Il “Rapporto sulla povertà in Italia” di Caritas Italiana arriva in un momento cruciale della vita del nostro Paese, ancora alle prese con la persistenza di un’emergenza sanitaria che ha colpito duramente il tessuto sociale ed economico. Il documento è consultabile nel sito di Caritas Italiana.

Recessione anomala e sconvolgente

Secondo gli esperti, quella del 2020 non può dirsi una recessione “classica”. Ci sono delle differenze sostanziali:

– una “doppia vulnerabilità”: cioè una crisi sanitaria sovrapposta ad una crisi economico-sociale, che hanno messo a dura prova molte aree del Nord Italia (specialmente nella prima fase) dove si sono registrati, al contempo, alti tassi di mortalità e importanti perdite di reddito.

l’imprevedibilità: molti lavoratori, dall’oggi al domani, si sono trovati improvvisamente senza fonti di reddito e senza protezione sociale (tra loro soprattutto lavoratori autonomi, piccoli commercianti, precari, stagionali, tutte categorie poco protette dal nostro sistema di ammortizzatori sociali).

– la questione di genere: la pandemia ha penalizzato soprattutto le donne da più punti di vista. Secondo l’ultimo rapporto del Word Economic Forum (WEF), Global Gender Gap Report 2021, la crisi sanitaria ha di fatto fortemente rallentato a livello globale i progressi verso l’uguaglianza tra uomini e donne.

Si allungano così i tempi stimati per il raggiungimento della parità a livello mondiale: per colmare i divari uomo-donna serviranno ancora 135,6 anni, a fronte dei 99,5 previsti solo un anno fa.

l’urto sul sistema scolastico: con la chiusura straordinaria della scuola per gran parte del 2020 e del 2021 si è di fatto bloccato quello che può essere definito il principale strumento di mobilità sociale, alimentando così forti disparità tra ragazzi.

Ad esempio tra coloro che potevano contare su dispositivi per la didattica a distanza (oltre che di spazi adeguati) e coloro che, al contrario, si trovavano in condizione di deprivazione e disagio sociale. Come anche tra bambini e ragazzi con livelli di competenze e di preparazione diversi. Si sono di fatto rafforzate così molte situazioni di deficit e ritardi preesistenti.

I numeri in Italia

In Italia si contano oltre 1milione di poveri assoluti in più rispetto al prepandemia, arrivando al valore record di persone in stato di povertà assoluta: 5,6 milioni (pari a 2milioni di nuclei familiari). L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%), anche se la crescita più ampia, registrata da un anno all’altro, si colloca nelle regioni del Nord (dal 5,8% al 7,6%).

Minori e Giovani

Secondo i dati, negli ultimi dodici mesi si è rafforzato lo svantaggio di minori e giovani under 34: l’incidenza maggiore si è registrata proprio tra bambini e ragazzi under 18 (13,5%), a fronte di un’incidenza del 5,4% per le persone over 65.

In valore assoluto oggi in Italia si contano 1 milione 337mila minori che non hanno l’indispensabile per condurre una vita quotidiana dignitosa. Tra i minori sono soprattutto ragazzi e adolescenti a sperimentare le maggiori criticità, in particolare le fasce 7-13 anni e 14-17 anni.

Va ricordato inoltre che l’Italia attualmente, è il Paese dell’UE con il più alto tasso di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (NEET): oltre 2 milioni.

Previsioni per il 2021

Grazie alle sedi sparse in tutto il territorio italiano (per un totale di 6.780 centri di servizio), il Rapporto riesce ad anticipare una fotografia che raffigura i primi otto mesi dell’anno (gennaio-agosto). Queste le percezioni:

  • cresce del 7,6% il numero di persone assistite rispetto al 2020;
  • nel post pandemia torna a calare l’incidenza dei nuovi poveri che costituiscono il 37,0% del totale. Il dato, se confermato, tornerebbe ad allinearsi a quello degli anni del pre-Covid-19;
  • le persone incontrate per la prima volta nell’anno dell’emergenza sanitaria (2020) ancora in uno stato di bisogno costituiscono il 16,1% degli assistiti;
  • sale la quota di chi vive forme di povertà croniche (27,7%); più di una persona su quattro è accompagnata da lungo tempo e con regolarità dal circuito delle Caritas diocesane e parrocchiali;
  • preoccupa anche la situazione dei poveri “intermittenti” (19,2%), che oscillano tra il “dentro- fuori” la condizione di bisogno, collocandosi a volte appena al di sopra della soglia di povertà e che appaiono in qualche modo in balia degli eventi.

Usura e mafie

La pandemia ha reso ancora più inclinato il piano sul quale da tempo vediamo scivolare i più fragili. Quelli che sono andati ad ingrossare le fila degli ultimi sono proprio quelli che, dopo la crisi economica del decennio precedente, avevano trovato rifugio nell’economia informale; oppure che, pur avendo un lavoro, percepivano stipendi appena sufficienti ed infine quote consistenti di ceto medio che sono precipitate verso il basso, non avendo retto ai ripetuti lockdown.

In questo quadro, il rischio di cadere nella trappola del sovra indebitamento e di una recrudescenza dell’usura è stato sollevato da più parti.

Nei mesi scorsi ha destato particolare preoccupazione il rischio di una possibile saldatura tra disagio sociale e criminalità organizzata. Per la mafia, prestare denaro tramite l’usura permette di riciclare ingenti somme di denaro sporco, trasformando le attività commerciali in vere e proprie lavanderie.

Questo, di conseguenza, consente alle organizzazioni mafiose di raggiungere un duplice obiettivo: immettere fiumi di denaro sporco nell’economia pulita, e impiantarsi in modo silenzioso e senza dare nell’occhio in territori del Paese ancora nuovi all’aggressione mafiosa, soprattutto al Nord.

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