È da poco stato emanato il contestato DPCM (24 ottobre ) del Governo Conte e già si sono diffuse azioni di protesta, più o meno pacifiche, che si rifanno a gruppi o associazioni che inneggiano a un rinnovamento sociale o addirittura a un ribaltamento del sistema. Anche a Verona, recentissime manifestazioni segnalano un forte disagio rispetto alle misure previste ma, soprattutto, evidenziano come l’epidemia sia percepita come meno pericolosa della crisi economica. Insomma, una galassia di gruppi che si dichiara critica e scettica rispetto l’attuale situazione politica ed economica del paese.

Questi movimenti si condensano prevalentemente sui social e uno di questi – a mo’ di esempio – è “RESET Un’Impresa per l’Italia” che dalla sua pagina Facebook (attiva da maggio) si definisce “comitato di mobilitazione generale per promuovere il totale rinnovamento della classe politica italiana e per favorire il suo rilancio economico, culturale e sociale”. Il presidente del Comitato è Danilo Calvani, già leader del movimento dei Forconi che aveva infiammato l’Italia nel 2013. La pagina conta dai 130.009 sostenitori (la piattaforma Rousseau M5s conta, per dire, 186.663 iscritti certificati al 26/10/2020) e dai suoi post si possono già individuare alcuni elementi comuni con molti gruppi nati qualche tempo fa e che spingevano, per esempio, per un referendum finalizzato a far uscire l’Italia dall’Euro.

L’aspetto statutario colpisce per il contrasto tra la sua neutralità rispetto all’identitarietà spinta dei contenuti: gli statuti in rete mostrano un contenitore preciso nell’architettura del movimento, nella definizione dei ruoli e che addirittura prevede un contatto per la proposta dei “valori” del movimento che, a esser sinceri, sembrano oramai già ben definiti dal Comitato che gestisce la pagina social.

Qual è l’orizzonte culturale-ideale identificabile da questa pagina? Abbastanza definibile: contro il liberismo assoluto di matrice americana ma a favore di Trump; contro Papa Francesco (accusato di essere complice dei barconi) e con la nostalgia di Giovanni Paolo II; insomma, una rinascita conservatrice nel nome dei valori italici al grido di “Dio, Patria e Famiglia” e che deplora modelli di famiglia alternativi, come nella polemica contro Nichi Vendola. Quindi, il rinnovamento culturale consisterebbe nel ripristinare un orizzonte culturale da Italia risorgimentale, conservatore e anticomunista che condivide molto del manifesto di “CulturaIdentità” di Edoardo Sylos Labini (anche se Calvani nega un collegamento diretto e afferma – raggiunto da noi telefonicamente – che si tratti semplicemente di un bisogno diffuso di ripristinare i “valori nazionali”).
Poiché in fase espansiva, il movimento desidera collegarsi in un ambito europeo e alle manifestazioni antisistema, come quella in Francia contro il coprifuoco imposto dal presidente Macron quanto, ovviamente, con la manifestazione di Napoli; il posizionamento è dichiaratamente antieuropeista e antieuro.   

Collocazione? Apparentemente apolitica; continuo è il richiamo di Calvani alla Costituzione e alla protesta pacifica. Tuttavia, nonostante dichiari l’assoluta neutralità, tolto un solo post, tutti i rimanenti sono contro il Governo (cosa ovvia considerando chi sta gestendo l’epidemia) ma pure contro i sindacati (che non gestiscono alcunché); nessuno che si riferisca direttamente all’opposizione. La narrazione della realtà condivide molti temi della Destra: non è un caso che i bersagli polemici preferiti siano anche i preferiti della narrazione leghista, meglio se donne, come Bellanova, Boldrini o Boschi. Evidentemente, questi gruppi – intercettando un malessere e una paura per il ceto dei lavoratori autonomi assolutamente legittimi dopo le misure anticovid – si agganciano a una strategia politica già dei 5stelle che si sostanzia nella lotta alla casta, nel taglio degli stipendi dei parlamentari, per un sistema di voto online sul modello “tecnologico” della democrazia diretta ateniese (sul loro sito si parla di votazioni DOCC, “Decisioni Online Condivise e Certificate”), “solo che questa è vera e certificata, quelli là sono un po’ falsi” precisa Calvani. Un modello “dal basso” che contrasta, parzialmente, con una “alto” forte, vedi il rimpianto per il presidente Pertini come fustigatore dei costumi e, di contro, l’odio per “il dittatore rosso”, ovvero Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania; rimane, per fortuna, la certezza di Enrico Montesano come “maître à penser”.

Ma se le accuse sono molto precise, i colpevoli identificati e una rabbiosa pars destruens ben connotata, rimane appena abbozzata la necessaria pars construens. Ovvero, restano sospese una serie di questioni cruciali che rendono il movimento tanto interessante quanto potenzialmente sterile perché sì il PD – ovvero il nemico numero uno – e il Governo Conte sono da travolgere con un movimento di protesta di massa, ma chi dovrebbe gestire la situazione? «Noi chiediamo lo scioglimento del Parlamento perché illegittimo» così che si affermino «nuove forze politiche che sacrifichino se stesse per il paese» sostiene Calvani. «Una classe politica nuova. Tutti, anche gli altri (l’opposizione, N.d.A), non ci rappresentano proprio.»

Il Covid è una montatura della stampa asservita al Governo e le misure prese sono un tentativo volontario di far fallire il paese? «La verità è che non sappiamo più se questo Covid è vero o no, perché non crediamo più alla classe politica.»

Danilo Calvani

Il continuo richiamo ai clandestini che giungono coi barconi (26.914 ad ottobre 2020, ben più della crisi del 2018), esentati dalle norme anti-Covid e trattati con un trattamento preferenziale, lascia loro presupporre ci sia una regia per un’invasione etnica. È sempre il PD l’oscuro marionettista? O l’Europa? Soros? Calvani non ha dubbi: «l’immigrazione è un business creato dagli apparati e dal PD, uno schiavismo legalizzato e sfruttato da quelli che si fanno passare per buonisti» conclude.

Ecco dunque come, acutizzati dall’emergenza e dal fallimento oggettivo dell’azione e della narrazione del Governo Conte bis, le paure e le insicurezze vengano fuori con tutta la loro forza. C’è un ceto che vede a rischio quanto costruito finora per effetto dei DPCM (e a ragione); c’è una voglia di rivalsa, di grandeur nel sogno di un’Italia protagonista nello scacchiere internazionale; c’è il desiderio, probabilmente velleitario dopo l’esperienza M5s, di un potere gestito direttamente dal popolo; c’è l’insofferenza per uno Stato per cui non si ha più fiducia alcuna.

Pagine come questa sono sintomo di un disagio reale e di difficoltà economiche concrete, come dimostrano le manifestazioni di piazza: tuttavia, sottovalutano che le rivoluzioni è più facile cominciarle che finirle e, soprattutto, il rischio di mettere a repentaglio l’esistente per un’alternativa che, ora come ora, non esiste nemmeno come progetto.

Un’immagine largamente diffusa sui social che esprime i timori del ceto medio che si rappresenta come “figlio di un dio minore”.