Nella sua prima avventura in Serie C, stagione 2018/19, la Virtus Verona aveva totalizzato un totale di otto pareggi su quaranta partite complessive, il numero più basso dell’intero girone B.

La qualità espressa alla fine non si tradusse in risultati favorevoli. Il numero di sconfitte (venti) fu elevato e determinante a far terminare il torneo al penultimo posto. La fortuna volle che il successivo playout contro il Rimini, perso per differenza reti, venne cancellato dal ripescaggio.

Quest’anno la formazione di Gigi Fresco è al terzo anno consecutivo in Lega Pro. Dopo dodici giornate, i rossoblù hanno già messo in cascina il più elevato numero di “X” dell’intera categoria. Sette sono i pareggi, a cui si aggiungono tre vittorie e due sole gare terminate senza conquistare punti. La somma parziale è da tranquillo centro classifica, in perfetta media-punti per mettere il cappello sul decimo posto. A suo modo, è un dato eloquente che rimanda alla capacità di gestione delle partite sviluppato negli anni in Lega Pro. Un percorso in cui non è casuale l’aver calibrato la costruzione della rosa anche in termini di personalità.

Il delta di crescita tra l’esperienza e i valori espressi in questa prima dozzina di giornate rispetto a quanto mostrato nella prima stagione al terzo livello del calcio italiano è palpabile. La differente proporzione tra pareggi, vittorie e sconfitte sottolinea ancor di più l’attenzione e la capacità nell’aver coniugato nel tempo necessità e virtù della squadra.

L’atteggiamento propositivo messo in campo nel campionato d’esordio in C era interpretabile come indice della volontà di cercare i risultati attraverso l’espressione di un calcio gradevole. In senso opposto la poca dimestichezza con la categoria e qualche lacuna sul piano caratteriale erano stati fattori determinanti in certe fasi della stagione. In estrema analisi, i ragazzi di Borgo Venezia avevano avuto difficoltà ad approcciarsi sul piano mentale ad alcune sfide. In altre, il tremolio delle gambe nei minuti finali era risultato fatale, col risultato di lasciare sul tavolo l’intera posta.

Dall’anno scorso, con l’inserimento in rosa di alcuni professionisti di livello superiore come Bentivoglio, Cazzola e Danti, la squadra sta dimostrando di aver raggiunto una nuova maturità e di aver acquisito una scorza che consente, di riflesso a tutto il gruppo, una sorta di salto di qualità da formazione neofita a “squadra di categoria”.

L’uno a uno casalingo di domenica contro il Mantova, l’undicesimo risultato di parità delle ultime sedici gare (mettendo in conto anche le quattro disputate a febbraio prima dell’interruzione del campionato) risponde in maniera eloquente alla ricerca di punti anche tramite prestazioni accorte e intelligenti sul piano pratico.

Dopo aver gestito senza grossi affanni l’andamento della gara per un’ora abbondante, in vantaggio grazie a Pittarello, che da sorpresa iniziale è ormai classificabile come uomo in più di questo primo terzo di stagione insieme a Lonardi – centrocampista, quest’ultimo, classe 99 ma allo stesso tempo solido e dinamico, nel finale i rossoblù si sono trovati gli avversari, con un uomo in più, a bussare con costanza all’uscio della porta di Giacomel.

Come era avvenuto a Gubbio sette giorni prima, con la Virtus forzata nei cambi, anche nell’ultima parte di gara col Mantova la formazione avversaria si è fatta sempre più minacciosa, poco prima e poi dopo aver messo a segno il gol del pari. Ridotta in dieci per l’espulsione di Dalcarro – oltre a quella di Danti, già sostituito, con la gestione dei (dieci) cartellini mostrati del direttore di gara – che meriterebbe un’analisi a parte – la formazione di Fresco si è ulteriormente compattata, in maniera se vogliamo inversamente proporzionale a tante situazione di ventiquattro mesi fa.

Anche stavolta Pellacani e compagni hanno gestito la pressione tenendo la barra dritta. Alla fine è arrivato un altro punto che non deve far storcere il naso. SI tratta di un altro tassello importante nell’economia della stagione. La compagine di mister Gigi risponde alle esigenze di un girone equilibrato verso l’alto in cui l’undici è plasmato partita per partita, adattato alle tante assenze importanti (oltre a quella di De Marchi) in cui si scoprono le caratteristiche di uomini – come Amodio, inventato terzino sinistro – che valorizzano il concetto di gruppo grazie alla disponibilità degli interpreti.

Nel calcio si sa che nulla è definitivo. In un campionato che resta apertissimo, domenica 29 novembre a Fano è in programma un altro test in una stagione in cui, parafrasando Eduardo, gli esami sembrano non finire mai.

Foto Virtus Verona /Liborio

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