L’utilizzo del denaro contante ha subito crescenti limitazioni nella storia recente italiana. Trascurando l’era ante euro, la prima regolamentazione è avvenuta nel 2002 dove è stato fissato un massimale di 10.329,14 euro, arrotondato a 12.500 euro in fine d’anno.

Tra 2007 e 2008 ha regnato una certa confusione con il Dlgs 231/07 che prima ha messo il tetto a 5.000 euro, poi il Dl 112/08 lo ha riportato al limite precedente fino al 31/05/2010 quando è entrato in vigore quanto previsto dal Dl 78/10 che ha riportato a 5.000 euro il massimale utilizzabile. Da qui in poi nessuna forza politica ha avuto volontà e numeri per tornare alle origini, anzi. Si è scesi di più, seppur in maniera discontinua con un range tra i 3.000 e i 1.000, fino ad oggi quota minima raggiunta.

Morale: in vent’anni si è scesi di circa 10.000 euro, ma soprattutto si è cambiato idea in media ogni 22 mesi, a conferma che ogni Governo di questo paese ha ritenuto necessario imprimere il proprio marchio e la propria linea su questa faccenda.

Cosa fanno gli altri stati?

Non tutti gli stati ritengono necessario porre un limite all’utilizzo del contante. Il caso più rappresentativo è quello degli Stati Uniti, peraltro territorio ad alta diffusione di modalità alternative di pagamento, ma anche molti paesi dell’Unione Europea non fissano tetti, ad esempio Germania e Olanda. D’altra parte, altri legiferano in maniera estremamente restrittiva. La Grecia (500 euro) forse non può essere presa come riferimento, dati i recenti trascorsi di crisi, però i comportamenti di Francia (1.000 euro) e Belgio (3.000 euro) sono sicuramente emblematici di una volontà restrittiva.

Quello che emerge dunque è che non esiste una tendenza evidente su scala globale, sebbene forse i paesi germanici e nordici siano orientati mediamente ad un’assenza di limitazioni, ma è pur vero che in nessuno stato oltre all’Italia c’è stato in periodi recenti un legiferare così convulso e frenetico.

Il tema non dovrebbe essere di particolare rilievo

La questione del limite all’utilizzo del contante non dovrebbe assumere un particolare rilievo in termini di necessità legislative. In una democrazia europea operante in libero mercato, verrebbe naturale pensare, stanti le evoluzioni tecnologiche, che ogni singolo cittadino progressivamente andrà sempre più ad “accomodarsi” verso quei sistemi di pagamento più pratici abbandonando via via il contante. Dagli smartwatch, al bancomat, alle tessere ricaricabili, ogni cittadino dovrebbe rivolgersi ai metodi alternativi per praticità e proprio comodo.

Il fenomeno sta avvenendo senza alcun trauma e senza animare le piazze in diversi paesi. Il cittadino medio in molti stati esteri ormai non paga quasi nulla in contanti per propria scelta, per propria inclinazione naturale, per così dire. Il tutto senza bisogno di una legiferazione ad hoc.

La realtà in Italia è ben diversa. L’82% delle transazioni per un 58% per cento del valore complessivo è effettuato ancora in contanti, cifra superiore alla media europea. E questo nonostante, secondo una indagine della Bce datata 2019, circa metà della popolazione italiana si dica favorevole all’utilizzo di metodi alternativi al contante.

Perchè questa affezione al contante?

Gli italiani sono un popolo di risparmiatori. Lo chiarisce, al di sopra di ogni evidenza, la testata Ilsole24ore.com che ad agosto 2022 ha pubblicato gli ultimi dati riepilogativi. Il risparmio degli italiani ammonta a 5.256 miliardi di euro complessivi di cui 1.629 miliardi è rappresentato da depositi e contanti, pari al 31% del totale.

Questa è una cifra che ben rappresenta come le famiglie, pur evolvendosi di generazione in generazione, mantengano una spiccata propensione al mantenere liquide le proprie disponibilità. Se un tempo si utilizzava il “materasso”, oggi in larga parte non è più così, ma è evidente che l’italiano medio dimostri la necessità di una prossimità quasi fisica al proprio denaro, sia nel suo mantenimento che nel suo utilizzo.

Tali considerazioni, però, non possono spiegare fino fondo i motivi per i quali in Italia il contante abbia ancora così tanto successo e perché le limitazioni alla sua circolazione siano oggetto di aspre contese politiche.

L’evasione è il motivo, inutile girarci intorno

Ogni statistica e qualsiasi indagine condotta dalle principali istituzioni europee converge su dei dati molto chiari. Il contante ha ancora molto successo negli stati dove è più radicata l’evasione fiscale. O dove, per sistemi compiacenti, sono possibili operazioni commerciali, finanziarie e immobiliari non del tutto trasparenti e/o dove una buona fetta del mercato è gestita dalle organizzazioni criminali che, appare logico, fanno grande affidamento sul contante.

Malta e Cipro sono al vertice nelle classifiche sull’utilizzo del contante, ma Spagna e Italia non sono profondamente distanti. Paesi in cui notoriamente è largamente diffusa la piccola evasione, al contrario di stati quali Finlandia, Francia, Belgio, per non parlare di Paesi Bassi e Lussemburgo, discutibili semmai per altre questioni più complesse (vedasi, ad esempio, i collegamenti con paesi a fiscalità privilegiata, meglio conosciuti come paradisi fiscali).

D’altra parte, numeri a parte, non si può disconoscere che in Italia sia del tutto frequente riscontrare nella quotidianità comportamenti votati all’evasione fiscale. Qualcuno afferma che i grandi evasori non si basano sul contante per porre in essere i loro comportamenti. Vero, ma non si può trascurare che in Italia sia capillare e largamente diffusa la micro evasione, altrettanto antipatica e censurabile da un punto di vista etico/sociale.

Quella del piccolo artigiano, del professionista, della micro impresa, quella che forse aiuta tante aziende a rimanere in piedi e permette ai contribuenti persone fisiche di ridurre l’impatto della perdita del potere d’acquisto, ma che lede i principi di leale concorrenza. Un tipo di evasione che si basa sulla possibilità di pagare in contanti.

Con fattura o senza fattura?

Il caso classico è quello che tutti i cittadini hanno vissuto più e più volte. L’acquirente persona fisica si rivolge ad un professionista, ad un artigiano o ad un commerciante e, nello stabilire il corrispettivo della transazione, le controparti valutano un diverso prezzo a seconda che venga emessa fattura (o scontrino fiscale) o l’operazione venga effettuata in “nero”.

Inutile dire che solo la circolazione del contante permette tale comportamento. L’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi, viceversa, lascerebbe tracce dell’operazione e pertanto renderebbe pericoloso effettuarla in “nero”.

Purtroppo, è un meccanismo difficile da estirpare in quanto tutti i soggetti coinvolti ne beneficiano ed è difficile esercitare al meglio azioni di prevenzione, controllo o repressione. L’acquirente vede il prezzo ribassato, il venditore non paga imposte su quel reddito generato e nemmeno è costretto a pagare l’iva allo stato. Un meccanismo, dunque, di successo, molto radicato nei comportamenti delle famiglie e delle piccole imprese in Italia. che ha un ruolo determinate nella lentezza con cui si sta abbandonando il contante.

Una politica non coesa contro l’evasione

Appare evidente che uniformare un’intera popolazione verso il non utilizzo del contante non sia un’affare da risolvere in poco tempo. E’ però un processo già avviato da un ventennio almeno e che, per i motivi suddetti, continua a trovare fortissime resistenze in Italia. D’altra parte, l’elettore medio è un evasore, in potenza o in pratica. Lo confermano i numeri. Abituale o occasionale che sia, l’evasore esercita un’influenza sulla classe politica nel nostro paese, la quale, di conseguenza, non ha mai voluto e potuto prendere posizione netta contro il contante. Chi lo ha fatto ha smesso in breve tempo di governare (governo Monti su tutti). Chi viceversa si è espresso a favore, in un modo o nell’altro, ha alimentato il proprio consenso e continua a beneficiare della propria posizione.

A favore del contante tante ragioni, ma poco solide

Per sostenere le ragioni del contante si invoca la scarsa digitalizzazione dell’anziano, i costi dell’operatività a carico delle imprese, la scarsa sicurezza di un sistema basato esclusivamente su moneta virtuale. Sono motivazioni che hanno un fondamento logico, ma quanto avviene all’estero è prova contraria.

Risulta assurdo pensare che fasce della popolazione del nord Europa, ad esempio, siano non confrontabili a medesime fasce italiane per mancanza di alfabetizzazione informatica. L’anziano scandinavo, giusto per citare un caso emblematico, ha abbandonato da anni il contante sia per praticità che proprio per personale sicurezza, senza un obbligo, senza un’imposizione legislativa. La questione sicurezza, tanto sbandierata dai sostenitori del contante è, di contro, la prima ragione a favore della diffusione dei pagamenti digitali. Furti, scippi e frodi ai danni di persone deboli, sole e indifese sarebbero più complesse e difficili se si abolisse il contante. Impossibile non tenerne conto nei vari ragionamenti.

Scenari e operatività futura

Il contante nel lungo periodo perderà la propria battagli contro l’evoluzione tecnologica. Rimarrà marginale strumento di transazione, a maggior ragione se i costi e le commissioni bancarie applicate all’utilizzo di strumenti di pagamento alternativi vedranno una diminuzione nel loro impatto (tema questo che mantiene una sua attualità nel nostro paese).
Ecco, forse proprio su questo punto la politica potrebbe intervenire in maniera indiretta sul sistema e accelerare il processo di digitalizzazione. Non facendo un’opposizione forte e diretta all’utilizzo del contante, con la conseguenza di perdere consenso, ma agevolando in ogni modo i pagamenti alternativi, rendendoli più economici e appetibili ed eventualmente anche vantaggiosi. Forse le lotterie degli scontrini non sono il metodo più evoluto e formativo possibile, ma di sicuro accorgimenti che incentivino la popolazione ad abbandonare il contante possono essere soluzioni utili a diversamente abituare il cittadino con l’effetto di combattere una certa forma di evasione.

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