In queste ultime settimane presso alcune circoscrizioni veronesi è stato presentato il Regolamento del Verde Urbano di Verona, non ancora sottoposto all’approvazione del Consiglio Comunale. Un documento atteso da tempo che, in parte, copre un clamoroso “vuoto normativo” nella programmazione e gestione del verde cittadino.

La finalità del Regolamento è garantire un’appropriata gestione delle singole piante e delle aree verdi urbane e trova il suo riferimento normativo nella legge 10/2013 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani). Il Regolamento ha un carattere prescrittivo e contiene indicazioni tecniche per la corretta progettazione, manutenzione, tutela e fruizione del verde pubblico e privato; suggerisce le specie arboree e arbustive da utilizzare per le diverse funzioni ornamentali (parchi, strade, giardini pubblici, piste ciclabili, scuole, ecc.); descrive le corrette modalità di impiantamento, potatura e abbattimento degli alberi; prevede sanzioni in caso di danneggiamenti, trasgressioni e inadempienze.

Si configura come un utile strumento anche per appaltare il servizio di manutenzione (a Verona affidato con contratto scaduto all’Amia) e per promuovere forme di coinvolgimento sociale nella cura degli spazi verdi cittadini.

Con la sua approvazione il Comune si impegna anche a migliorare l’organizzazione complessiva istituendo l’Ufficio del Verde all’interno dell’amministrazione e la Consulta per il Verde quale organismo partecipativo.

Scorrendo le 95 pagine del documento se ne comprende l’utilità e già si intravedono gli interventi di adeguamento dei viali, dei parcheggi, delle piste ciclabili, dei parchi, la correzione di frettolose potature e superficiali piantumazioni  in un patrimonio verde lasciato per tanto tempo senza chiari riferimenti di buona gestione.

Ma tutto questo è sufficiente?

Nei cittadini si sta imponendo una nuova sensibilità e una sempre maggiore attenzione all’ambiente: comprendono che il verde urbano non è solo abbellimento della città ma anche suolo, acqua, aria, luce, spazio, arte, cultura e tradizioni che devono essere armonizzati in quantità e qualità, e che l’ecosistema naturale nel quale sono immersi debba essere preservato e protetto.

I cittadini avvertono, ad esempio, che non basta dire come deve essere gestito un albero (per questo il Regolamento assolve egregiamente al suo compito) ma che occorra indicare quanti alberi piantare, come distribuirli nella città, se e come organizzare le foreste urbane e con quale finalità

Cresce fra loro la convinzione che i termini della progettazione urbanistica debbano essere radicalmente capovolti: non aree verdi sparse a caso tra le costruzioni, come avvenuto in periodi di crescita urbanistica disordinata, ma edifici che sorgano tra i parchi e i giardini con una maggiore integrazione fra persone e natura.

Sentono in definitiva la necessità di una Politica: un programma riassunto in un Piano del verde urbano che descriva la città a partire dai suoi ecosistemi fondamentali, definisca la qualità delle relazioni fra la vita delle persone e l’ambiente, preveda adeguamenti di medio e lungo periodo dell’infrastruttura verde cittadina.

Di questa necessità se ne è avuta chiara evidenza la scorsa settimana, nella 5^ Circoscrizione, durante la riunione della Commissione che si occupa di ambiente e mobilità, presieduta da Michele Bresaola (PD) con i commissari Alice Benetti (Lista Traguardi) e Gianpaolo Bassi (Lista Tosi) convocata per approfondire il Regolamento del Verde con Stefano Oliboni dell’ufficio Giardini del Comune e Marco Magnano di Amia.

Infatti il dibattito ha riguardato solo marginalmente aspetti di gestione oggetto del regolamento, l’interesse dei presenti si è concentrato prevalentemente su aspetti di politica del verde come dimostrano le loro richieste: 

  • Recupero e valorizzazione del Parco delle risorgive di Verona Sud;
  • Coinvolgimento delle scuole nella progettazione e cura dei giardini di quartiere;
  • Concepire il Verde urbano come difesa da eventi estremi contro nubifragi e bolle di calore;
  • Sviluppo di orti urbani per lo scambio culturale e terapia sanitaria;
  • Protezione delle api per preservare biodiversità
  • Uso dei parchi per sviluppare relazioni (chitarre e biciclette)

Ne emerge quindi una diversa visione, seppure implicita, della città e la richiesta di un Piano del Verde che la rappresenti.

Senza volerlo, hanno anche messo in luce il forte ritardo della politica ufficiale nel recepire tutto questo.

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