L’adolescenza è uno di quei fenomeni esistenziali che tutti hanno attraversato, ma che nessuno sa spiegare. Un po’ come la vita, un po’ come l’amore, se vogliamo vederlo in modo poetico.

Eppure, se si osserva come i mass media ci raccontano l’adolescenza, la poesia non c’entra proprio nulla.

Al contrario sembra esserci la tendenza a descrivere l’adolescenza come devianza, ovvero un problema sociale da governare, o come una patologia da curare. Basti pensare alle svariate sindromi psicologiche con cui spesso gli adolescenti vengono etichettati: socialdipendenti, aggressivi o al contrario apatici, ritirati socialmente, ansiosi, narcisisti, depressi, fragili.

Chi lavora nel sociale o nel campo educativo o pedagogico, sa che queste definizioni in realtà accompagnano l’età dell’adolescenza fin dalla notte dei tempi.

C’è da chiedersi: perché facciamo così tanta fatica a descrivere l’adolescenza? Perché si fatica a capirla, una volta adulti?

Ma allora, chi lavora e si occupa di adolescenti, come può operare in modo efficace se non si sa nemmeno chi siano?

Come stai?

L’indagine demoscopica promossa dall’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e realizzata dall’Istituto Demopolis, è una delle molte ricerche svolte dagli adulti sugli adolescenti.

Copertina della relazione finale

La sua novità però non sta tanto nei risultati che porta, anche se ce ne sono alcuni che sicuramente andranno approfonditi. La novità sta nel tipo di approccio e nella metodologia.

L’approccio è caratterizzato dall’ascolto. Il titolo dell’indagine è esplicativo in questo: Come Stai? Una domanda tanto banale quanto aperta e rischiosa.

Una domanda con cui partivano le interviste (1.080 intervistati fra i 14 e i 17 anni e 2.820 maggiorenni divisi tra genitori con figli tra i 6 e il 17 anni, insegnanti, educatori e rappresentanti del Terzo Settore), e che non da delle risposte preconfezionate.

Quante volte gli adulti riescono a farla veramente agli adolescenti? E quanto tempo riusciamo a stare nell’ascolto, senza distrarsi o partire già con una serie di domande a raffica, che terminano solitamente con il rimprovero “Non mi dici mai nulla!”

Anche la metodologia è innovativa. Per la prima volta in Italia, e forse anche in Europa come ha affermato Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini, si sono ascoltati proprio loro: gli adolescenti.

Non ci sono solo i pareri degli adulti sui ragazzi, ma sono gli stessi ragazzi che sono stati chiamati a raccontare come stanno. Con un interessantissimo incrocio di dati finali e degli spunti importanti per un miglioramento della relazione tra generazioni.

Alcuni dati e spunti di riflessione

Andando quindi ad osservare i dati esposti, ce ne sono alcuni che ci permettiamo di sottolineare. Tutta l’indagine è comunque facilmente visionabile nel sito di Con i bambini, a questo link.

Foto di creative christians, unsplash.com

Un dato che fa sorridere, l’unico che coincide quando si incrociano le risposte di adolescenti ed adulti, è quello che si ricava dalla risposta al quesito: Si dice che oggi gli adulti capiscono sempre meno i ragazzi. Che ne pensi?

Sia gli adolescenti (54%) che gli adulti (42%, più un 15% che non sa) pensano sia vero. Senz’altro un punto di convergenza decisamente ironico, che potrebbe diventare idealmente un ottimo punto di partenza per una relazione di ascolto autentica, mossa proprio dal desiderio di capirsi.

Se non fosse che anche la comunicazione intergenerazionale, è qualcosa vissuto da entrambi i fronti , come problematico.

Il 48% degli adulti pensa di non avere gli strumenti adeguati per supportare i ragazzi. Il 53% ritiene che manchi proprio maggiore ascolto e comprensione da parte degli adulti, considerando che il 52% si accusa di essere troppo distratto.

D’altro canto secondo il 53% adolescenti è inutile provare a esprimere le proprie idee e opinioni perché tanto non verrebbero capiti.

Il 38% dei ragazzi accusa gli adulti di non mettersi mai in discussione e pensano di avere ragione solo loro. Un altro 37% aggiunge che gli adulti fanno continui paragoni con il tempo passato.

Ed ecco l’ultimo dato su cui vogliamo soffermarci per concludere. Pur considerando la famiglia il più importante aspetto della propria vita (90% degli adolescenti), solo il 43% dichiara di condividere con i genitori i propri problemi.

Il dato è enormemente più basso se si guarda agli insegnanti: solo il 3% ne parlerebbe con gli insegnanti. Ciò significa che la scuola ha perso il ruolo di punto di riferimento, e che gli allarmi che ci vengono lanciati dagli studenti universitari in particolar modo, sulla deriva competitiva e carrieristica del percorso scolastico, hanno davvero una base oggettiva e diffusa.

Ultimo spunto di riflessione: il 2% degli adolescenti, ovvero circa 50mila ragazzi, parlerebbe dei propri problemi con sconosciuti in rete.

Alla termine dell’incontro infine, Con i bambini ha lanciato un nuovo bando promosso nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, sul tema del benessere psicologico e sociale degli adolescenti, che mette a disposizione 30 milioni di euro per interventi in ottica di comunità educante in tutta Italia.

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