Moriremo democristiani? Ma va, sarà più facile andare a miglior vita nel segno della matteite, unica ragion d’essere della cosiddetta “terza repubblica”. Ed è questo il vero tema della crisi di governo, a cui stiamo assistendo divertiti: esce Matteo (Salvini) e (ri)entra Matteo (Renzi). Salvini e Renzi, due facce della stessa medaglia che da anni si tengono il sacco. E così dell’errore (sulla crisi di governo) del leader della Lega, ne ha approfittato il “gemello diverso” di Rignano, che è tornato improvvisamente a dare le carte con la consueta spregiudicatezza. Salvini, abilissimo nelle gesta comizianti-populiste, ha perso ogni volta che la partita è scesa sul terreno della politica. Prima le nomine UE (dove non ha toccato palla), ora la crisi, di cui ha sbagliato modi e tempi. Per tacere dei pasticci di Savoini con la Russia, che forse hanno fatto incazzare (per motivi opposti) chi conta davvero, dunque Putin, Trump e la Merkel. Non è che “il Capitano” non Findus sia stato un tantino sopravvalutato? Chi scrive non ha mai dato morto Renzi (i leader non muoiono mai a 40 anni), chi scrive non riesce a stupirsi nemmeno della stravagante e inedita luna di miele Renzi-Grillo che sta dando scacco matto a Salvini. Renzi, come Salvini (ma anche come Grillo) è un nichilista: non crede in niente e quindi è disposto a tutto se le convenienze lo suggeriscono.

Il nichilismo dei due Mattei e di Beppe ha ovviamente un unico padre: Berlusconi, che gli eredi li ha già trovati da un pezzo, suo malgrado (ma non a sua insaputa). La mossa di Renzi di un possibile governo con i grillini ha spiazzato Salvini, che in difficoltà è persino tornato a proporre un accordo con il rabberciato e usurato Cavaliere. Roba quasi da disperato. La crisi è aperta e come dice una regola non scritta della macchiavellica democrazia parlamentare italiana: una crisi sai sempre quando comincia ma non sai mai quando (e come) finisce. È pronto un governo di legislatura e Salvini rischia di ritrovarsi fuori dai giochi per anni. Il consenso? Quello scema come un flirt estivo, gli italiani da sempre salgono sul carro del vincitore. E da quello Salvini (forse) è sceso. Salvini, bravissimo come arruffa-popolo, discreto come dj e bevitore di mojiti (si può far meglio anche lì), tra un bizzarro richiamo alla Madonna e una più simpatica occhiata alle tette della cubista di turno, ha mostrato il solito limite di tanti: attorniarsi di mediocri e miracolati yes-man. Così, ubriaco di potere e circondato di piaggeria, ha commesso l’errore più fatale: sentirsi più grande di ciò che è.