Le palle, anziché raccontarle, sarà bene appenderle all’albero. Che il Natale quest’anno sarà diverso, lo si sapeva da un pezzo. Che probabilmente le festività le passeremo in regime sanitario di semilibertà a casa, anche. Visto come è andata con la sbornia ferragostana della spritzpolitik, non vediamo dove sia il problema. Che distanziamento e riparo dimestico siano i modi più efficaci per difendersi dai tentacoli della piovra, lo nega solo chi nel carognavirus che ha attanagliato mondo, vede la mano maligna della Spectre. Questo, almeno, fino all’arrivo del vaccino. A proposito: quando Giuseppe Conte annunciò che sarebbe arrivato per la fine dell’anno, si beccò insulti, sberleffi e improperi di ogni tipo; ora sappiamo che la previsione non era affatto campata in aria. Forse le palle, e tante, le andava raccontando qualcun altro. Nessuno glielo riconoscerà, a Giuseppi, che non sarà Adenauer, ma nemmeno Asenauer (da “aseno”, come un storica agenzia creativa di Verona). Poco importa, tanto si sa come vanno queste cose.

«Politicizzare la lotta alla pandemia è l’errore più grave che si possa fare. Abbiamo bisogno di unità, non divisioni. Il progresso delle nazioni non lo si misura solo sul Pil ma anche su diritti universali, come lo è la salute pubblica» ci ha detto in una recente intervista il professor Ranieri Guerra, veronese, direttore aggiunto dell’Oms. La miglior risposta a chi (media compresi) nella pandemia non ha trovato di meglio che metterla in caciara e creare un folle scontro tra Orazi e Curiazi, è questa. La situazione intanto migliora, un pochetto; la famigerata curva (ormai nel linguaggio comune ha sostituito quella allo stadio, che è deserta da febbraio) cresce ancora, ma non al ritmo vertiginoso di un mese fa. Segno che le misure restrittive adottate dal governo, nonostante i capricci e le miopi furbizie dei vari ducetti mammasantissima a capo delle Regioni, hanno il loro effetto. Magari ancora non così risolutivo, ma è evidente che qualche beneficio lo stiano apportando.

Giallo arancione e rosso: ci sarebbe anche il verde, ma è, ahinoi, prematuro. Le chiusure su scala territoriale, le aveva adottate la Germania ai tempi della prima ondata; se le cose le fanno i tedeschi, sono dei geni, se le facciamo noi (con l’aggiunta della suddivisione cromatica), dei poveri imbelli. Per non dire di peggio. Vada anche questo, poi tanto saranno i numeri, come sempre, a dire la loro. Non vada però per il Natale. Le pressioni sul governo sono fortissime, esattamente come lo scorso mese di giugno, quando si premeva per riaprire tutto. Si ripropone quindi la solita questione: tra salute pubblica ed economia, cosa viene prima? Non abbiamo dubbi in merito, visto che mai abbiamo visto economie prosperare con 700 morti al giorno e una conta che sta per toccare quota 50.000 vittime.  Un falso problema.

E invece no, perché l’altare del profano ha soppiantato il sacro. Il Governo sta lavorando a una soluzione  di parziale apertura, mettendo tuttavia le mani avanti: «Qualcosa concederemo, ma scordatevi il “liberi tutti”» vanno dicendo a più riprese. La buona norma è sempre quella, “proteggiti e proteggi”, come dire “ama il prossimo tuo, come te stesso”: che per una volta il Natale, più che ridursi a un rito consumistico, possa essere un momento di riflessione ed esprimere significati un tantino più profondi, non ci pare davvero una cattiva cosa. Che per una volta, al centro del Natale, anziché regali, pacchetti e pacchettini, ci possano essere la vita e la salute delle persone, nemmeno. Anzi. Dio solo sa quanto il mondo abbia bisogno di fermarsi un attimo e guardarsi dentro. Papa Francesco, lo ripete da tempo, allo sfinimento.

Sì, sarà a un Natale diverso. E ben venga.  Ai Re Magi, sempre non restino a casa, verrà concesso un salvacondotto. Quest’anno cambieranno strada; oro, incenso e mirra li portino negli ospedali, a chi soffre e lotta ogni giorno nel dramma. Quanto a noi, beh…non tutto il male vien per nuocere. Mettiamola così: la notte di Natale la trascorreremo insieme alle persone a noi più care, quelle cui vogliamo veramente bene. Ne bastano una, due o tre. Mica tante. La distanza da quelle che non potremo vedere, soprattutto se anziane, sarà il regalo più bello che mai potremmo fargli.

E poi pensateci bene, sempre per una volta, ci risparmieremo visite di parenti che per il resto dell’anno non abbiamo alcuna voglia di vedere. Scamperemo pure a quelli nel limbo, che appartengono alla grigia categoria degli “anche no” o “è lo stesso, grazie”. Bella botta di c…, no? Scevri da ipocrisie e futili illusioni, vivremo almeno un Natale di sincerità. Come lo è la vita. E, si sa, anche quella viene una volta sola. È il più bel regalo di Natale. Mai come adesso.