Tra gli assessori della giunta Sboarina sta andando molto in voga un gioco che si potrebbe chiamare “Lega libera tutti”. Chi ha qualche capello grigio come me da bambino avrà sicuramente giocato a “darsela” e saprà che una delle regole prevedeva la possibilità di rifugiarsi in una “casa” per essere toccati.

Filippo Rando

Ebbene nella giunta di Verona questo posto si chiama “Lega”. Infatti da un po’ di tempo a questa parte il gruppo dell’ormai ex movimento identitario del nord Italia diventato nazionalpatriottardo funge da “casa” per tutti gli assessori che, in procinto di essere trombati, si mettono sotto la panza protettrice del leader dei sovranisti: capitan Salvini. Il primo a sdoganare i giochi di strada nell’arena politica locale è stato l’assessore allo sport, già noto per esser stato la spalla televisiva del celebre DJ Bifido, Filippo Rando, detto “Pippo”. L’assessore, in rotta di collisione con la lista civica “Verona Domani”, a cui apparteneva e che voleva esautorarlo, ha chiamato “Casa!” mettendosi nella “safety zone” del gruppo della Lega. Così zitto zitto, quatto quatto (soprattutto “zitto zitto”, a dire il vero) il nostro assessore si è blindato almeno fino a scadenza di questa amministrazione.

Pochi giorni fa poi è stata la volta di Edi Maria Neri, l’assessore al patrimonio entrata in giunta in quota del movimento civico dell’avvocato Croce, “Verona Pulita” e nota per una dichiarazione dei redditi da Paese dell’Africa subsahariana sulla quale non si è mai dilungata in noiose spiegazioni (la nostra ha pure la delega alla “trasparenza”, eh? Mica all’”Esoterismo e politiche ermetiche”, giusto per ricordare che prima delle elezioni c’era chi aveva evocato l’immagine del comune come “casa di vetro” dove tutti potessero guardare). Dopo l’uscita di “Verona Pulita” dalla maggioranza di Palazzo Barbieri lo scranno dell’assessore era guardato con estrema cupidigia da più di un movimento che aveva sostenuto il sindaco Sboarina e che si sentiva sottorappresentato in giunta. Chi meglio di un assessore senza gruppo può essere sacrificato alle logiche degli equilibri di giunta? E invece la nostra Edi Maria chiama “Casa!” e raggiunge il Pippo Rando sotto la panza di capitan Salvini… sparigliando le carte di pensava di investire sul suo posto in giunta e portando complessivamente a 5 il numero di assessori in quota Lega all’interno dell’amministrazione veronese, ovvero il 50%. 

Ora per Federico Sboarina si aprono degli scenari assai intriganti. La Lega (non più nord) ha contribuito alla sua affermazione con il bottino, invero modesto, di 9.726 voti, appena l’8,86% e per di più in calo dalle precedenti amministrative del 2012 dove ne aveva raccolti 13.065, il 10,72% – ma si può pensare che il “fattore Tosi”, all’epoca ancora facente parte della Lega, abbia inciso pesantemente –. Del resto i cavalli di razza che la Lega ha fatto correre a Verona saranno pure di razza, ma per velocità a catturare le preferenze sembrano più un altro genere di quadrupede assai meno nobile. Tipo le tartarughe. 

Lorenzo Fontana

La Lega a Verona ha candidato uno dei suoi due vicesegretari, Lorenzo Fontana, il quale pur forte del suo incarico nazionale e di anni passati sugli scranni del parlamento europeo non ha trovato più di 579 persone disposte a scrivere il suo nome sulla scheda elettorale. Ci sono consiglieri di minoranza che senza aver assommato a sé tutte le cariche dell’ex ministro hanno preso il doppio dei suoi voti, per dare un’idea.

Vito Comencini

Un altro astro nascente del salvinismo veronese è il consigliere Vito Comencini che è anche parlamentare con una passione per l’area del Donbass – dovuta probabilmente all’assonanza che essa ha con il Basson, ovvero la sua contrada di origine posta nell’ovest del territorio comunale –, celebre per un video elettorale che pareva lo spot di un caseificio. Ha ottenuto circa 250 preferenze. Giusto per dare qualche peso concreto.

Insomma la Lega sarà anche un partito egemone di destra, ma pare che abbia qualche problemino con le preferenze. Chissà come mai. E ciò potrebbe spiegare la ritrosia del movimento ad accettare nelle sue fila recordman di preferenze che farebbero carte false per accasarsi nella “casa!” più amata dagli Italiani (parafrasando il jingle un celebre spot della conduttrice patriota Lorella Cuccarini), ma che sarebbero sgraditi all’establishment (ex) padano perché potrebbero insidiarne le posizioni in competizioni elettorali nominative. Così il movimento patriota, seppur con un modesto bottino di preferenze, si trova a essere egemone nella giunta veronese, con tutti i problemi annessi e connessi, tipo la sottorappresentanza di un movimento come “Verona Domani”, che ha dato un contributo assai importante all’affermazione del sindaco Sboarina in termini di voti raccolti, ma che non ha alcuna posizione nelle giunta.

Quindi per il sindaco la leniniana domanda “Che fare?” tornerà presto di estrema attualità, se vorrà rendere meno accidentata la navigazione della sua maggioranza che a urne chiuse doveva viaggiare sull’olio, ma che pare stia risentendo di diverse increspature delle acque della politica cittadina. Increspature, v’è da dire, che in parte sono ascrivibili alla responsabilità dello stesso sindaco, almeno nella misura in cui fino a oggi non ha sciolto definitamente le ambiguità su una sua possibile ricandidatura alla scadenza del suo mandato, avendo dichiarato fin dalla campagna elettorale che, qualora eletto, la sua esperienza si sarebbe limitata a un solo mandato. Ma in tal modo implicitamente legittimando le forze politiche che lo sostengono a cercare di individuare possibili candidati per le elezioni amministrative di Verona 2022. Condizione, questa, – lo capisce pure chi non è un teorico della politica – che rende oggettivamente fragile la figura del primo cittadino.