Può uno che che pesa 100 chili filare via leggero sulla neve fino ad accarezzarla? Può. Può uno che è nato scivolatore essere il più veloce sui tratti piani, ma anche sui ripidi? Può. Può infine essere il migliore su qualsiasi tipo di manto nevoso, dal ghiaccio vivo di Bormio alla panna montata di Åre? Può. Se sei uno sciatore completo, puoi fare tutto. E Dominik Paris lo è. A nemmeno trent’anni, che compirà esattamente tra un mese, è nel pieno della sua maturità di atleta e di uomo. La scorsa estate la sua compagna Kristina gli ha donato il piccolo Niko, sugli sci si è appena confermato il numero uno al mondo della velocità.
Per inquadrare la sua fantastica stagione, serve una cornice bella ampia. Il titolo mondiale di supergigante, sette centri stagionali in coppa del mondo (solo Hirscher ha fatto meglio) tre doppiette, e lo scettro del superG che in Italia mancava dal 1995 quando fu Peter Runggaldier a conquistarlo. Ce ne sarebbe abbastanza, ma con un pizzico di buona sorte in più (ad esempio la gara di Garmisch cancellata e mai recuperata), il ragazzone avrebbe messo in bacheca anche la sfera di cristallo di discesa. Con 16 centri oggi Dominik Paris è il terzo sciatore italiano più vincente di sempre; solo l’inarrivabile Alberto Tomba (50) e il grande Gustavo Thoeni (24) gli sono davanti. Per lui lo sci è puro divertimento, non ansia da calcolo. E così se ne infischia della statistica e tira dritto per la sua strada a spalle larghe e schiena dritta. E vince…
Viene dalla Val d’Ultimo, un incanto altoatesino immerso nel silenzio alpino; a tre anni suo padre maestro lo mette sugli sci, e lui non li molla mai. Le prime garette, le prime vittorie, l’ingresso nel Comitato dell’Alto Adige. Una storia come tante. «Lo conosco da quando aveva dieci anni. È nato per vincere. La sua forza è nella testa, non si arrende mai» ci confida Herbert Plank, punta di diamante nelle prove veloci della Valanga Azzurra che nel 1976 con il suo bronzo ai Giochi di Innsbruck regalò all’Italia una medaglia in discesa che ci mancava dai tempi di Zenò Colò. Eppure l’adolescente Dominik non è un tipo facile: vive l’inquietudine dell’età con qualche eccesso di troppo, fino a che a 17 anni prende e se ne va a calmierare i bollenti spiriti isolandosi per un’estate intera a sgobbare in una malga al Passo dello Spluga in Svizzera: «Avevo bisogno di stare lontano da tutto e da tutti per capire cosa veramente volevo fare del mio futuro. Ho capito che lo sci era la mia vita e non lo potevo lasciare. Quei cento giorni mi sono serviti tantissimo. Tutto è diventato più facile per me. Ho messo ordine nella testa e nel fisico» ci ha raccontato in una recente intervista.
Il ritorno non è semplicissimo, fatica un po’ a carburare, ma quando trova la quadra fa vedere chi è: il 19 dicembre del 2008 debutta in coppa del mondo in Valgardena sulla Saslong, la pista di casa che mai sinora gli è stata amica. Nel 2009 ai mondiali juniores di Garmisch si mette al collo due argenti (in libera è secondo alla spalle proprio del figlio di Herbert Plank, Andy, la cui carriera non decollerà solo a causa dell’accanimento della sfortuna) e un bronzo. Il 29 gennaio del 2011 conquista il suo primo podio a Chamonix finendo secondo alle spalle del numero uno dell’epoca, lo svizzero Didier Cuche. La prima vittoria è nell’aria e non tarda ad arrivare: il 29 dicembre del 2012 vince la discesa a Bormio. Sulla Stelvio calerà uno dei suoi due poker; l’altro sulla Streif di Kitzbuhel, il sacrario dello sci alpino. Se metti il tuo nome in quell’albo d’oro, hai un posto nella ski room dei grandi per l’eternità.
Dominik subisce un duro colpo nel 2013, quando perde il fratello in un incidente automobilistico. Trova la forza di rialzarsi e guardare avanti. Come lui stesso ama ripetere, sente che da lassù qualcuno da lassù lo sta spingendo. E così vince ancora. Quello che viene dopo è cronaca di questi giorni. E che cronaca…! Una stagione straordinaria che ricorderemo a lungo. Poi c’è un altro Paris…Quando non lo fa con gli sci sulla neve, Dominik scatena la sua carica di energia nelle vesti di frontman dei Rise Of Voltage, la band metal da lui stesso fondata della quale è paroliere e cantante. Lo sci è il rock di un riff in un curvone ai cento all’ora o di un assolo in un balzo di quaranta metri. Nell’attuale Circo Bianco nessuno è rock quanto “Domme”. E di rock ne ha ancora parecchio da graffiare. A trent’anni ha infatti almeno quattro o cinque stagioni da protagonista ancora davanti. Due gli appuntamenti: i mondiali di Cortina del 2021 e le olimpiadi del 2022 a Pechino. Lui ribadisce di non pensarci e di continuare a vivere alla giornata. Buon segno. Così forse il bello deve ancora venire.