«Sindrome proustiana della parentesi: non portare a compimento un discorso interrompendolo più volte per generarne altri ricchi di dettagli, ma dispersivi, procrastinando il dunque.» (fonte: Benipedia)
Ci arriviamo tra poco, tranquilli.

Comunque la si pensi un nuovo film di Tarantino è sempre un evento per gli amanti del Cinema, anche quando si tratta di opere da bulletti come The Hateful Eight (2015), una cosa alla “Con i miei soldi ci faccio ciò che voglio e, se mi va di girare un western su pellicola 70 millimetri della durata di quasi tre ore tutto ambientato in una stanza, tu non mi devi rompere altrimenti ti motherfuckerizzo da qui all’eternità!” che, nel bilancio di una brillante eppur non eccessivamente prolifica carriera, si può tranquillamente annoverare tra le sue opere meno degne di attenzione – personalmente lo apprezzai, ma con molte riserve e con poca voglia di rivederlo –. Quindi, all’annuncio di un nuovo lavoro, girato in pellicola, neanche a dirlo…, interpretato da un cast stellare, è immediatamente partita la fibrillazione per l’attesa con conseguenti smodate aspettative.

Che Tarantino amasse il Cinema credo che nessuno lo avesse mai dubitato e la scelta di raccontarne un romanzato dietro le quinte infarcito di citazioni nella Hollywood del 1969 è la conferma, non necessaria, che ha voluto dare al suo pubblico (per evitare rappresaglie nei miei confronti chiarisco subito che con “non necessaria” non si intende non gradita).
Eviterò qualsiasi tipo di spoiler, anche se vi renderete conto da soli che C’era una volta a… Hollywood lo si potrebbe riassumere in due parole, sempre che non soffriate anche voi della sindrome citata in apertura; la sola macroscopica colpa di questo film è, infatti, l’incapacità dell’autore di colmare il pur piacevole vuoto che unisce il bellissimo inizio con la splendida conclusione. Il problema è che stiamo parlando di 161 minuti e sembra davvero impossibile che lo sceneggiatore più logorroico della Storia del Cinema si sia trovato nelle condizioni di infarcire la sua ultima opera di mille altri “link” – sotto forma di ricordi, aneddoti e storielle – spesso inconcludenti o non necessari, ma soprattutto con dialoghi non sempre così brillanti come ci aveva abituati in passato, per sopperire a una apparente mancanza di concretezza. Naturalmente in tutto questo non rinuncia alle solite inquadrature dei piedi femminili, ai prodotti dai nomi da lui inventati, a una ricostruzione maniacale delle location e ai brani musicali d’epoca da urlo, ovvero agli usuali vezzi che ormai sono diventati quasi una firma, come se si potesse confonderlo con qualcun altro…
Tarantino appaga gli occhi e il cuore raccontandoci una colorata favola glamour che sprizza amore per il Cinema da ogni inquadratura, ma anche in una favola è fondamentale avere sempre bene in mente cosa si sta raccontando, dove si deve andare a parare.

Quentin Tarantino è il fottuto nerd che ce l’ha fatta, quello che, anziché noleggiarsi i porno come facevano tutti, si uccideva onanisticamente di capolavori come di B-movie, per poi a distanza (neanche poi tanta, considerando che aveva solo 28 anni quando scrisse e diresse Le iene) prendersi la rivincita su chi lo additava come “strano” o “sfigato”; ora si può permettere di scritturare gli attori che vuole e per C’era una volta a… Hollywood è andato sul sicuro scegliendo bellezza e talento, con tre magistrali protagonisti che incantano dal primo all’ultimo minuto e sui quali sembrerebbe quasi adagiarsi, come se la loro sola presenza fosse più che sufficiente per strappare un voto positivo al film. E, forse, ha ragione lui.

Voto: 3,5/5

C’era una volta a… Hollywood
Regia di Quentin Tarantino
Con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Al Pacino, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Julia Butters, Austin Butler, Dakota Fanning, Kurt Russell, Bruce Dern, Mike Moh e Luke PerryUn Tarantino glamour come non mai alla conquista della vecchia Hollywood