Semplicemente straordinari. Sono probabilmente queste le due parole in grado di sintetizzare la vittoria ottenuta dal Verona contro la Lazio. La formazione gialloblù, alla seconda vittoria esterna consecutiva, quarto risultato positivo negli ultimi cinque incontri disputati, ha conquistato sul prato verde dello stadio “Olimpico” un risultato di assoluto valore, un successo che a Roma mancava da ben 36 anni (l’ultima volta fu il 16 dicembre 1984, anno dello scudetto, quando il Verona di Bagnoli sconfisse la Lazio grazie a una sfortunata autorete del laziale Podavini ndr), al termine di una prestazione intrisa della giusta qualità e di tanta sostanza. 

La partita disputata dalla squadra di Ivan Juric è stata un incredibile condensato di pressing ad altissima intensità, ritmo e concentrazione, tutte doti incastonate all’interno di un’organizzazione di gioco degna delle migliori squadre. La ciliegina sulla torta, infine, ce l’ha messa ancora una volta il tecnico scaligero con due intuizioni tattiche degne del miglior stratega. Il dirottamento di Lovato sulle tracce di Milinkovic-Savic – chiamato a sostituire Luis Alberto – con una marcatura a uomo che ha ricordato il calcio dei tempi andati, e la posizione di falso centravanti affidata, non senza sorpresa, al francese Tamèze, hanno rappresentato le due chiavi di volta in grado di mettere all’angolo la compagine biancoceleste di Simone Inzaghi. Al resto, quando è servito, ci ha poi pensato Silvestri, sempre più in formato nazionale.

Il tecnico gialloblù Ivan Juric

Dopo questo successo i gialloblù – in attesa dei risultati delle altre partite – si sistemano al sesto posto in graduatoria con un bottino impensabile di ben 19 punti. Il nocciolo della questione diventa adesso come riuscire a tenere sotto controllo i “fumi” dell’entusiasmo. In parte ci ha già pensato lo stesso Juric che nel post partita ha commentato «Abbiamo disputato una buona partita ma non giochiamo ancora bene come lo scorso anno. Dobbiamo migliorare e non perdere di vista il nostro obiettivo che rimane quello della salvezza. L’Europa, per ora, non è per noi un obiettivo reale» mentre i tifosi – come dare loro torto – hanno già iniziato a sognare in grande ricordando i fasti dell’epopea gialloblù di Osvaldo Bagnoli.

Davanti a un bivio come questo la via migliore si chiama equilibrio perché la verità come sempre sta nel mezzo. Il tifoso – è nel suo DNA – ha tutto il diritto di sognare mentre il tecnico, che conosce bene come vanno queste cose, con il pericolo sempre dietro l’angolo, predica giustamente umiltà e, soprattutto, profilo basso. Su una cosa, tuttavia, possiamo essere concordi: questa squadra, profondamente rinnovata rispetto allo scorso anno, ha già assimilato la mentalità del proprio allenatore e dimostra partita dopo partita di essere in grado di giocarsela con qualsiasi avversario. E questo, è già di suo semplicemente straordinario…

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