Può la violenza, la cruda vendetta essere giustificata dalle forti regole morali di una comunità?

Educazione Siberiana (Giulio Einaudi Editore) è il romanzo d’esordio dello scrittore russo Nicolai Lilin. Pubblicato nel 2009, il libro è stato tradotto in 23 lingue e distribuito in 20 Paesi nel mondo, riscuotendo un grande successo di pubblico, tanto da venire celebrato, nel 2013, anche in versione cinematografica dal regista italiano Gabriele Salvatores.

L’opera di Nicolai Lilin oggi è considerata un classico della letteratura contemporanea ed è stata riconosciuta come vero e proprio fenomeno letterario grazie alla peculiarità del tema formativo trattato: una minuziosa descrizione – i luoghi, le circostanze, i costumi, gli usi e le tradizioni – di una civiltà allora sconosciuta, quella degli Urka siberiani.

La copertina del libro

Educazione Siberiana è un testo disarmante nella sua ruvida semplicità; parla di una realtà che per certi versi potrebbe sembrare una contraddizione: da un lato delle leggi fondate su una solida moralità, un irreprensibile sentimento religioso, un integerrimo rispetto degli esseri viventi soprattutto dei più deboli (donne, anziani, bambini, disabili) e dall’altro, in completa antitesi, la violenza crudele, le vendette brutali perpetrate al fine di far osservare le medesime leggi.

Il protagonista è Nicolai, detto Kolima, un giovane ragazzo, nato e cresciuto in una comunità criminale stanziata in Transnistria, all’epoca facente parte dell’URSS, siamo negli anni Ottanta. Una congregazione ostile allo Stato e all’ordinamento perché repressivo nei confronti dei deportati in questo territorio.

Il romanzo ci porta dentro la vita di Kolima – che parla in prima persona –, descrivendo nel dettaglio questa rigida educazione attraverso la quale gli anziani, in particolare, insegnano ai giovani a essere dei “criminali onesti”, con regole d’onore da seguire, un codice di comportamento estremamente etico, l’amore per la religione ortodossa e per le persone e la devozione alle tradizioni (emblematico il capitolo dedicato ai tatuaggi, e di come il protagonista è diventato un tatuatore, tradizione simbolica per la comunità criminale: un linguaggio cifrato sul corpo, la pelle che racconta la vita di ognuno di loro); il risvolto della medaglia però è l’istruire anche alla vendetta e alla difesa di queste regole con l’uso delle armi e di atroci crudeltà.

L’educazione ricevuta abbraccerà ogni parte dell’esistenza di Kolima fin dall’infanzia, forgiando il suo carattere, il suo sguardo verso il mondo, il suo modo di relazionarsi agli altri (divisi in coloro che appartengono alla sua comunità, definiti “fratelli”, e quelli che ne sono fuori), i principi da seguire e da rispettare a costo della vita, la distinzione tra il bene e il male.

La locandina del film

Ed è proprio qui che l’autore riesce, con grande abilità, a confondere il lettore, che tra il bene e il male, tra la morale e la violenza, tra la religione e le armi, discerne con fatica ciò che può definirsi giusto e ciò che può definirsi sbagliato.

Una scrittura asciutta e diretta, nella quale la sensibilità di chi legge non trova dei percorsi introspettivi, ma solo ed esclusivamente descrittivi dei personaggi, con le loro gesta, gli eventi che li coinvolgono, ma sopratutto intorno al protagonista che racconta questa realtà in modo quasi naturale, senza porsi troppe domande, ma obbedendo al sistema che gli è stato tracciato.

Con una essenziale destrezza narrativa l’autore ha la capacità di conferire in capo al protagonista l’etichetta di criminale dandogli però un significato che disorienta. Infatti, benchè l’educazione siberiana legittimi violenza e crudeltà, la figura di Kolima viene delineata come colui che semplicemente sposa un rigoroso codice morale accettato dall’ordinamento della propria comunità di appartenenza. E niente altro.

Un libro affascinante ma duro, scritto con una mirabile essenzialità, senza nessun virtuosismo, in grado di avvicinare il lettore a una cultura difficile da accogliere eppure capace di sorprendere per la dimensione etica sulla quale si appoggia suscitando dubbi, incertezze, profondi spunti di riflessione.

Una lettura intensa e scorrevole impregnata di punti interrogativi che accompagnano fino all’ultima pagina e anche dopo aver chiuso il libro.

Consigliabile solo a lettori appassionati.