Il 10 ottobre si celebra la Giornata Nazionale della Psicologia, evento promosso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi e patrocinato dal Ministero della Salute, e giorno che coincide con la Giornata Mondiale della Salute Mentale. 

Credo che, soprattutto in questi mesi, ciascuno di noi si sia domandato quanto il nostro stato di salute sia associato a uno stato di benessere psicologico e, allo stesso tempo, quanto prendersi cura di se stessi significhi anche prendersi cura degli altri. Trovare lo spazio, la capacità e, in alcuni casi oserei dire il coraggio, di prendersi cura di sé non è una cosa così semplice. Perché spesso il prenderci cura di noi stessi ci appare un gesto egoistico, capace di mettere in evidenza soltanto i nostri bisogni, e ci richiede un faticoso ascolto del corpo e della mente.

Il prendersi cura di sé passa inesorabilmente dalla valutazione della propria identità, delle proprie relazioni significative e delle proprieaspettative per il futuro. È uno sguardo sull’ieri, sull’oggi e sul domani. E per poter metter mano su questi diversi aspetti è importante concedersi la possibilità di mettersi in discussione, guardare al proprio mondo emotivo in maniera autentica, avere fiducia e, alcune volte, perdonarsi. Perché perdonarsi significa considerare la propria vita non solo come susseguirsi di errori, ma significa riconoscere anche i punti di forza di ciascuno di noi e le buone azioni che effettivamente abbiamo realizzato.

Ma, per intraprendere questo complesso viaggio, con l’intento di accrescere il proprio benessere psicofisico, credo sia fondamentale il compiere uno o più cambiamenti.

E proprio il cambiamento è un tema ricorsivo nell’ambito della psicologia. Spesso è infatti la ricerca di cambiamento la spinta che porta all’inizio di un percorso psicoterapeutico, ma, allo stesso tempo, è frequentemente la variabile che più spaventa.

Questo perché molte volte ci sentiamo unici pionieri del cambiamento, sentendone il peso della responsabilità e trascurando i nostri bisogni. Oppure, dall’altra parte, non facciamo affidamento in noi stessi, in quanto crediamo di non farcela e così demordiamo poco dopo la partenza. In questo modo però ci dimentichiamo che aver paura del cambiamento è qualcosa di comprensibile, perché riflette un viaggio di cui non conosciamo con certezza la destinazione, e che, se leggessimo le nostre azioni come scelta tra possibili alternative, è proprio il cambiamento che ci consente libertà di movimento.

Molte volte, di fronte al cambiamento, ci è richiesto fare i conti con il nostro senso di colpa o con la nostra vergogna. E così mettiamo in atto quelle azioni che rientrano nella cosiddetta resistenza al cambiamento: il rifiuto, inteso come l’intenzione di lasciare immutato, in quanto si è sempre fatto così; il rinvio, posticipando l’idea di un cambiamento; l’indecisione, riflesso di un nostro stato d’animo e di pensieri non ancora ben delineati; la regressione, come necessità di ricorrere a ciò che sentiamo sicuro, in quanto già noto.

Credo, comunque, che ciascuno di noi abbia un proprio rapporto con il cambiamento e che questo rifletta l’immagine che abbiamo di noi stessi. Ricordarci che la nostra salute psicologica è necessariamente in relazione al nostro stato di salute, ricordarci che prenderci cura di noi stessi, seppur non sia semplice, sia qualcosa di vitale importanza, ricordarci che per affrontare eventuali cambiamenti possiamo chiedere aiuto così da mobilitare le nostre risorse, confido possa essere un modocomprensivo per celebrare questa importante giornata.