La crisi del governo Draghi, lo scioglimento delle Camere deciso da Mattarella e la scelta del Consiglio dei Ministri di fissare le elezioni anticipate per il prossimo 25 settembre stanno costringendo i partiti a gestire una campagna elettorale dai tempi strettissimi e la raccolta delle firme in piena estate, col sole torrido e le città deserte.

Le incombenze necessarie per potersi candidare non sono poche. Secondo la legge, i partiti dovranno presentare i simboli da inserire nella scheda elettorale tra il 12 e il 14 agosto. Le liste dei candidati e tutti i documenti relativi alle candidature, invece, dovranno essere depositati negli uffici centrali presso le Corti di Appello tra il 21 e il 22 agosto.

Requisiti, procedure burocratiche, scadenze che possono costituire un grosso problema per i partiti più piccoli. Fino a diventare un vero e proprio impedimento, con il risultato che, a potersi candidare, di fatto saranno le forze politiche già presenti in Parlamento.

E c’è chi, come Marco Cappato, denuncia una situazione discriminatoria che metterebbe in pericolo la validità stessa del processo democratico.

La raccolta delle firme

In Italia, per finire sui manifesti e sulle schede elettorali, una forza politica deve dimostrare di avere un minimo di seguito attraverso la presentazione di un certo numero di sottoscrittori a sostegno. È il meccanismo scelto dal nostro legislatore per evitare la presentazione di candidature inconsistenti o poco serie. Il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale.

Sulla base della legge attuale, i partiti e i gruppi politici che intendano presentare le candidature per le elezioni del 25 settembre dovranno raccogliere, per ogni collegio plurinominale in cui vorranno correre, tra le 750 e le 2.000 sottoscrizioni. In realtà la “forchetta” prevista dall’articolo 18-bis del testo unico per l’elezione della Camera dei deputati (D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361) sarebbe più ampia, da 1.500 a 2.000 firme, ma la norma precisa che «in caso di scioglimento della Camera dei deputati che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni, il numero delle sottoscrizioni è ridotto alla metà».

Oggi per la Camera dei deputati sono previsti 49 collegi plurinominali: ciò significa che una lista che voglia partecipare alle elezioni su tutto il territorio nazionale dovrà raccogliere almeno 36.750 firme; per il Senato, che di collegi plurinominali ne ha 26, le sottoscrizioni richieste sono almeno 19.500. Numeri pesanti, nonostante lo “sconto” derivante dalla chiusura anticipata della legislatura.

C’è da dire comunque che questi adempimenti sono stati in parte alleggeriti dal taglio dei parlamentari confermato dal referendum costituzionale del 2020, che ha portato con sé la riduzione dei collegi (alla Camera erano 63, con la necessità di almeno 94.500 firme, o 47.250 in caso di scioglimento anticipato, mentre al Senato erano 33, che comportavano la raccolta di 49.500 sottoscrizioni, o 24.750 in caso di scioglimento anticipato).

Una campagna elettorale sotto l’ombrellone

Se la raccolta delle firme è dimezzata e su meno collegi, il compito di chi vuole presentare una lista rimane comunque gravoso per una serie di fattori.

Anzitutto, le tempistiche: se le Camere sono state sciolte il 21 luglio e le liste andranno presentate entro il 22 agosto, parliamo di un mese di tempo. Occorre decidere con quale simbolo presentarsi alle elezioni, individuare i candidati, assoldare volontari in tutta Italia per raccogliere le firme e certificarle, predisporre i documenti necessari: per un partito piccolo, con una limitata organizzazione sul territorio, la sfida è titanica.

Anche perché le modalità operative di raccolta delle sottoscrizioni non sono tra le più semplici, soprattutto alla luce della sempre più accentuata disaffezione dei cittadini italiani nei confronti della politica e del voto.

La legge, ad esempio, prevede che per un determinato collegio plurinominale possano firmare solamente gli elettori e le elettrici iscritti nelle liste elettorali di Comuni compresi in quel preciso collegio: in un periodo in cui molta gente è in vacanza, lontana da casa, la ricerca delle firme può rivelarsi difficile.

Un ulteriore elemento di complicazione è dato dal fatto che le sottoscrizioni devono essere autenticate al momento della firma. Da amministratori locali, oppure da notai, giudici di pace, cancellieri, notai o avvocati. Anche in questo caso, la disponibilità di autenticatori volontari in pieno agosto non è affatto scontata.

Le esenzioni alla raccolta delle firme

A partire dal 1976 la legislazione elettorale ha sviluppato forme di esenzione dall’obbligo di raccolta delle firme: lo spirito di fondo di queste norme consiste nel ritenere che la “serietà” della forza politica sia già garantita da una sua rappresentanza qualificata il Parlamento.

Negli anni, il sistema delle esenzioni si è sviluppato in meccanismi sempre più articolati, con le forze politiche presenti in Parlamento che cercano il più possibile di evitare l’onere di raccolta delle firme, generando spesso situazioni di iniquità per l’accesso alla competizione elettorale.

L’articolo 18-bis del testo unico per l’elezione della Camera dei deputati stabilisce che «nessuna sottoscrizione è richiesta per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi». Anche «i partiti o gruppi politici rappresentativi di minoranze linguistiche che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica» non devono raccogliere le firme.

Quali partiti possiedono questi requisiti? Solo il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico, la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia avevano un gruppo parlamentare per ciascun ramo del Parlamento a inizio legislatura. Quanto alle minoranze linguistiche, hanno ottenuto almeno un seggio e quindi sono esentati dalla raccolta le firme il Südtiroler Volkspartei, il Partito Autonomista Trentino Tirolese e l’Union Valdôtaine.

L’emendamento anti-firme

Questa era la situazione fino a qualche settimana fa. Ma in sede di conversione del cosiddetto “Decreto elezioni 2022”, grazie a un emendamento di Riccardo Magi di +Europa ed Enrico Costa di Azione, la platea dei partiti esentati si è allargata anche ad altre forze presenti nel Parlamento uscente.

L’abbuono si applica anche «ai partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021». Con questo criterio, non dovrebbero presentare le firme nemmeno Liberi e Uguali, Italia Viva di Matteo Renzi e Coraggio Italia di Luigi Brugnaro.

L’esenzione in cui ricade Liberi e Uguali consentirà di correre senza firme alla lista federata tra Sinistra italiana ed Europa Verde, annunciata nei giorni scorsi. Questo perché, poco prima dello scioglimento delle Camere, la denominazione del gruppo parlamentare è stata cambiata in “Liberi e Uguali – Articolo 1 – Sinistra Italiana”: i trucchi del mestiere…

Salvi anche i partiti «che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale». L’esonero viene quindi esteso a +Europa, al Centro Democratico di Bruno Tabacci e ad Azione.

Infine, dal Decreto elezioni 2022 sono graziati i partiti che «abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale». È il caso di Noi con l’Italia di Maurizio Lupi.

Chi rimane fuori

Rimangono molti partiti, dentro e fuori il Parlamento, obbligati a raccogliere le firme: per esempio Italexit di Gianluigi Paragone, il Partito Comunista di Marco Rizzo, Volt Italia, la neonata Unione Popolare di De Magistris (il cartello della sinistra radicale con Rifondazione Comunista, Potere al popolo! e altre sigle), o Alternativa per l’Italia (il sodalizio tra Mario Adinolfi e l’ex leader di Casapound Simone di Stefano).

Per il movimento di Luigi Di Maio, Insieme per il futuro, il pericolo delle firme è scampato: in suo soccorso è arrivato Bruno Tabacci che – come aveva fatto nel 2018 in favore della nascente +Europa – ha concesso il simbolo di Centro Democratico. La lista che troveremo sulla scheda elettorale, frutto dell’accordo, si chiamerà Impegno Civico.

L’appello di Associazione Luca Coscioni e Eumans per la raccolta firme digitale

Di fronte a questo quadro, l’Associazione Luca Coscioni e Eumans hanno lanciato un appello al Governo e al Presidente della Repubblica per rendere le prossime elezioni più democratiche e accessibili. Come? Consentendo la presentazione di liste di candidati anche attraverso la firma digitale, come già previsto a partire dallo scorso anno per i referendum.

Marco Cappato

“Dovendo le firme essere apposte su moduli già contenenti simboli, liste di candidati e apparentamenti”, si legge nella lettera, “imporre che tali operazioni si possano compiere in pochi giorni solo su moduli cartacei e sottoscrizioni di persona avrebbe l’inevitabile effetto di ostacolare al limite dell’impossibilità materiale la raccolta delle firme e creare una palese discriminazione tra i partiti dotati di esenzione, che possono fino all’ultimo momento utile modificare simboli, candidati e apparentamenti, e partiti non esentati, i quali invece si vedono preclusa la possibilità di ricerca di candidati e di eventuali trattive con altre forze politiche”.

Arrivano le prime adesioni

Alla campagna dell’Associazione Luca Coscioni e di Eumans hanno aderito anche realtà politiche come Possibile, Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Volt Italia, Socialisti Democratici, Movimento Europeo. L’attivista Virginia Fiume, co-presidente di Eumans, ha lanciato uno sciopero della fame.

È arrivato anche l’appoggio di esponenti di partiti non direttamente toccati dal problema della raccolta delle firme, come Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani, e Riccardo Magi, presidente di +Europa. Chiunque può aderire alla mobilitazione, firmando sul sito dell’Associazione Luca Coscioni a questo link.

Cappato lancia la Lista per la Democrazia

«Da oggi, con chi vuole, si lavora alla presentazione di una lista con una sola priorità: la democrazia»: è l’appello lanciato sui social da Marco Cappato, che annuncia l’intenzione di proporre una “Lista per la democrazia” alle elezioni del 25 settembre.

In una intervista a Fanpage.it Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e co-presidente del movimento Eumans, descrive meglio il progetto di cui è portavoce: si tratterà di «una lista che ponga il problema della democrazia in Italia, come unica priorità».

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