Il 27 gennaio è ogni anno una data di fondamentale importanza, una ricorrenza che racchiude in sé le mille implicazioni di quello che significa ricordare un evento storico dalla portata, anche traumatica, tale come la Shoah.

Ogni anno sono innumerevoli le iniziative che si sviluppano attorno al centro gravitazionale di questa data.

Claudio Vercelli, foto di Fcarbonara CC BY-SA 4.0

Quest’anno, l’Università degli studi di Verona ha organizzato un ciclo di conferenze per approfondire degli elementi del discorso sull’Olocausto che troppo spesso rimangono marginali.

La prima di queste conferenze, che ha avuto luogo il 21 di gennaio al Polo Santa Marta dell’università, ha visto la partecipazione dello storico Claudio Vercelli ed ha riguardato l’esperienza dei testimoni di Geova nella Germania nazista.

Presenti anche Olivia Guaraldo, delegata al Public Engagement per l’Università di Verona, per i saluti istituzionali e Giovanni Bernardini, che ha introdotto l’ospite.

La persecuzione dei testimoni di Geova

Durante la conferenza Claudio Vercelli, autore del libro “Triangoli viola – Le persecuzioni e la deportazione dei testimoni di Geova nei Lager nazisti“, ha analizzato la persecuzione nei confronti dei testimoni di Geova tracciandone l’origine e la graduale evoluzione.

Dagli atti di criminalizzazione dei primi anni trenta, fino ai numerosi internamenti nei campi di concentramento degli anni successivi.

Un’analisi importante non solo per far emergere l’esperienza di un gruppo spesso trascurato nella narrazione degli eventi dell’Olocausto, ma anche perché permette di elaborare i vari stadi evolutivi di quella che diventa in ultima istanza una persecuzione.

Passando per la frammentazione dei gruppi familiari e delle comunità religiose, attraverso le prime azioni legali contro singoli individui, fino alla sistematica trasformazione dell’intero gruppo religioso in nemico dello stato: un processo lento e graduale.

Lo storico e studioso ha esaminato la fondamentale importanza, per la sopravvivenza di ogni regime, della creazione di un nemico interno.

Una volta che il nemico è “individuato”, i cittadini stessi si sottopongono ad un rigido controllo reciproco, compiendo così un atto di auto-sorveglianza di incredibile efficacia ai fini del mantenimento dell’uniformità sociale (uniformità all’idea di razza ariana, nel caso del Terzo Reich).

La persecuzione dei testimoni di Geova si intensifica col tempo proprio per via del loro rifiuto di uniformarsi alla condotta nazista. La messa in pratica – in teoria apolitica – dei precetti religiosi, si trasforma così in un radicale atto di anticonformismo politico.

Se in molti casi infatti i perseguitati del regime sono gruppi etnico/religiosi “colpevoli” (nella narrazione del regime) di aver compiuto azioni contro la patria, nel caso dei testimoni di Geova l’origine del pregiudizio – e quindi della persecuzione – risiede invece nelle azioni che non hanno compiuto, nelle loro forme di anti-capitalismo e nel loro profondo anti-militarismo.

La conferenza, inoltre, è stata un’ottima occasione di riflettere sul concetto di memoria storica. «Una volta terminato il conflitto nel 45 – spiega Vercelli – si pone il “problema” della memoria […]. Memoria che non è tanto un dovere, quanto un diritto da conquistare».

Il diritto e il dovere di ricordare

La Giornata della Memoria infatti non è sempre esistita, ma è stata indetta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite solo nel 2005.

È stato solo con un importante shift generazionale avvenuto intorno agli anni 60 che i fatti dell’Olocausto sono stati affrontati senza omissioni. Da allora l’argomento è – per fortuna – al centro del dibattito pubblico.

Ed è proprio a questo punto della conferenza, sul finale, che emerge un’importante distinzione: il Giorno della Memoria come commemorazione delle vittime, e il Giorno della Memoria come memoria storica degli eventi.

Mentre il ricordo delle vittime è un aspetto personale, privato, il dibattito sulla storia, sulla sua analisi e sui collegamenti che si possono tracciare con il presente, è un fatto pubblico.

Oltre il rischio di un superficiale ritualismo, la Giornata della Memoria è quindi una duplice occasione.

Da un lato permette di ricordare le vittime dell’Olocausto, dall’altra di riflettere approfonditamente sulla storia, sull’evolversi dei fatti, estrapolandone i fondamentali insegnamenti che dobbiamo tenere a mente nel presente.

Due nuovi appuntamenti per ricordare

La prossima si svolgerà martedì 1 febbraio, alle 17.30.

Titolata ““Ho promesso che parlerò”. Il lungo viaggio di Edith Bruck nella memoria della Shoah“, vedrà ospite la famosa scrittrice e sopravvissuta ad Auschwitz Edith Bruck.

Per concludere, venerdì 11 febbraio dalle 17.00, si susseguiranno interventi di vari ospiti nel corso della conferenza dal titolo: “Auschwitz. Storia e memorie di rom e sinti durante la Seconda Guerra Mondiale“.

Tutte le conferenze si svolgeranno sia in presenza, presso il Polo Santa Marta dell’università di Verona, sia online (tramite YouTube).

La locandina dell’iniziativa

Per maggiori informazioni si rimanda alla pagina dedicata.

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