Lo affermano gli scienziati del gruppo di lavoro WG2 (working Group 2) dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) in un documento pubblicato lo scorso 27 febbraio, in cui si valutano gli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi e le comunità umane e si esamina le loro vulnerabilità e capacità di adattamento.

IPCC. Rapporto WG2

«Si tratta di un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione» ha affermato il sud coreano Hoesung Lee, presidente dell’IPCC «Dimostra che il cambiamento climatico è una minaccia grave e crescente per il nostro benessere».

Questo documento segue e completa quello redatto dall’WG1 e pubblicato nell’agosto scorso dove si affermava che il riscaldamento globale sta accelerando più del previsto raggiungendo più frequentemente soglie di tolleranza critiche per l’agricoltura e la salute. A meno di riduzioni immediate, rapide e su scala globale delle emissioni di gas serra, limitare il riscaldamento della superficie della Terra a circa 1,5°C o addirittura 2°C entro il 2050, sarà un obiettivo fuori portata.

Secondo il monitor Copernicus Climate Change’ della Commissione Europea aggiornato a gennaio 2022, con le sole azioni finora messe in campo si raggiungerà il limite dei +1.5°C  fra 11 anni, nel novembre 2033. Non c’è molto tempo.

Copernicus Climate Change gennaio 2022

Piero Lionello, scienziato del CMCC (Centro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) referente italiano dell’IPCC, nella presentazione italiana del rapporto ha spiegato: «Questo report contiene capitoli dedicati a specifiche aree geografiche e copre tutto il globo individuando le criticità su scala locale. I meccanismi di adattamento  ai cambiamenti climatici sono diversi da regione a regione. Da questo derivano specifiche valutazioni economiche, stime della riduzione del prodotto interno lordo, costi e indicazioni sui danni. Ci sono aspetti peculiari sulla produzione di cibo e sulle malattie. Nello studio, con le possibilità di adattamento alle nuove condizioni climatiche, vengono individuati i rischi che non si possono evitare».

Fra le variabili più significative caratterizzanti la vulnerabilità degli ecosistemi e delle comunità il rapporto IPCC cita l’uso insostenibile degli oceani e del suolo ma anche fattori storici e sociali come l’iniquità, l’emarginazione, il colonialismo e gli attuali modelli di sviluppo. Gli scienziati sottolineano che il cambiamento climatico interagisce, mettendo a repentaglio lo sviluppo futuro, con l’uso insostenibile delle risorse naturali, la crescente urbanizzazione e le disuguaglianze sociali.

L’aumento delle ondate di caldo, della siccità e delle inondazioni stanno già superando le soglie di tolleranza di piante e animali. Eventi meteorologici estremi, a volte simultanei,  hanno conseguenze sempre più difficili da gestire ed espongono milioni di persone, soprattutto in Africa, Asia, Centro e Sud America e nell’Artico a una grave insicurezza alimentare.

Rischio climatico europeo

Per quanto riguarda l’Europa, il rapporto identifica quattro specifiche categorie di rischio:  le ondate di calore, le perdite sostanziali nella produzione agricola colpita da caldo e siccità, la scarsità di risorse idriche e la maggiore frequenza e intensità di inondazioni. In particolare nel  Sud dell’Europa il numero di giorni con insufficienti risorse idriche e siccità aumenteranno e, con un incremento della temperatura globale di 1,5 /2°C, la scarsità idrica riguarderà tra il 18% e il 54% della popolazione.

La regione mediterranea, a causa di un’elevata concentrazione della popolazione urbana, di un numero elevato di persone che vivono lungo le coste e di una forte dipendenza economica dal turismo e dalle risorse ittiche, aspetti questi ultimi minacciati dagli effetti di un riscaldamento già ora superiore alla media globale, è molto fragile. Il livello del Mar Mediterraneo nel secolo scorso è aumentato mediamente al ritmo di 1,4mm all’anno, un incremento che si è accelerato nell’ultimo periodo. Il mare invaderà pesantemente le zone costiere e l’acqua salata risalirà sempre più le foci dei fiumi inaridendo le campagne adiacenti.

L’adattamento dovrà includere necessariamente opere ingegneristiche di diversa scala oltre all’arretramento della linea di costa. Il Mose non basterà più per salvare Venezia.

La città: luogo di rischi climatici ma anche una parte della soluzione

Questo rapporto approfondisce gli impatti, i rischi climatici nelle città, dove vive più della metà della popolazione mondiale.

 «La crescente urbanizzazione e il cambiamento climatico creano insieme rischi complessi, soprattutto per quelle città che hanno sperimentato una crescita urbana mal pianificata» ha affermato Debra Roberts, docente in biogeografia urbana e autrice principale del capitolo 8 (Aree urbane). «Ma le città» prosegue «offrono anche opportunità di azioni per il clima: edifici verdi, forniture affidabili di acqua pulita ed energia rinnovabile e sistemi di trasporto sostenibili che collegano le aree urbane e rurali possono portare a una società più inclusiva e più equa».

Sono spunti di riflessione anche per Verona che, in un periodo di forte siccità e sofferenza della propria produzione agricola, dopo aver sperimentato inondazioni del centro cittadino, sapendo che la situazione potrebbe peggiorare, si appresta ad affrontare una campagna elettorale decisiva per il proprio futuro.

Al clima che cambia ci si può adattare

Per evitare una crescente perdita di vite umane, biodiversità e infrastrutture, secondo gli scienziati è necessaria un’azione ambiziosa e accelerata per adattarsi ai cambiamenti climatici, riducendo al contempo in modo rapido e profondo le emissioni di gas serra. Finora però, rileva il nuovo rapporto IPCC, i progressi in materia di adattamento non sono uniformi e il divario tra le azioni intraprese e ciò che è necessario fare è crescente.

«Gli ecosistemi sani sono più resistenti ai cambiamenti climatici e forniscono servizi vitali come cibo e acqua pulita» ha affermato il copresidente del gruppo di lavoro 2 dell’IPCC, Hans-Otto Pörtner , fisiologo e biologo marino ricercatore presso l’Alfred Wegener Institute Helmholtz Center di Bremerhaven (D) «Sono essenziali politiche coerenti di supporto e finanziamenti adeguati».

«La nostra valutazione mostra chiaramente che affrontare tutte queste diverse sfide coinvolge tutti, governi,  privati, società civile che lavorano insieme per dare priorità alla riduzione del rischio, così come all’equità e alla giustizia, nel processo decisionale e negli investimenti» ha insistito Debra Roberts che conclude: «In questo modo si possono conciliare interessi, valori e visioni del mondo differenti. Riunendo il know-how scientifico e tecnologico e il sapere indigeno e locale, le soluzioni saranno più efficaci. Il mancato raggiungimento di uno sviluppo resiliente al clima e sostenibile si tradurrà in un futuro non ottimale per le persone e la natura».

L’impegno del ministro Cingolani

Documento dell’IPCC molto importante, utile per indirizzare correttamente le decisioni politiche e programmatiche che dovrebbero far transitare il Paese fuori dall’emergenza climatica. Dovrebbe essere diffuso e spiegato a tutti i cittadini come richiesto dai rappresentanti del movimento XR (Extinction Rebellion) il 3 marzo a Roberto Cingolani, in un confronto pubblico sull’emergenza climatica .

Il ministro della transizione ecologica ha dichiarato il suo impegno in tal senso.

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