L’uomo moderno e tecnologico affida sempre più il compito di ricordare alle applicazioni del cellulare, scrivendo appunti per fare la spesa, segnando l’appuntamento col dentista e attivando sveglie e campanelli perché niente sfugga, nella frenetica routine di ogni giorno. Sta perdendo una facoltà importantissima del nostro cervello, quella di immagazzinare milioni di informazioni e ripescarle a comando; non abbiamo la precisione del computer ma non è sempre un male. I ricordi sbiadiscono, si mescolano, ci confondono e lasciano dubbi sulla loro autenticità. A volte i sogni e le utopie vengono catalogati come memoria, nel tentativo della nostra mente di mantenere alta la voglia, lo stimolo a realizzarli. Può capitare anche di trovarci rimpianti in quel cassetto, le cose che avremmo voluto ma non ci sono riuscite; trasferirle nei ricordi aiuta a sentirne meno il peso, a illuderci – seppur per poco – che forse qualcosa siamo invece stati capaci di crearla.

L’interno del Vagone della Memoria (Ph. Sergio Pimazzoni ©)

La memoria non è precisa, ci gioca strani scherzetti e spesso ci frega, insomma, mescolando sensazioni e immagini reali con altre fantastiche e totalmente inventate. Resta però la nostra arma migliore per la sopravvivenza, impedendoci di rifare gli stessi errori o lasciandoceli ripetere ma molto più in grande. L’esperienza, la memoria positiva e negativa ci salvano la vita ogni minuto. Ecco uno dei motivi per dedicare una giornata alla Memoria dell’Olocausto, nel giorno stesso della liberazione dei campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Ogni anno si levano proteste, sempre dalle stesse persone, e dubbi sulla necessità di una giornata del genere. Sono categorie di persone molto diverse tra loro, tutte piene della propria ragione.

Il re visto dal vagone (Ph. Sergio Pimazzoni ©)

Il negazionista

È quel personaggio che, nonostante tutte le prove fotografiche e video, nonostante le ammissioni in sede di processo degli stessi protagonisti, quello che oltre ogni ragionevole conferma è ancora convinto che l’Olocausto sia un’invenzione della propaganda sionista. Per analizzare questa teoria dobbiamo scendere molto in basso nella scala evolutiva, facciamo questo sforzo soltanto a fini accademici. Se anche fosse tutto inventato, sarebbe da capire perché, quale macabro proponimento spinse gli Ebrei a creare una storia cosi ben documentata e spaventosa. Senza un motivo razionale, un vantaggio economico o politico, pare assurdo anche il pensiero. Beh, si potrebbe recriminare che dopo tutto ci hanno guadagnato uno Stato, che prima era solo una regione a forte concentrazione di simboli e genti di religione ebraica ma senza un riconoscimento formale. È vero ma ci sono voluti molti anni, mediazioni e compromessi, in cui il tema dell’Olocausto potrebbe anche essere stato usato come arma vincente ma – anche facendo lo sforzo di cui sopra – sfugge il nesso causale e temporale tra sterminio e nuovo Stato d’Israele.

(Ph. Osvaldo Arpaia ©)

Il benaltrista

In questa categoria troviamo quel tizio che cambia sempre il campo di gioco: tu parli di calcio e lui dice che invece nel rugby, tu racconti lo scempio di Regeni e lui tira fuori Spinelli, tu parli di Olocausto e lui, puntuale come i treni di Mussolini, ti piazza un bel “eh ma ce ne sono stati di genocidi! perché dobbiamo ricordare solo quello degli Ebrei?”. Si può anche trovare una parte intelligente, in questo ragionamento; in effetti i genocidi sono tantissimi, passati e purtroppo anche presenti: spuntano nella memoria gli Uighuri “rieducati” nei campi cinesi sempre più numerosi, la sistematica pulizia etnica di Boko Haram nel nord della Nigeria o gli accampamenti dei profughi in troppe zone del mondo, dove si muore ancora per l’acqua infetta o per le percosse dei guardiani. I genocidi sono tantissimi e questa giornata infatti vuole ricordarli tutti, non solo quello degli Ebrei. Possiamo dire che loro sono stati determinanti per istituire la Giornata della Memoria, con la loro influenza politica ed economica, ma la ricorrenza è stata “adottata” presto da qualsiasi altra situazione analoga. In questo giorno, sfruttando la capacità quasi infinita della RAM nel nostro cervello, possiamo ricordare tutti coloro che sono morti per il solo fatto di “essere”, cosa, chi o come lo decide ognuno in base alle sue inclinazioni. Nel giorno in cui i Russi entrarono nel campo polacco, possiamo tranquillamente ricordare tutti gli innocenti uccisi per il loro colore, religione, etnia o preferenza sessuale. Molti genocidi hanno una giornata dedicata diversa, momenti in cui si ricordano le foibe o l’infamia di Srebrenica, altri in cui si celebrano i morti di tutte le guerre, o la strage dei nativi americani. In questa Giornata, la nostra memoria va all’orrore dei campi di concentramento, ai rastrellamenti, alle famiglie divise, agli occhi enormi ma insufficienti ad accogliere tutta la paura. Ricordiamo loro, ma con loro anche tutti gli altri.

(Ph. Sergio Pimazzoni ©)

L’arido

Nonostante i tentativi, impossibile trovare una definizione meno triste per quel personaggio che rifiuta di scendere a patti con le emozioni, che rimuove il dolore e lo schifo in nome di una vita più serena e leggera. L’arido semplicemente sostiene che non c’è niente da ricordare, che anzi sarebbe meglio dimenticare quei fattacci brutti una volta per tutte, toglierci dalle palle sta giornata, il vagone in piazza Bra, le celebrazioni. Il passato è passato, sembra dire, guardiamo avanti. Certo, si tratta di una filosofia intrigante, quella della superficialità, ti preserva dalla sofferenza. Ma forse è proprio quello l’errore più grande: poter pensare che eliminando la Giornata, sparirebbe anche l’orrore di quanto accaduto. E invece, caro struzzo, è necessario non dimenticare. Non dobbiamo scordarci le immagini dei deportati, le facce spinte contro i finestrini dei vagoni; e nemmeno le parole dei sopravvissuti, raccolte in molti libri e film. Non possiamo cancellare neanche il delirio degli aguzzini, gli ideali distorti e la loro onnipotenza. Sono tutti elementi fondamentali per crescere uomini diversi, che conservino i ricordi e li proteggano e li raccontino. È ancora più importante dopo un anno in cui un dannato virus ci ha privati della nostra memoria vivente, i nostri vecchi, quelli che in guerra ci sono stati davvero.

(Ph. Osvaldo Arpaia ©)

Non è difficile essere negazionisti, benaltristi o aridi dopo quasi 70 anni di pace e progresso; troppo comodo relegare la Giornata della Memoria a “roba vecchia, che ha stufato” quando la più grande preoccupazione è trovare l’ultimo modello di cellulare cui delegare molte nostre funzioni mentali. Noi vogliamo invece ricordare, per non disperdere nell’indifferenza la nostra umanità.

Ricordiamo perché siamo uomini. Siamo uomini perché ricordiamo.

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