Maurizio Facincani da tre anni guida le sorti del Partito Democratico veronese. Uomo di grande esperienza politica iniziata sin da giovane, ai tempi del liceo, nelle fila del PCI, attraversando, sempre da militante, tutte le varie “trasformazioni” dal PDS al PD. Il 2022 lo vedrà impegnato in uno degli appuntamenti più importanti del suo mandato con l’elezione del sindaco di Verona. Lo abbiamo incontrato, per una intervista esclusiva a Heraldo, nella sua Povegliano dove dall’ottobre scorso è il nuovo vicesindaco, ruolo ricoperto anche in precedenza dal 2001 a 2005.

Facincani, quest’anno si eleggerà il sindaco di Verona. Per questo importante appuntamento avete scelto, come coalizione di centro-sinistra, Damiano Tommasi. C’è stato però un lungo tira e molla per convincerlo, durato quasi un anno. E ancora adesso non è stato presentato ai cittadini. Come mai si “viaggia” con il freno a mano tirato?

«Se si legge la vicenda con le solite lenti si rischia di vedere un’immagine sfuocata. Prima di indicare il candidato sindaco abbiamo lavorato per costituire la coalizione che lo avrebbe sostenuto. Il PD ha assunto l’iniziativa per essere punto di riferimento in questo percorso, promuovendo incontri e colloqui tra diverse forze fino alla formazione della larga coalizione che sosterrà Tommasi, che non sarà il candidato di una forza politica piuttosto che un’altra, ma il candidato di tutta la coalizione. Nessun tira e molla, quindi, ma un percorso chiaro e condiviso, anche con lui. Stabiliremo insieme tempi e modi per la presentazione.»

Il silenzio perenne di Tommasi sui principali temi amministrativi spegne gli entusiasmi dei militanti del centrosinistra. Non le pare?

«Non condivido questa valutazione. Se un candidato si candida alla guida di una coalizione è giusto che prima siano condivise le idee programmatiche tra tutte le forze che la compongono e il candidato stesso. Stiamo lavorando su questo tutti insieme da qualche settimana. Strano che il centrosinistra sia bersaglio di critiche sempre: se prima trova un candidato sindaco e poi fa il programma sbaglia, se fa il contrario pure. Tommasi sorprenderà molti, soprattutto quanti, sbagliando, pensano che sappia solo di calcio. È vero, dalla sua esperienza professionale di alto livello sa cosa significa fare il capitano di una squadra, ma sa anche che da soli non si vincono partite e che per vincere tutti debbono dare il massimo. Anche in politica. Damiano ha esperienza di gestione dei problemi ad alti livelli, è un imprenditore che non rinuncia ai suoi ideali, con una visione chiara di Verona com’è e non di come viene rappresentata. E vuole consentirle di crescere e progredire con idee innovative.»

Ci sarà una vicesindaca?

«La parità di genere è un tema molto caro al PD ma anche a Damiano Tommasi che ha più volte espresso le sue idee in proposito sottolineando che se al tavolo c’è un solo genere rappresentato al progetto manca un punto di vista importante. Sono d’accordo con lui. Di ruoli parleremo più avanti.»

Il centrodestra si sta dividendo in tanti candidati per Palazzo Barbieri. Esiste quindi la possibilità concreta di andare al ballottaggio, ma per vincere bisognerà fare degli accordi con qualcuno di loro. Non crede che questa sia una soluzione molto pericolosa in caso di vittoria per la tenuta di una futura amministrazione?

«E chi ha detto che si dovranno fare accordi con pezzi del centro destra al ballottaggio? La nostra coalizione si presenta unita e alternativa a chi ha amministrato Verona negli ultimi 15 anni, non solo nelle formule politiche ma soprattutto per l’idea di città che vogliamo mettere in campo. Il ballottaggio è un confronto tra i due candidati sindaco che ottengono il miglior risultato, i consiglieri si eleggono al primo turno e le liste si confrontano in quella fase. La nostra proposta amministrativa, interpretata da Damiano Tommasi, dovrà essere attrattiva anche verso l’ampia area di veronesi che nel 2017 ha scelto di non votare al ballottaggio, e sono stati molti.»

Maurizio Faccincani

Tre proposte, fattibili, per cambiare Verona che il PD sosterrà con forza nella prossima campagna elettorale…

«Difficile limitarsi a tre, ci provo. Cambiare rotta sulle trasformazioni urbanistiche ed edilizie con una forte discontinuità rispetto a quanto fatto finora. Quindi un governo del territorio reale, che evidenzi il protagonismo dell’Amministrazione fino ad oggi succube dei privati, formato da un rinnovato piano urbanistico in grado di fornire una nuova visione coerente con gli obiettivi europei di sostenibilità, per una città rigenerata, inclusiva, accessibile, vivibile e con un piano di interventi sul patrimonio immobiliare destinato a soddisfare le esigenze abitative delle fasce deboli (Agec e Ater). Occorre poi investire sul decentramento e la progettazione partecipata, potenziando le circoscrizioni attraverso un ripensamento delle competenze e attribuendo loro maggiori risorse. Continuando, serve realizzare un unico sistema dei parchi e un piano del verde da non lasciare sulla carta, con tutte le aree verdi collegate fra di loro da una rete di percorsi pedonali e ciclabili in sicurezza, gestite da un unico ente. Ma anche investendo sulla sicurezza con il vigile di quartiere e più videosorveglianza, sulla scuola per ridurre le disuguaglianze migliorando le condizioni degli edifici scolastici e l’interazione tra scuole a quartieri, sulla cultura con la Card del cittadino che consenta di usufruire ampiamente dell’offerta culturale veronese.»

Verona città turistica che sta però perdendo da tempo il focus sui suoi cittadini, tanto che ormai il centro si sta progressivamente disabitando e si continua a costruire fuori nonostante l’evidente crisi demografica. I quartieri periferici però risultano sempre più abbandonati. Che fare per invertire la rotta?

«Su quartieri e periferie metteremo una particolare attenzione perché riteniamo strategico per la nuova idea di città che abbiamo rivitalizzarli, partendo da quelli periferici, progettando e creando le condizioni strutturali, ambientali e culturali per favorire occasioni di incontro finalizzate a ricostruire un tessuto sociale che trasmetta appartenenza, sicurezza, inclusività. Il centro storico ha certamente caratteristiche peculiari, ma il nostro obiettivo è di renderlo nuovamente vivibile e appetibile anche alla residenzialità. Bisogna intervenire sul traffico, sulla velocità dei veicoli, sui parcheggi, contemperando le esigenze di albergatori e ristoratori con quelle degli abitanti. Una città viva e sicura è una città in cui le persone risiedono e possono relazionarsi tra loro.»

Parliamo del partito. Le correnti interne: un bene o un male necessario? Le chiedo questo perché l’impressione dall’esterno e che ognuna vada per conto proprio indebolendo l’unità del partito stesso…

«Strano che lo si dica adesso, un momento in cui prevale a tutti i livelli lo spirito unitario. Io stesso sono stato eletto a seguito di un accordo unitario, che cerco nel mio operato di onorare. Le correnti se diventano un partito nel partito sono evidentemente un male, ma avere un luogo in cui si formano proposte da condividere poi col resto del partito, con modalità orientate ad arricchire il dibattito e che contribuiscano a formare un gruppo dirigente plurale per me è importante. L’unità non è unanimismo, non mi sentirei a mio agio in un partito con un pensiero unico, non sarebbe democratico. La democrazia è un esercizio difficile, va conquistata e difesa ogni giorno, non può essere data per scontata.»

Se si vuole vincere alle amministrative nei comuni veronesi occorre ovunque guardare al centro-destra e talvolta a destra. Che fine ha fatto la sinistra nel veronese? Perché non è più attraente?

«La crisi della sinistra non è un fatto solo veronese. È un fatto invece che la sola forza organizzata non di centrodestra veramente presente in provincia è il PD. La sinistra, se vuole riconquistare consensi, deve mettere al centro della sua azione la questione sociale e vedere chi ci sta ad affrontarla, deve essere punto di rifermento per tutti coloro che si battono nella lotta alle disuguaglianze. A livello locale dobbiamo fare i conti con le paure generate dalla insicurezza causata prima dalla crisi economica e ora dalla pandemia. Chi ha paura si chiude in sé stesso e vede gli altri come nemici, difficile far passare il concetto che non si vuol lasciare indietro nessuno se prevale l’idea che prima vengo io e poi gli altri. Il centrodestra fa leva su queste paure ed ottiene consensi; dove noi riusciamo a vincere lavoriamo in direzione contraria privilegiando i servizi alle opere pubbliche, che se servono vanno fatte. Prendo ispirazione da Don Milani per cercare di spiegarmi meglio: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia.” Noi agiamo in questa direzione, se dobbiamo fare coalizioni “strane” per arrivarci, il discrimine è il programma.»

Il 2021 è stato un anno nero per i troppi morti sul lavoro. In che modo il PD veronese si sta muovendo affinché questa piaga finisca?

«I lavoratori hanno diritto di lavorare in condizioni di sicurezza e di poter tornare a casa integri fisicamente e moralmente. Il governo, grazie all’azione del ministro Orlando, sta facendo un buon lavoro su questo versante. Ho detto che anche il PD se ne deve occupare con maggior impegno. Ho proposto al nostro gruppo consigliare regionale di dar vita ad una campagna di ascolto dei lavoratori, dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Per ottenere risultati concreti occorre avere una strategia, competenze, personale adeguatamente formato. Ad ogni occasione ricordo che occorre andare all’origine del problema delle morti cosiddette bianche rendendo capillare la rete che porta formazione e controlli a tutte le aziende, anche le più piccole, condividendo questi obiettivi con i sindacati e sottolineandolo anche alle associazioni imprenditoriali con le quali mi confronto.»

La lotta ai cambiamenti climatici, che vede i giovani battersi con grande forza ed entusiasmo, non vede, invece, il suo partito tra quelli impegnati in prima fila su questa emergenza. A Verona poi nessuna grande azione è stata intrapresa su questa emergenza…

«Dissento da questa affermazione. Il PD è stato il partito che in Europa si è adoperato perché sia approvato il programma Next Generation EU, con la destinazione del 40 per cento delle risorse proprio alla transizione ecologica. Il nostro impegno nel contrasto ai cambiamenti climatici è accompagnato dall’attenzione ad evitare che i costi della transizione ecologica pesino sulle persone più fragili e ci adoperiamo affinché il rilancio non passi da politiche dannose per l’ambiente. Il PNRR mette a disposizione risorse per migliorare l’efficienza energetica dei nostri edifici pubblici e privati anche attraverso la proroga del Superbonus. Il mio partito è impegnato per la tutela della biodiversità, a partire dai nostri parchi e per la promozione di politiche di forestazione urbana per combattere l’inquinamento, oltre a far si che nel nostro Paese si faccia economia circolare in tutti i settori produttivi, dall’edilizia alla gestione dei rifiuti. Non è un caso se chiediamo importanti investimenti nella formazione di competenze green nella pubblica amministrazione e nel rafforzamento delle agenzie ambientali per accompagnare i processi di sviluppo dell’economia verde e una nuova stagione di investimenti pubblici in settori strategici come la mobilità sostenibile e il settore idrico. Quando governeremo la città dovremo essere conseguenti e destinare risorse a queste azioni come alla prevenzione in materia di dissesto idrogeologico. Dall’opposizione lo possiamo chiedere, chi amministra ha il dovere di farlo. Perché non si chiede mai conto al centrodestra di cosa fa di concreto, visto che governa la città da 15 anni e la regione da molto più tempo?»

Faccincani in compagnia del Ministro Orlando

Orlando, Zingaretti, Letta. Il suo segretario ideale?

«Più o meno direttamente ho votato per tutti e tre: Orlando quando si è candidato contro Renzi, Zingaretti nel 2019 e Letta quando era in ticket con Bersani. Per affinità ideali e di pensiero apprezzo molto Andrea Orlando, ma ora il mio segretario è Enrico Letta e farò quanto mi è possibile per sostenerlo. Resto convinto che non abbiamo bisogno di un uomo solo al comando, ma di un segretario che sappia fare squadra e che sappia valorizzare i talenti che il partito esprime.»

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