La pandemia ha modificato sensibilmente le abitudini di acquisto dei consumatori, dando grande slancio al canale e-commerce, un fenomeno che durante i lockdown ha mostrato un aumento esponenziale. In Italia si è registrato un +31% nel 2020, seguito da crescita ancora più marcata nel 2021 e 2022. Cambiano di conseguenza le abitudini di pagamento, visto che sono pochissimi i siti di e-commerce che ancora ammettono il pagamento in contanti.

Il tema dei pagamenti elettronici ha avuto anche la ribalta mediatica, nel recente tentativo del Governo di Giorgia Meloni di modificare gli obblighi per gli esercenti in materia. Come sempre in questi tempi di social, si è assistito a una profonda polarizzazione, a tifoserie da stadio pro e contro i pagamenti elettronici, tra diritti dei consumatori e doveri degli esercenti; infine, profondo divario tra chi crede che il contante sia il peggiore dei mali per il fisco italiano e chi invece è convinto che l’elettronico sia l’unica salvezza.

Vi diamo una notizia: anche se tutte queste posizioni raccontano una o più verità, nessuna possiede la Verità assoluta. E tantomeno noi, ma proviamo a fare un po’ di chiarezza oggettiva, per capire come orientarci tra tante opinioni in cerca di proseliti. Cerchiamo di valutare pro e contro dei vari sistemi esistenti, presi in un ordine dal meno sofisticato al più tecnologico.

Il contante

È il metodo tradizionale, privilegiato per importi contenuti. Trattandosi di un bene materiale, prevede la presenza fisica delle banconote e di chi le passa di mano. Curiosando tra le aberrazioni dei social, sarebbe l’unico mezzo che “dà la certezza” e “lascia liberi” di formalizzare fiscalmente, “non costa niente a nessuno” e “non perde valore con le commissioni”.

La certezza quasi sempre, a meno di ricevere banconote false; libertà dai controlli, anche, salvo il pagante sia un agente in giornata di riposo; quanto al perdere valore, forse non viene penalizzato da commissioni ma a questi livelli di inflazione il materasso diventa sempre più leggero. Senza dimenticare che dietro ai contanti vi sono costi per tutti, anche se non quantificabili facilmente. Costi per le banche centrali (produzione, trasporto, distruzione), i portavalori per la “manutenzione ordinaria” (lavaggio, stiratura, distribuzione), fino alle banche commerciali che pagano i servizi dei portavalori, oltre a indennità di rischio per i dipendenti.

Eh ma il consumatore è salvo, dicono sempre quelli. Senza pensare a tutti i rischi di rapina, al tempo perso in filiale o al bancomat, al costo oggettivo di un servizio di cassa continua. Sia per me che vado a prendere un caffè al bar sotto l’ufficio, che per il barista allerta se entra qualcuno con la faccia losca. La sicurezza ha un costo, il tempo ha un costo.

Il bonifico bancario (e postale)

Altri metodi molto conosciuti dai consumatori e con un grado elevato di tranquillità, per il fatto che viene eseguito dall’ente incaricato soltanto in presenza di fondi sufficienti. Per chi riceve un pagamento sembra un metodo certo e poco costoso, anche se si perdono diversi giorni nel processo e non si ha un vero controllo sulla data di ricezione.

Per il debitore, si tratta di un costo in termini di tempo e denaro, anche se in effetti con le App che le banche hanno sviluppato per favorire il digital banking si tratta di un dispendio davvero contenuto. Sempre che si sia un nativo digitale, o almeno si possieda internet e PC o almeno uno smartphone abilitato. Il vero “costo” è però di altra natura: chi paga non ha la certezza che riceverà quanto acquistato, si deve fidare del venditore.

Le carte

Si distinguono principalmente in due categorie: le carte di credito, cioè quelle per cui l’emittente valuta la nostra solvibilità e garantisce per noi fino a un massimale mensile, e quelle di debito, che permettono di effettuare pagamenti tirando da un saldo pre-caricato oppure da un conto corrente capiente (sono le famose prepagate e il bancomat, per capirci).

Sono sicure, efficaci, rapide e accettate perfino su Marte. Si possono usare nell’esercizio commerciale, grazie al famigerato POS, ma anche negli acquisti online, garantendo pagamenti verificati dall’emittente e la possibilità di contestare l’addebito all’acquirente (seppure il meccanismo sia farraginoso e medievale).

Tutto questo si paga, ebbene sì. Ci sono spese per il detentore della carta, tipicamente un canone periodico per ciascuna carta a suo nome (sia di credito sia bancomat) e talvolta una commissione per ciascun utilizzo. Negli ultimi anni, tutte le banche propongono pacchetti a importo fisso per la gestione del conto corrente che includono già queste voci di spesa, il consumatore deve solo negoziare con la giusta insistenza. Per gli esercenti vale lo stesso. Ci sono migliaia di soluzioni, va solo ricercata quella più adatta a ciascun utilizzo effettivo. Il sito di SignorPOS è di grande aiuto in questo senso: basta inserire l’importo annuo previsto per ottenere decine di offerte tra cui selezionare la propria. I fornitori di servizi POS sono talmente tanti e variegati che i prezzi si sono abbassati di conseguenza.

I pagamenti da “portafoglio digitale”

Metodo di pagamento evoluto, il digital wallet permette di effettuare transazioni sicure senza dover divulgare i dati della carta di credito. Parliamo di PayPal, e successivi emuli, ma anche di quelle App che trasferiscono piccoli importi da uno smartphone all’altro. Il funzionamento prevede di registrare un account, che va collegato a una carta o a un conto vero e proprio e si è subito pronti a inviare ma anche ricevere pagamenti online.

Non ci sono spese di apertura o canoni periodici, solo una commissione, variabile ma non proprio leggera, sulle transazioni. Non è necessario conoscere la controparte, mantiene un perfetto anonimato ma permette eventuali controlli sugli illeciti. Non sporca e non disturba, insomma sembra perfetto. L’unico limite è la diffidenza che genera in molti consumatori, che ne limita il raggio di azione a quelli più smart (in tutti i sensi). E poi c’è quel fatto che per ricaricarlo sempre da quelli bisogna tornare, con eventuale addebito di costi bancari o dell’emittente della carta. Sempre che non si preferiscano i costi in termini di tempo, andando dal tabacchino.

Le Bitcoin

Qui si entra nel futuro, anche se esiste già dal 2009. Bitcoin è una rete di pagamento che utilizza la tecnologia peer-to-peer, cioè tra pari. Semplificando molto, in attesa di un articolo che parli solo di questo, si tratta di una moneta elettronica che non si appoggia a banche o enti centrali, come tutte le altre, e dove le transazioni vengono gestite collettivamente dalla rete.

Il pagamento si concretizza in pochi secondi e si racconta sia molto sicuro per le parti in gioco, oltre a iniziare una buona diffusione come metodo accettato nel canale e-commerce, seppur con qualche reticenza. Resta per la maggior parte di noi un argomento complicato, per alcuni senza speranza di comprensione, e le notizie che affollano i giornali, sia molto positive che molto negative, non rassicurano l’utente medio.

Molto è cambiato nei metodi di pagamento, dal vecchio acquisto in contrassegno di Postalmarket all’utilizzo delle bitcoin per una Tesla nuova fiammante. Cambiano gli acquisti e sono diventati sempre più attenti ed esigenti i consumatori. L’unica cosa che non cambia è la diffidenza, quella resta a permeare trasversalmente tutte le transazioni commerciali e i rapporti con le banche o, anche peggio, l’Agenzia delle Entrate.

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