è forse preferibile chiedere l’aiuto di un consulente finanziario che li indirizzi verso gli investimenti più adeguati alle loro esigenze. La delega può essere fatta a una persona ma anche investendo nei fondi comuni, i cosiddetti Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) e con le gestioni patrimoniali individuali, in cui una società specializzata effettua investimenti affidati in delega.

Concludendo: attenzione!

L’uso indifferente di risparmio o investimento può essere fuorviante e indurre a fare scelte diverse da quelle che sarebbero in linea con i nostri interessi e obiettivi. In qualsiasi investimento è insito un grado di rischio, nessuno ne è indenne. Meglio quindi imparare a conoscere i vari strumenti, a valutare se la rischiosità è coerente con il rendimento e se, soprattutto, è coerente con la nostra situazione personale.

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