Tra le materie scientifiche, la fisica è forse quella più intuitiva e concreta, perché ci spiega fenomeni che osserviamo tutti i giorni. E, per Giulia Trabacchin, è stata la chiave di volta che le ha permesso di rispondere a tante curiosità, ma anche di viaggiare, esplorare e trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei materiali più comuni, grazie al suo PhD in ingegneria della sostenibilità.

Stem by me”. Ascolta questo episodio del podcast.

Ingegnere Trabacchin – o “ingegnera”, tanto per cominciare?

«Ammetto che è un problema che non mi sono ancora posta, visto che abito a Londra da qualche anno per ricerca e qui il termine engineer è neutro.»

E su cosa si concentra la sua ricerca, il suo percorso accademico?

«Ho appena finito un PhD in ingegneria strutturale e dei materiali sostenibili. Nella pratica, il research gap su cui si sono focalizzati i miei esperimenti riguarda le alternative più ecologiche al calcestruzzo armato – attualmente la sostanza più usata nella costruzione. Nel nostro caso, abbiamo avuto degli ottimi risultati di durabilità con una combinazione di scarti da produzione industriali e fibre di basalto per la resistenza.»

Giulia Trabacchin, sustainability engineer

Dev’essere una bella soddisfazione contribuire praticamente ad un mondo più sostenibile. Era questo il suo obiettivo o l’origine della sua passione?

«Il mio motore è sempre stata la curiosità, il voler dare risposte ai vari perché di fenomeni intorno a me. Tanto mi piaceva l’indagine, che ero sicura avrei fatto l’avvocato e infatti ero iscritta al liceo classico… E poi invece ho incontrato la fisica, che mi ha letteralmente aperto nuovi orizzonti! Approfondendo questa materia mi sembrava di avere il manuale di funzionamento del mondo.»

E venire da una formazione più umanistica non le ha dato problemi?

«Ho sempre preso le novità come delle opportunità di scoperta – certo, a fare i conti con certe materie iper tecniche, c’è poco da ridere, ma avevo davvero l’impressione di star acquisendo dei super-poteri, come fare i raggi X ai solidi o vedere le forze e le tensioni, le strette all’interno delle strutture – per me è stato entusiasmante! Ma ho anche trovato la mia soluzione per contrastare i problemi.»

Ovvero? Se ha una formula magica è il momento di condividerla!

«Ascolto le mie sensazioni, la mia “pancia”, e quando ho sentito di aver bisogno di altro, che qualche dinamica mi stava diventando stretta, ho cambiato ambiente, viaggiato e cercato periodi e opportunità di studio all’estero. Questo mi ha portato all’inizio ad Alicante, in Spagna, per la mia prima esperienza lontana da casa grazie ad un Erasmus, che mi è talmente piaciuto da replicarlo poi a Lione, in Francia, e infine qui a Londra per il dottorato di ricerca, passando anche per Wuhan in Cina. L’incontro con altre culture e prospettive è arricchente e necessario per avere sempre nuovi stimoli e punti di vista.»

E c’è un mantra che l’accompagna, una massima che la motiva particolarmente?

Whether you think you can or you can’t, you’re right

Che tu creda di farcela o meno, hai ragione

«Penso che il limite più grande ai nostri obiettivi siamo noi stessi, noi che dubitano delle nostre capacità o che abbiamo delle aspettative troppo alte o irrealistiche. Ho imparato che di fronte alle difficoltà non dobbiamo chiederci “se” ce la faremo, ma “come” possiamo fare per superare gli ostacoli.»

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