Sono passati 28 anni da quel maledetto 23 maggio 1992, quando alle 17.57, nei pressi dell’uscita di Capaci (sul tratto autostradale A29 Trapani-Palermo) mezza tonnellata di tritolo fece saltare in aria l’auto su cui viaggiavano il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Un attentato che mirava a eliminare uno dei principali avversari di Cosa Nostra e che purtroppo anticipò di qualche settimana l’altro clamoroso attentato di quella sanguinosa estate: quello del 19 luglio in Via D’Amelio a Palermo, che uccise Paolo Borsellino, altro magistrato impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, e gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. «È tutto finito», fu il commento a caldo di Antonino Caponnetto, fino al 1990 capo del pool antimafia. Lo stesso Caponnetto, però, ispirato da quelle gravi perdite cominciò poco dopo a girare l’Italia per raccontare, fino agli ultimi giorni della sua vita (morì dieci anni dopo quelle stragi) la storia dei due magistrati, affermando sempre che «le battaglie in cui si crede non sono mai battaglie perse».

Un’immagine scattata a Capaci il 23 maggio 1992

Quegli attentati hanno inaugurato una vera e propria “guerra aperta” lanciata dalla Mafia allo Stato e hanno lasciato tracce indelebili nella memoria collettiva italiana, profondamente scossa dalla gravità di quei gesti, che peraltro non furono isolati (nel 1993 altre due bombe di Cosa Nostra vennero fatte scoppiare nel quartiere dei Parioli, a Roma, e in via Georgofili, a Firenze). Per qualche tempo, nei mesi e negli anni successivi, ci fu anche una forte reazione dello Stato, che in breve tempo riuscì ad arrestare anche alcuni dei mandanti e degli esecutori di quelle stragi, fra cui Totò Riina e Giovanni Brusca. Le inchieste, che nel tempo hanno indotto i magistrati a indagare sulle trattative Stato-Mafia, però, non hanno ancora fatto completamente luce sulla cosiddetta “Cupola” dell’organizzazione – che molti sospettano fosse composta anche da alti rappresentanti delle istituzioni politiche nazionali – e molti aspetti di quelle vicende rimangono ancora oscuri. Oggi a distanza di quasi tre decenni da quegli avvenimenti, si ha il dovere – al di là delle celebrazioni retoriche, formali e per certi aspetti ripetitive – di cambiare registro, di affrontare con coraggio, senza giri di parole e timidezze di sorta alcuni dei nodi irrisolti di quegli eventi, avvenuti in uno dei periodi più caldi e decisivi per le sorti politiche, economiche e criminali, d’Italia e dell’intera Europa. Molti dei “protagonisti” dell’epoca sono nel frattempo morti (Bernardo Provenzano, lo stesso Riina, ma anche Giulio Andreotti, all’epoca dei fatti Presidente del Consiglio e vero e proprio deus ex machina della politica italiana di quegli anni), ma altri sono ancora vivi e posso contribuire a gettare un cono di luce sulle reali responsabilità di quelle morti.

Ribadito questo, è chiaro comunque che quel 23 maggio 1992 ha per molti aspetti cambiato la vita del Paese e l’esempio della caparbietà e la dedizione con cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (ma anche dei coraggiosi agenti che li hanno protetti e seguiti nell’atroce destino) hanno portato avanti le loro indagini arrivando a sacrificare persino la loro vita, ancora oggi ispira studenti di Giurisprudenza, poliziotti, magistrati e semplici cittadini.

La professoressa Lombardo (prima a sinistra) e alcune
studentesse che hanno partecipato al progetto

In quest’ottica è bene crescere anche le giovani generazioni nella consapevolezza che tutti, nel loro piccolo, possono dare una mano nel combattere i soprusi e le ingiustizie che le varie Mafie del mondo impongono e anche per questa ragione vengono proposti ogni anno alle scuole di ogni ordine e grado progetti per coinvolgere su queste tematiche gli studenti di ogni età. Ce n’è in particolare uno, promosso dalla RAI dal titolo “Se non noi, chi? Se non adesso, quando?”, che è stato abbracciato dai ragazzi dell’ITS Marie Curie di Bussolengo (in provincia di Verona) coordinato dalla professoressa Stefania Lombardo e che rientrerà nello speciale in onda durante la giornata di oggi su Rai Scuola dal titolo Caro Giovanni, caro Paolo… La vostra storia, le nostre vite. All’interno di questo speciale verranno proiettati anche i brevi filmati realizzati dagli alunni Elia Carletti e Giorgia Dal Barco, per ricordare i due magistrati tragicamente uccisi. L’istituto Marie Curie rappresenterà a livello nazionale non solo Verona ma anche tutte le scuole del Veneto. Un riconoscimento che in questo caso premia l’impegno di questi studenti che, durante i mesi di emergenza sanitaria, hanno mantenuto sempre vivo l’interesse e la costanza nel proseguire il progetto avviato a scuola, sintomo dell’interiorizzazione dell’argomento affrontato in questi anni.

Il lavoro realizzato, inoltre, è confluito in un video, visibile anche sul sito e i canali social della “Fondazione Falcone” che, nella sua essenzialità, sottolinea la determinazione dei ragazzi nel portare avanti gli insegnamenti lasciati da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, gli uomini della loro scorte e tutte le vittime innocenti delle mafie.