Contro la Juventus i verdetti del campo sono stati tre: il primo, fatalista, è che quest’anno è davvero un anno nero in cui il Verona non può aspettarsi nulla dalla sorte o dalle “circostanze”. Ogni prezioso punto andrà guadagnato e sudato con la consapevolezza che per farne uno l’Hellas dovrà lottare per tre. Il secondo, incoraggiante, è che la squadra sta col giovane Bocchetti e che almeno fino alla tre quarti il Verona ha i valori e la cattiveria per salvarsi o per lottare fino all’ultimo. L’ultimo verdetto, forse il peggiore, è la prova vergognosa data dalla classe arbitrale e da tutto il circo che gira intorno al calcio. E non si parla solo dei rigori negati da Di Bello e compagnia.

Quello che è successo sul campo del Bentegodi l’hanno visto tutti. Due episodi che, come negli esercizi di stile del compianto Umberto Eco, dobbiamo sforzarci di analizzare da diversi punti di vista.

Il primo è quello di chi sugli spalti ha il cuore pesante che pompa gialloblù. Pochi dubbi: due rigori solari, in particolare il mani di Danilo, che sono stati scandalosamente negati al Verona da un arbitro prono al potere bianconero come tanti fischietti prima di lui. Se non segni non vinci, vero, ma intanto dammi il rigore e poi ne riparliamo. Se fosse stato a parti invertite lo dava sicuro.

Il tifoso Juventino la butta sul regolamento, hanno detto su DAZN che esiste una spiegazione per quello che a uno spettatore disattento sembrava rigore. Carta canta! Il resto è malafede e odio antijuventino tipico dei perdenti.

C’è Di Bello che si può sbagliare

Il terzo punto di vista è quello dell’arbitro. Un flusso di pensieri difficile da interpretare nei giudizi fulminei, ma che si può ricostruire nella prassi. Nel primo episodio Di Bello valuta la vicinanza della deviazione di Dawidowicz e giudica la posizione del braccio di Danilo naturale nella scivolata. Il VAR non interviene e quindi la decisione corretta: niente rigore. Nel secondo caso, la gamba alta e il piede a martello di Bonucci non lasciano dubbi: questo è rigore. A quel punto fortunatamente interviene il VAR per salvare il fischietto di Brindisi da un onesto abbaglio. Può succedere. Il VAR serve a questo. Alla fine espelle persino Alex Sandro, un arbitraggio inattaccabile per equità di trattamento.

Dazn e le proporzioni

Il terzo punto di vista è quello dei giornalisti televisivi, il cui stipendio viene pagato dagli abbonati e che alle elementari hanno studiato le proporzioni. Quanti sono gli abbonati a Verona? E in tutto il resto dell’Italia bianconera?  A loro tocca l’arduo compito di spiegare come l’intero processo sia corretto, anche se non sembra. Si sa, a volte ciò che appare ad ogni essere senziente che non sia un tifoso Juventino può essere un’illusione. Linea a Marelli che spiega perché.

L’occhio del VAR

Il quarto punto di vista è quello del VAR. The eye in the sky che tutto vede e a volte provvede. Da regolamento, argomento di moda in questa settimana corta, il VAR può intervenire solo in caso di chiaro ed evidente errore da parte del direttore di gara. Abbagli chiari e incontrovertibili.

Il primo rigore si poteva magari dare, il braccio di Danilo è largo, ma l’arbitro ha valutato il movimento naturale e la deviazione troppo vicina. Fidiamoci della sua interpretazione, magari un altro fischietto avrebbe dato il penalty. Ma alla fine la responsabilità è dell’arbitro. Peccato per il Verona che non si merita l’ultimo posto.

Il secondo episodio è completamente diverso! Qui l’arbitro si prende una responsabilità enorme. Un rigore a pochi minuti dalla fine. Bisogna ponderare, vedere, analizzare, sezionare. Chi arriva prima? L’attaccante del Verona che vuole girarla in porta o il difensore Juventino che arriva a gamba tesa altezza volto con i tacchetti pronti a cambiare i connotati a chiunque si avventuri dalle loro parti? Bonucci arriva una frazione di secondo prima e pare colpire il pallone prima di impattare contro il piede di Verdi. L’arbitro non poteva vedere poveretto, ma questo è un chiaro ed evidente errore. Intervenire è un dovere. Peccato per il Verona che non si merita l’ultimo posto.

Appare evidente che se da due giorni in tutte le trasmissioni sportive, feed social e baretti d’Italia non ci si mette d’accordo sulla bontà o meno delle decisioni del fischietto brindisino, la chiarezza ed evidenza dell’errore siano da escludere, e quindi il VAR non sarebbe dovuto intervenire in nessun caso. Ma se questa logica non vi convince, c’è sempre Marelli.

Fuori la gentaglia dagli stadi

D’altronde questo è il calcio in cui l’allenatore della squadra più tifata d’Italia non trova strano ammettere in conferenza stampa che un rosso per fallo da dietro, ultimo uomo, e chiara occasione da rete merita un premio e non una multa. Discorso comprensibile, beninteso, ma che in un mondo moralista e politicamente corretto, in cui viene assegnato un valore educativo ed edificante a chiunque abbia un grammo di visibilità, mostra quanto sia accettabile essere antisportivi quando si vestono i colori giusti.

Nel frattempo, nello stesso mondo, la società Hellas Verona viene sanzionata perché i tifosi si sarebbero permessi di intonare cori insultanti nei confronti dei tifosi avversari. Inaudito. Pare che abbiano addirittura insultato l’arbitro, evidentemente in un momento in cui la foga ha preso il sopravvento sulla buona educazione che va osservata in ogni momento. Fuori questa gentaglia dagli stadi. Qualcuno pensi ai bambini, o finiranno per falciare l’avversario da dietro magari aspettandosi un premio.

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