Inventare un festival che non c’era in una fase così provante per il settore culturale per Elisabetta Garilli non è solo una scommessa, ma un’urgenza. “Librorchestra” nasce a Verona ma è un progetto itinerante, avviato ieri pomeriggio in Sala Farinati della Biblioteca Civica, per poi proseguire oggi, 17 luglio alle 21.15 nel cortile di Santa Teresa, e dirigersi subito dopo a Bergamo, Milano, Mestre, per un totale di dodici eventi in cartellone.

Il primo Festival itinerante di musica da leggere è un percorso inedito dedicato non solo ai bambini, ma alle loro famiglie e agli insegnanti e ha per obiettivo il proporre un’alternativa stimolante e creativa che arricchisca piccoli e grandi, di fronte a un trasversale impoverimento culturale ed educativo. I dati Eurostat riportano che nel 2019 il 13,5% dei residenti in Italia tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola con solo la licenza media, una delle quote più alte in Europa, mentre gli studenti stranieri che abbandonano prima gli studi sono il 36,5% rispetto all’11,3% degli italiani, a riprova che l’integrazione ha un ruolo determinante nella vita delle persone provenienti da altri Paesi.

Musica come chiave di inclusione sociale

E la musica a scuola è perfetta per favorire il coinvolgimento di bambini e bambine con difficoltà linguistiche e che hanno, a loro volta, un patrimonio emotivo e culturale da esprimere.

«La classe è una società con una propria comunicazione e la musica è potentissima per i processi di inclusione – afferma Elisabetta Garilli, direttrice artistica di Librorchestra ed esperta in didattica musicale -. Oltre ad essere patrimonio universale, è una lingua necessaria che insegna l’ascolto, la comprensione, la relazione e a creare intersezioni di pensiero. Uno strumento immenso per la formazione della persona.»

L’apertura del festival “Librorchestra” alla Biblioteca Civica di Verona, ieri pomeriggio in Sala Farinati, foto di Gino Crobu.

La rassegna, che proseguirà fino al 31 luglio, ha coinvolto, oltre agli sponsor Bper Banca e Schwabe Pharma Italia, il Comune di Verona e come partner artistico il Palazzetto Bru Zane di Venezia, che promuove la conoscenza del patrimonio francese dell’Ottocento, includendo la musica da camera, lirica e sinfonica, accanto alla chanson, l’opéra-comique e l’operetta.  

Dal silenzio del lockdown alla comunità educante

Dopo una stagione sospesa, in cui il silenzio è stato un lungo intermezzo denso di significato per chi vive di musica e la promuove nelle scuole, comunità particolarmente colpita e sfasata dalle restrizioni causate dalla pandemia, Garilli ha pensato di mettersi in viaggio.

«Con i soci dell’atelier (in tutto quattro artisti, attivi in progetti di divulgazione culturale, nda) abbiamo riflettuto su quanto stesse cambiando durante i lunghi mesi di sospensione – continua Garilli -. Nell’attesa che tutto tornasse come prima, abbiamo capito che invece stava accadendo qualcosa senza ritorno, se non avessimo provato a intervenire. Noi stessi abbiamo proposto una didattica mediata dalla tecnologia: anche davanti a uno schermo si può trasmettere qualcosa della propria essenza, però quel silenzio mentre registri, sei solo, senza relazione con il pubblico manca quel respiro costante, di scambio.

La direttrice artistica Elisabetta Garilli davanti al manifesto del festival.

La prima volta che ho sentito di nuovo un applauso è stato all’inizio di uno spettacolo a Vicenza ed è stata un’emozione profonda. E ricordo un bambino di 5-6 anni che con un gesto indusse il papà a spegnere il telefonino, perché avrebbe disturbato. Aveva colto i nostri pensieri con quella manina che sembrava dire “adesso basta”. E mi sono chiesta quanti piccoli, messi davanti a un tablet o a uno smartphone per farli stare tranquilli, sono stati nutriti in questi lunghi mesi in questo modo. È una linea sottile, tra l’altro credo che se amassimo i bambini come fossero nostri figli, molte cose andrebbero meglio.»

Un riferimento a quella “comunità educante” che è al centro degli obiettivi sia del lavoro didattico dell’atelier, sia di Librorchestra. «È il tema al centro del progetto – continua Garilli -. «C’è un grande bisogno che questa comunità di adulti, fatta non solo di famiglie e scuola, torni a fare innamorare i bambini delle parole, del loro suono, della loro musicalità. Non c’è società civile, inclusiva, senza una pedagogia della parola e dell’ascolto, tanto più potente quanto più permeata da un dialogo con e tra tutte le arti, visive e performative. Anche per questo abbiamo scelto di muoverci in territori che praticano delle strade possibili, in cui le biblioteche e soprattutto i bibliotecari sono molto attivi.»

“Il suono che legge” e l’omaggio a Rodari

Il suono che legge” è ciò cui si assiste in questa singolare tournée: danza, narrazione, musica grazie all’ensemble Garilli Sound Project, composto oltre a Elisabetta da Gianluca Gozzi, Giulia Carli, Serena Abagnato, e altri artisti collaboratori. Una realtà cittadina che nella rassegna Ristori Educational dell’omonimo teatro conta oltre 70mila presenze. Lo spettacolo guida è “Tinotino, Tinotina, Tinotintintin“, vincitore del Premio Rodari – Città di Omegna nel 2018, per la forza comunicativa e la capacità di avvicinare alla musica e alla cultura. Durante l’esibizione, l’illustratrice Emanuela Bussolati realizzerà delle immagini in tempo reale.

«Ci inseriamo nell’iniziativa dei 100 anni +1 dalla nascita di Gianni Rodari, perché la sua opera è unione di suono della parola con l’espressione musicale- conclude la direttrice artistica di Librorchestra -. Lui stesso suonava il violino ma la sua musicalità è frutto della partitura della scrittura, dei personaggi che lui raffigura, ha davvero le voci dell’orchestra dentro. Se questo primo festival avrà fortuna, l’omaggio a Rodari sarà sempre presente in ogni edizione.»

Elisabetta Garilli al pianoforte, durante l’esecuzione dello spettacolo Un pianoforte, un cane, una pulce e una bambina.

Oltre a questo impegno, in cantiere c’è anche un prossimo libro di didattica musicale, per la casa editrice Erickson. «Non raccolgo solo ma mia esperienza come musicista che nelle scuole pratica la didattica applicativa – conclude Garilli -. Mi interessa trasferire un approccio utile agli insegnanti, partendo da se stessi. Non puoi comprendere lo stato d’animo di un bambino se non capisci dove sei tu rispetto a ciò che proponi alla classe. Non so quanto l’insegnare l’amore per la musica ai bambini sia così propedeutico a farli avvicinare al conservatorio: sicuramente lo è alla passione per la musica. Ho allievi diventati grandi che hanno continuato a suonare, molti hanno scelto di fare studi musicali. Provengo dal conservatorio ma non ho voluto trasferire un pensiero accademico, perché se vuoi insegnare ai bambini innanzitutto li devi amare, senza nostalgia per non essere diventato un concertista.»

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