Secondo un’analisi di Unicef, negli ultimi dieci anni negli stati settentrionali della Nigeria sono state attaccate 1500 scuole, oltre 1000 ragazzi sono stati rapiti e 2300 insegnanti sono stati uccisi. Un altro dato sconcertante è che, nonostante un sistema pubblico gratuito e ben sviluppato, solo la metà dei bimbi in quell’area frequenta la scuola primaria, con una percentuale ancor più bassa per le bambine.

Scuole insicure, obiettivo dei motorcycle bandits

Dallo scorso dicembre più di 600 studenti sono stati rapiti dai collegi dove vivono e studiano, una soluzione pensata per stimolare anche la popolazione più povera a mandare i figli a scuola. L’ultimissimo caso riguarda circa 300 ragazze rapite dalla secondaria scientifica nello stato di Zamfara, chiuso con la liberazione, qualche giorno fa, di tutti gli ostaggi.

La situazione della sicurezza nelle scuole nigeriane sembra sfuggire dal controllo del Governo, nonostante siano stati proprio recentemente cambiati i vertici di esercito e polizia. I “banditi”, come vengono genericamente definiti dalla stampa locale, sfidano in modo anche sfrontato l’autorità. Per uno dei recenti attacchi, hanno scorrazzato per la cittadina coinvolta con un centinaio di motociclette, per poi arrivare alla scuola, far fuggire la guardia al cancello e caricare i ragazzi sul sellino posteriore. Tutto questo senza che una sola camionetta intervenisse a difesa degli studenti. Vogliamo provare a capire perché questa escalation di violenza e il ruolo del giornalismo, pur fatto con le migliori intenzioni.

I media come cassa di risonanza

È innegabile infatti che la fortissima eco mediatica del primo evento eclatante di questo tipo abbia rappresentato una sorta di leva per tutto quanto avvenuto negli anni successivi. Dobbiamo tornare al 2014, quando il gruppo islamista chiamato Boko Haram catturò circa 200 ragazze nella scuola di Chibok, nel nord-est del Paese. In Nigeria, prima di quell’evento e della campagna social #bringourgirlsbackhome (riportate a casa le nostre ragazze), il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, era un personaggio visto qualche volta in tv mentre minacciava col dito puntato i grandi della Terra. Da signor Nessuno fu trasformato in pochissimo tempo in un vip, che prometteva commenti, materiale e video delle bambine rapite a qualunque media pagasse il prezzo richiesto. L’informazione diventò cassa di risonanza per le malefatte di un piccolo criminale come tanti in Nigeria, arrivando a crearne il mito e anche a distorcere la storia.

Le testimonianze, raccolte da Human Right Watch, di chi è riuscito a scappare quella notte parla in effetti di banditi partiti con l’idea di saccheggiare, ritrovatisi con 200 ragazze tra le mani senza sapere cosa farne. Nell’indecisione tra dar fuoco ai dormitori con le studentesse dentro o lasciarle libere, uno di loro ha pensato di portarle a Shekau e sono così diventati, per i media di tutto il mondo, i responsabili di un “attacco all’educazione femminile”.

Ragazze usate per fare clamore

Nessuno riportò ad esempio che poche settimane prima, in un attacco simile a una scuola mista, Boko Haram avesse lasciato andare le ragazze e ucciso (sì, non rapito) tutti i ragazzi. Erano altri tempi, il tema terrorismo/religione era molto in auge e non è un caso ci fosse una first lady USA, la signora Obama, molto impegnata sul fronte delle discriminazioni e il girl power. Una combinazione letale, che ha trasformato un vile atto criminale in una aggressione islamista contro la parità di genere.

Un nobile intento, di per sé, quello di sollevare il problema femminile; impensabili le conseguenze ultime, quasi un boomerang, che si vedono nel presente. Attraverso il clamore scatenato dall’assalto, i terroristi hanno infatti compreso il valore mediatico dei corpi di giovani donne e iniziarono a usarne un numero crescente negli attentati esplosivi, semplicemente perché dava loro visibilità.

Ma nel frattempo i rapimenti non si sono interrotti, anzi, nonostante i buoni risultati del programma ONU “Safe School Initiative” (iniziativa Scuola Sicura): sono state costruite recinzioni intorno ai collegi, messe guardie private o create stazioni di polizia nelle vicinanze. Un investimento di circa 14 miliardi di dollari in tre anni, ma per una scuola più sicura ne restano ancora troppe senza protezioni.

E come sempre accade quando una cosa funziona, anche se crudele, la lezione di Boko Haram nel Nordest viene colta al volo nel Nordovest, a migliaia di chilometri di distanza, dove bande di motociclisti da anni rubano, saccheggiano e rapiscono chiunque incroci la loro strada. Con una predilezione per gli studenti, nella convinzione, confermata dalla triste realtà, che per le generazioni future il Governo sia disponibile a pagare bene.

Foto di Adeboro Odunlami, Unsplash

Un banditismo che vive anche di rapimenti

Le autorità non usano più il termine terrorista, parlano più genericamente di “banditismo”, sia che si tratti di bracconieri, di pastori Fulani usurpatori di terreni oppure di milizie armate. Recentemente il presidente Muhammadu Buhari si è scagliato contro i governatori degli Stati che cedono troppo facilmente al ricatto, che arrivano a offrire abitazioni, automobili e denaro ai banditi che decidono di “pentirsi” e cambiare vita. Uno studio di SBM Intelligence fotografa la terribile situazione dei rapimenti in Nigeria e stima che le vittime paghino tra i 20 e i 200.000 dollari per la propria liberazione; il costo per il Paese negli ultimi dieci anni viene stimato in oltre 18,3 milioni di dollari.

Sono davvero tante le strade e le scuole che si potrebbero costruire con questa cifra, se solo si riuscisse a disinnescare il terribile rapporto causale tra il riscatto e il rapimento. E questo parte anche dall’informazione, che deve smettere di dare ai fatti sfumature e contorni che nulla hanno a che fare con la realtà.

Citare Boko Haram quando i rapimenti avvengono in aree molto lontane dalla sua sfera di influenza o farne una discriminazione religiosa o di genere, è solo un modo per iscrivere il dramma in una categoria che attira click e visualizzazioni. Sicuramente non aiuta a risolvere il problema, semmai attizza ancor di più gli appetiti di questi predoni senza alcuna dignità.