C’è un tema che ricorre sempre più spesso a livello mondiale ed è la salvaguardia della biodiversità vegetale e animale.

Attualmente, sottolinea l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), la biodiversità si riduce a un ritmo da cento a mille volte più elevato rispetto al ritmo “naturale”. Questo fa ritenere che siamo di fronte a un’estinzione delle specie superiore a quella che la Terra ha vissuto negli ultimi 65 milioni di anni, persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri.

Serve quindi un impegno forte da parte degli Stati per la sua tutela, ma anche dei singoli perché se è vero, come dicono gli esperti, che la lotta ai cambiamenti climatici è una priorità globale che ha bisogno degli interventi dei vari governi, la salvaguardia delle specie vegetali e animali può essere efficacemente realizzate anche su scala locale e per la buona volontà delle singole persone.

Giovanni Onore

Questo è certamente il caso di Giovanni Onore, 80 anni, frate marianista di Costigliole d’Asti, laureato in Scienze agrarie all’Università di Torino, che da quarant’anni opera in Ecuador dove ha dato vita nel 1997 alla Fondazione Otonga che ha come scopo quello di difendere la foresta posta sulle pendici occidentali della catena andina dalla distruzione e ne contempo preservare il grande patrimonio di biodiversità vegetale e animale presente. 

Onore, perché è importante Otonga per la biodiversità?

«La Fondazione Otonga gestisce quattro foreste in Ecuador che si estendono su una superficie di circa 2500 ettari ai quali presto se ne aggiungeranno altri 30. Essendo poste su livelli diversi delle Ande ecuadoriane, dai 600 ai 2000 metri sul livello del mare, sono ricche di biodiversità. Tanto per fare alcuni esempi, solo nell’Ecuador continentale, ricordo che le isole Galapagos appartengono all’Ecuador, vi sono più di 4mila specie di orchidee, oltre 1650 di uccelli e 650 di rane. Otonga nel tempo è diventata anche il punto di riferimento per molti studiosi italiani, americani, francesi, giapponesi per spedizioni e ricerche nelle foreste amazzoniche. È il posto del mondo più conosciuto e studiato per chi si interessa di formiche, serpenti e rane.»

Un paradiso naturale costruito in che modo?

«La storia di Otonga è come un racconto di Natale.  Un giorno un ospite con la testa nelle nuvole e un pizzico di utopia come sono i veri biologi mi ha accompagnato nella foresta e, di fronte a tante bellezze naturali, mi ha chiesto come si poteva preservare quel tesoro e impedirne la distruzione da parte dei contadini assetati di terra e desiderosi di trasformare quella “terra incolta” in verdi praterie. Con semplicità ho spontaneamente risposto: comprala e così sarà protetta per sempre. Non pensavo alle conseguenze! Il nostro ospite sognatore è ritornato a casa e mi ha mandato la prima rimessa, in vecchie lire, per effettuare la compera. Trasformai la somma in altrettanti ettari. Poi venne una ulteriore donazione per comprare più foreste. Al primo donatore si unirono anche alcune imprese, tra cui la Valcucine di Pordenone, dirette da industriali lungimiranti. Mi fu persino attribuito un premio letterario: il premio Gambrinus. Non è che io sia uno scrittore ma accadde che il noto alpinista Reinhold Messner per una ragione a me sconosciuta non venne a ritirare il premio e questo fu devoluto al progetto Otonga per la conservazione delle foreste.»

Iochroma fuchsioides (Bonpl.) Miers

Tutto bello quindi…

«Veramente non avevo lontanamente immaginato i grattacapi di questa impresa: avvocati, notai, impiegati del catasto, agrimensori… Tanti problemi che ho affrontato con serenità e perseveranza. Confesso anche che intravedo tante difficoltà: dalla burocrazia sino al legnaiolo che nottetempo sottrae un albero alla foresta Otonga. Quello che mi preoccupa di più è il futuro. Tanti bambini dell’Ecuador non hanno accesso all’educazione o, dopo avere finito le elementari, non continuano gli studi. In futuro, diventati uomini, per sopravvivere potrebbero essere una minaccia per la foresta Otonga. Ecco, quindi, una nuova idea: dare loro delle borse di studio per coinvolgerli nei progetti di conservazione della Natura. Quei bambini con gli studi avranno un’alternativa di lavoro e invece di essere boscaioli mi aiuteranno a conservare le foreste e la biodiversità. La Fondazione Otonga ha messo in piedi un progetto di adozione a distanza che aiuta centinaia di bambini negli studi. I risultati sono spettacolari: uno di loro è diventato scultore e ha persino fatto una statua di una santa ecuadoriana in marmo per la cattedrale di San Pietro e in un altra occasione, ha anche immortalato nel marmo un albero di Otonga.»

L’uomo è sempre il primo a fare dei danni e la foresta amazzonica lo sa bene. Otonga rimane una oasi o fa gola a qualcuno?

«Il problema della deforestazione dell’Amazzonia è simile a quanto sta succedendo nel resto del mondo. L’uomo ha sete di materie prime e di aree agricole e le grandi imprese spesso non osano stare in prima linea per distruggere le foreste e accaparrarsele. Una delle strategie più comuni è quella di finanziare migliaia di piccoli contadini attraverso dei prestiti utilizzando come garanzia la stessa terra. Quando i contadini hanno abbattuto le foreste e iniziato lo sfruttamento agricolo non sono più in grado di rimborsare il prestito e le terre rimangono di proprietà delle imprese finanziatrici. Le foreste di Otonga sono situate sulle pendici occidentali delle Ande e in queste zone i terreni non sono facilmente coltivabili a causa della loro inclinazione che non permette la meccanizzazione; normalmente sono adibiti a pascolo. Per difendere queste foreste sovente devo ricorrere a chilometri di filo spinato per tenere lontano le mandrie di bovini. In alcuni casi le proprietà dei miei vicini sono state pignorate dalle banche e vendute a delle grosse aziende che praticano allevamento di bovini.»

Farfalla Evenus regalis

Anche i cambiamenti climatici giocano un ruolo importante nella scomparsa della biodiversità…

«Il mondo sta prendendo coscienza dei cambiamenti climatici che sono accelerati dalle attività umane. In Ecuador i grandi ghiacciai che ricoprono le cime delle Ande si stanno ritirando e i fenomeni climatici si accentuano: le zone più secche si desertificano rapidamente e le zone piovose si stanno inondando sempre di più. Le coste oceaniche prima protette da dense foreste di mangrovie sono state deforestate per far posto ad allevamenti di gamberetti destinati all’esportazione. L’innalzamento del livello del mare e le onde stanno erodendo le spiagge con una enorme perdita di biodiversità. Come entomologo utilizzo gli insetti come dei termometri per misurare il grado di riscaldamento degli ambienti in cui vivono. Durante le mie ricerche sulle Ande ho trovato che alcuni di essi vivevano tra 2000 e 2300 metri d’altezza; ora si sono spostati a 2800 metri e poi andranno ancora più in su, ma a un certo punto, se continuando la loro scalata raggiungeranno le cime delle montagne si estingueranno. Recentemente ho rinvenuto a duemila metri nella foresta Otonga, la rana Rhinella marina che prima viveva sotto i mille metri!»

Papa Francesco con l’Enciclica Laudato sì ha dato una linea chiara sull’importanza di salvaguardare la biodiversità se si vuole salvare il pianeta. A seguito di questo vi è stato un impegno forte della chiesa sudamericana in difesa della Natura?

«Come missionario sono orgoglioso di Papa Francesco che attraverso la sua l’Enciclica Laudato sì ha comandato a tutti i cristiani di impegnarsi a custodire la Pachamama, il piccolo paradiso terrestre che Dio ci ha dato per vivere e per allevare i nostri figli. Il Papa è un grande conoscitore delle problematiche dell’Amazzonia perché durante le sue attività pastorali ha avuto modo di entrare in contatto con i poveri e le grandi imprese che hanno accaparrato le terre dei campesinos. Per questa ragione alcuni lo vedono come un pericolo per le sue tendenze politiche di sinistra. La chiesa poi è fatta di uomini insieme a tanti missionari che lottano unitamente al popolo e vi sono anche altre autorità ecclesiastiche più tradizionaliste che non condividono l’impegno di Papa Francesco nella protezione della natura.»

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