L’Agri-fotovoltaico è l’attività che sullo stesso suolo unisce in modo sinergico la produzione agricola a quella elettrica rinnovabile, il suo sviluppo potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel costruire l’indipendenza energetica e la decarbonizzazione del Paese.

L’agricoltura italiana nel suo complesso consuma il 10% della energia elettrica nazionale, ne produce in forma rinnovabile circa il 4%. Secondo il rapporto del GSE (Gestore dei Servizi Energetici) del luglio 2021, alla fine del 2020, le imprese agricole e zootecniche avevano installato 2.5 GW (GigaWatt) di potenza fotovoltaica pari all’11% del totale fotovoltaico italiano.

Tuttavia il mondo Agro, dall’Agro-Colturale all’Agro-Pastorale, alla Zootecnia, ivi inclusa l’apicoltura, potrebbe produrre molta più energia rinnovabile, molta più di quanta ne utilizzi.

Il PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) con l’obiettivo, per la verità poco ambizioso, di raddoppiare l’attuale capacità  fotovoltaica agricola entro il 2026, dedica 1,1 miliardi di euro di investimenti alla promozione dell’Agri-fotovoltaico.

L’uso del suolo è fonte di preoccupazione

Nonostante la LEGGE 29 luglio 2021/108 definisca Agri-Fotovoltaici quegli impianti «che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli FV elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale» è proprio l’uso contemporaneo del suolo fertile ad essere, per alcuni, fonte di preoccupazioni.

Occorre evitare comportamenti speculativi e opportunistici che rendano impermeabili i terreni fertili, ostacolino la crescita della vegetazione, tolgano al  terreno tutta la sua potenzialità produttiva di cibo.

Sistemi Agro-Fotovoltaici

Utile sarebbe quindi disporre di una chiara definizione che distingua l’Agro-fotovoltaico dal classico impianto fotovoltaico collocato a terra.

Con la finalità di contribuire a una posizione condivisa, un giusto compromesso fra diverse esigenze, le associazioni Anie Rinnovabili, Elettricità Futura e Italia Solare, il 10 Marzo scorso, hanno presentato, nel documento I sistemi Agro-Fotovoltaici”,  le configurazioni impiantistiche che possono rientrare nella definizione. Si parla di sistemi elevati da terra e sistemi interfilari.

Sistemi elevati da terra

Tale configurazione permette anche di proteggere le colture dagli agenti atmosferici estremi e di creare un microclima più fresco in estate e più temperato in inverno con effetti benefici per le colture e l’allevamento. I moduli fotovoltaici sono ad un’altezza minima dal suolo pari a 2,1 metri.

Tratto dal documento. “I sistemi Agro-fotovoltaici” presentato da Anie Rinnovabili, Elettricità Futura, Italia Solare

Sistemi FV Interfilari

Le attività agricole avvengono tra filari di moduli fotovoltaici che distano 2.1 metri dal suolo.

Tratto dal documento “I sistemi Agro-fotovoltaici” presentato da Anie Rinnovabili, Elettricità Futura, Italia Solare

Requisiti

Le associazioni propongono inoltre i requisiti minimi affinché un progetto possa essere qualificato come sistema Agro-Fotovoltaico, tra cui limitare la superficie non utilizzabile ai fini AGRO a non più del  30% della “Superficie totale del progetto”, spazio che può essere utilizzato per la biodiversità. Nel sistema elevato da terra non si supera il 10%.

La possibilità di ottenere incentivi statali, ora negati agli impianti fotovoltaici, deve invece essere legata  a requisiti incrementali  tra cui: l’adozione di strumenti digitali, tecniche di risparmio idrico, tutela della biodiversità, abbandono dell’uso di pesticidi.

Ma dal mondo agricolo le posizioni sono contrastanti

«L’innovazione permette di integrare l’agricoltura e il fotovoltaico nell’agrovoltaico, rendendo possibili benefici economici per entrambi i comparti, agricolo ed energetico, e valorizzando entrambe le produzioni» ha affermato Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura, nel presentare l’iniziativa «Inoltre, gli impianti agro-fotovoltaici non sottraggono all’agricoltura nemmeno un metro quadrato di terreno, al contrario, aggiungono valore perché favoriscono l’indipendenza energetica delle imprese agricole e riducono drasticamente i costi delle loro bollette».

Per Luca D’Apote, responsabile energia di Coldiretti, l’associazione di agricoltori che più si batte contro l’uso del terreno agricolo per la produzione energetica: «I campi devono restare liberi per la produzione di cibo, a parte una piccola area, sui tetti o sui campi, che può essere usata per soddisfare le esigenze di autoconsumo dell’azienda agricola […] L’Agri-fotovoltaico a noi pare sia solo una scusa per produrre energia elettrica incentivata sui terreni agricoli coltivando due zucchine o mettendo due pecorelle sotto i pannelli».

Per Roberta Papili responsabile energia e clima di Confagricoltura, la più importante associazione agricola italiana, invece: «Noi vediamo il fotovoltaico come una grande occasione per dare reddito agli agricoltori, che oggi sono quasi tutti in gravi difficoltà economiche. Siamo convinti che dove l’agricoltura è di alta qualità e redditizia, nessuno la trasformerà mai in distese di pannelli, mentre questi possono essere di aiuto dove è più povera, magari occupando i terreni più marginali e improduttivi. Limitare l’agrivoltaico, quando fatto bene e controllato, è un’assurdità».

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