Spettacolo intelligente e ironico, come da tradizione peraltro, quello che la siciliana Teresa Mannino sta portando in tour per l’Italia e che da ieri sera (per due sole date, con replica oggi, lunedì 13 gennaio alle 21, con ancora alcuni biglietti disponibili) è a Verona al Teatro Nuovo, dal titolo “Sento la Terra girare”. Un one-woman-show, il suo, incentrato prevalentemente sul concetto di perdita progressiva di identità che tutti noi stiamo subendo e che la società e soprattutto il sistema economico sta imponendo ai singoli individui (ma anche ai cani) non più visti come uomini e donne, ma soltanto come meri consumatori da sfruttare “fino al midollo”.

E intorno a quest’idea – forse inflazionata, ma non sempre assimilata, visto che spesso si preferisce volgere lo sguardo altrove accettando incondizionatamente la situazione – ruota il discorso di un’ora e mezza della cabarettista che – letteralmente – vola via velocissimo fra risate a denti stretti e, nella maggior parte dei casi, vere e proprie esplosioni di ilarità che hanno fatto scrosciare di applausi il teatro e che il pubblico veronese ha elargito con grande generosità. D’altronde si tratta della stessa generosità che la Mannino porta sul palco, interagendo costantemente con gli spettatori, che si prestano volentieri alle sue provocazioni. La showgirl disserta con la sua consueta leggerezza – accentuata dalla spiccata cadenza palermitana – di temi importantissimi, come l’ambiente, la famiglia, il lavoro, il rapporto di coppia, quello con i figli e gli animali, il consumismo sfrenato e le  nuove dipendenze create dai social network, ma anche molto, molto altro. C’è anche l’immancabile presa in giro degli usi e costumi meridionali rapportati a quelli settentrionali (ma anche viceversa) che hanno reso celebre la comica e l’immancabile “guerra dei sessi”, con gli uomini che quasi sempre escono sconfitti – ma forse più simpatici – dalle taglienti battute della Mannino.

Lo spettacolo inizia e finisce in letteratura con la toccante poesia “Disattenzione” della Nobel polacca Wislawa Szymborska ad aprire le danze e il commovente ultimo discorso di Kurt Vonnegut prima di morire, a concludere in maniera circolare una performance che ha saputo tenere sempre altissima l’attenzione, con anche una presenza scenica che la Mannino non ha mai fatto mancare, grazie agli svolazzi, ai salti, alle danze, alla mimica e ai movimenti circolari finalizzati ad abbracciare idealmente sul palcoscenico il mondo ivi rappresentato, con un albero appeso a testa in giù dal soffitto e un armadio adagiato sulla sabbia del deserto da cui la showgirl esce all’inizio dello spettacolo. Insomma, grazie a questa riflessione sul fatto che tutto sta inesorabilmente cambiando rispetto anche a qualche anno fa e che ormai i cani sono sempre più simili agli umani, i tedeschi sempre più simili agli italiani e gli anziani sempre più simili ai loro nipoti, si torna a casa con un po’ di sano buonumore condito, però, da qualche certezza in meno. E se anche uno solo degli spettatori si chiederà dov’è finita negli ultimi tempi la propria identità il risultato sarà stato ampiamente raggiunto.