In Italia gli over 65enni sono il 23% della popolazione e alla vecchiaia come fenomeno di massa è dedicato l’ultimo libro di Lidia Ravera, Age pride. Per liberarci dai pregiudizi sull’età (Einaudi 2023). La presentazione, tenutasi in Biblioteca civica proprio nella Giornata internazionale dei diritti della donna, all’interno delle iniziative promosse dall’Assessorato alla parità di genere e Pari opportunità, con la moderazione della giornalista Maria Teresa Ferrari, aggiunge elementi di riflessione all’8 marzo.

Il tema dell’invecchiamento ricorre anche in alcune opere precedenti di Ravera: non a caso in un romanzo del 2017, il titolo Il terzo tempo (Bompiani) è diventato simbolico e usato in molti contesti per delineare una fase della vita. Ma anche ne L’amore che dura (Bompiani, 2019) il richiamo all’età e alla giovinezza sfumata è esplicito, così come in Avanti, parla (Bompiani, 2021).

La fragilità delle donne che invecchiano

«Ho cominciato molto presto a interrogarmi sul tempo. Quanto durava davvero un anno, quanti anni avrei impiegato per diventare grande. Quanti anni sarei rimasta grande prima di diventare vecchia», afferma la scrittrice durante la presentazione in Sala Farinati.

Con la sua caratteristica chiarezza e lucidità l’autrice delinea il quadro sociale in cui si inseriscono oggi i vecchi, quei boomer che si pensavano eternamente giovani. E  le più fragili sembrano essere proprio le donne, anche quelle «che negli anni Settanta del secolo scorso leggevano in gruppo il manuale Noi e il nostro corpo (edito nel 1974 in traduzione italiana da Our bodies, ourselves pubblicato tre anni prima da The Boston Women Health Book Collective ndr.). Quelle stesse donne, oggi, sono vecchie e, per quel corpo riconquistato e amato a vent’anni, provano vergogna, una vergogna regressiva, conformista, subalterna».

Il diktat di restare “giovaniformi”

Questo libro ricorda che alle persone non si riconosce ancora il diritto di invecchiare, devono restare sempre giovani e belle, o almeno “giovaniformi”, altrimenti cadono sotto lo stigma della società che le allontana ai margini perché ormai impresentabili, improduttive, inutili.

E non vedendosi riconosciuto questo diritto anche le parole pesano e fanno male. Allora meglio anziani di vecchi, ma l’autrice non concorda, preferisce “grandi adulti”, perché l’adultità implica un’assunzione di responsabilità e sono bocciati anche i succedanei senior, silver, over. Così come le frasi fatte: l’innocenza dell’infanzia, la serenità della vecchiaia. Niente affatto: Ravera ci invita a ricordare che i piccoli non sono innocenti e i vecchi non sono sempre sereni e tranquilli, «magari equilibrati».

I giorni del “terzo tempo”

I nuovi vecchi sono i primi della storia a godere di tempi supplementari di vita così lunghi. Un tempo si moriva poco dopo la pensione, mentre ora ci si trova a vivere altri trent’anni dopo i sessanta, ma non ci sono modelli di vecchi e vecchie a cui riferirsi.

I giorni sono come «stanze tutte da arredare» e occorre lavorare con impegno per una nuova dinamica delle relazioni. Il terzo tempo è da attraversare con gratitudine, attendere con curiosità e da considerare con attenzione.

In questa logica l’autrice reclama la possibilità «per una società decente di non sprecare l’intelligenza dei giovani e non rottamare i vecchi».

Oltre il mito della saggezza

«Parliamo della tanto decantata saggezza? Certo che no. Si tratta di una competenza antica che, se riusciamo a liberarci dal peso degli stereotipi e quindi la smettiamo di svalutarci, sappiamo maneggiare da autentiche maestre – sottolinea la scrittrice -. Sono passata al femminile universale, non voglio nascondermi dietro un asterisco. Sto parlando soprattutto alle donne, che dopo aver vestito per duemila anni la scintillante livrea del desiderio, possono diventare finalmente soggetti di desiderio». E trovare la cosa persino divertente.

Lucida, pungente, Lidia Ravera ricorda che sentirsi giovani non basta, bisogna liberarsi da tutti gli aggettivi squalificanti della vecchiaia. L’imperativo è trovarne di nuovi, per esempio: autentica, combattiva, ironica, perspicace, curiosa, forte, grande ascoltatrice.

La copertina di Age Pride di Lidia Ravera, edito da Einaudi, 2023.

Per le donne è assai più duro invecchiare perché «la cultura dominante inclina a un giovanilismo aggressivo, sempre più vuoto e stupidamente esclusivo. Anche se le figure storiche del femminismo tacciono sull’invecchiare».

Age Pride è un libro incandescente, come ci ha abituati questa autrice fin dal suo primo romanzo Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti, scritto con Marco Lombardi Radice (Savelli 1976) e firmato con lo pseudonimo Rocco e Antonia.

Nel libro Ravera non nega le sue stesse fragilità perché se avere un lungo passato è una ricchezza, avere ancora futuro non è sempre gradevole, bisogna applicarsi, selezionare attività e amicizie.

Questo non è un testo consolatorio, ha anzi la pretesa, per ammissione dell’autrice, di «curare con la verità, dire le cose come stanno e cercare di cambiarle».

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