«Estraniarsi dalla realtà, identificarsi nel personaggio di una storia e viverla può aiutarci, dicono gli esperti, a superare l’isolamento di questi giorni di quarantena. Chi ce lo può insegnare sono i bambini. Dovremmo osservarli e imparare, e se è impossibile imitarli, almeno gioire di questa loro libertà. Non solo i bambini ma anche gli adulti hanno bisogno di fiabe. Di leggende, soprattutto, per attingere alla fonte del nostro immaginario collettivo. Come nelle saghe nordiche qui prendono voce le montagne e le valli, i venti e le tempeste. Non ci sono uomini o donne, in questa storia. Non ci sono gli umani. Lessinia e Montebaldo sono montagne. Con un po’ di fantasia, possiamo anche noi diventare montagne e, per il tempo di una fiaba, vedere le tribolazioni di questi giorni di lassù.»

Alessandro Anderloni introduce così il racconto La leggenda di Lessinia e Montebaldo che proporrà in diretta streaming, dalla Sala dei Centomila a Velo Veronese, sabato 4 aprile alle 21 sulla pagina Facebook Le Falìe. Una fiaba, d’amore, che inizia come le più classiche delle favole «C’era una volta una principessa». La protagonista è un luogo magico, nella realtà e nella finzione, la Lessinia. E dove c’è una principessa, c’è sempre anche un principe, Montebaldo, dagli occhi azzurri del Garda.

«Quanto, in questi giorni, abbiamo bisogno di fiabe – sottolinea Anderloni –. Nelle case si sono riaperti i libri, genitori e nonni hanno ricominciato a leggere e a raccontare storie, magari inventandosele con i bambini e le bambine, o mettendole in scena con loro, sui divani e i balconi »

La leggenda di Lessinia e Montebaldo narra della più bella principessa del Regno delle Alpi, invidiata e corteggiata, ma triste e malinconica nella sua solitudine. Poi dell’amore per il suo principe, delle nozze festose organizzate dal padre, delle tre figlie e della cattiveria che viene a privare i due amanti dell’abbraccio dei monti. 

Scritta in prosa e versi, la leggenda affonda la sua origine dai racconti dei filò, che si tenevano nelle stalle della montagna veronese fino agli anni Cinquanta. Ora è pubblicata da Bussinelli Editore dopo che il suo autore, proprio lo stesso Alessandro Anderloni, a lungo l’ha portata sui palcoscenici in forma di monologo teatrale. Monologo che ora, per la prima volta, si trasforma in narrazione virtuale: «In carcere si dice che “le storie non si possono rinchiudere” – conclude Anderloni –. Pur nel più stretto dell’isolamento, ci sarà sempre una fessura da cui vedere un pezzo di cielo e inventarsi di volare su una nuvola, un pertugio da cui sentire il suono che pare la voce di una fata, un refolo di vento che ti porta il profumo di un prato fiorito. Perché quand’anche non ci fosse nessuno a raccontarti una fiaba, se cerchiamo bene scopriamo che ce l’abbiamo dentro, e che possiamo raccontarla a noi stessi. Nessuno potrà rubarci le fiabe. E raccontandole in questi giorni, uscire di casa e diventare qualcuno di quei personaggi, nel regno fantastico che ognuno di noi sogna. Se non sappiamo farlo, impariamo dai bambini. Oggi sono loro a insegnarci come resistere».

(la foto in evidenza è di Flavio Pettenè)