Gabriele Muccino sa sempre come rendersi simpatico. Su Instagram decide di innescare una polemica sulle sole tre candidature al David di Donatello ricevute per il suo ultimo film A casa tutti bene.

«Ok, va bene, sputiamolo questo rospo: A Casa tutti bene, maggior incasso italiano del 2018, ha ricevuto tre candidature ai David di Donatello. E sono orgoglioso per quelli ricevuti da Nicola Piovani per la sua bellissima musica e da Massimo Ghini come attore non protagonista per la sua struggente interpretazione. Ma il film meritava assai di più e dispiace doverlo scrivere. Ancor di più dispiace doverlo pensare, perché non capita sempre, a ogni film che si realizzi, di essere così sicuri del proprio lavoro. Non sono presuntuoso, anche se sono certo che ora lo penserete categoricamente. Ho accettato che nessuno dei miei ultimi sette film realizzati negli Stati Uniti e in Italia dal 2005 in poi, anche quelli più famosi di tutti, non ricevessero più ALCUNA candidatura (a parte la musica in un paio di casi). Non l’ho sempre compreso, ma accettato decisamente sì. Può certamente essere che io sia un regista mediocre e venga per questo ignorato dai giurati. Ma può però anche essere che ci sia qualche fattore, come chiamarlo, emotivo (?), che morde i fianchi dei miei colleghi impedendogli la serenità di un giudizio limpido e obiettivo nei confronti del mio lavoro. Mi rifiuto di pensare che sia così. Spero allora che mi perdonerete la sincerità (che so già non mi perdonerete), tipica del mio carattere impetuoso, e auguro a tutti i candidati (e alcuni lo meritano) il più grande dei successi. Che vinca il migliore!»

Il fatto che scriva di non essere presuntuoso, ma asserendo che in molti lo penseranno ugualmente, non toglie nulla al messaggio che ha voluto veicolare, che fa un po’ così: il mio film è bellissimo e voi non capite nulla. Il che, in effetti, non suona affatto presuntuoso. No no, macché, forse solo secondo a «Io sono io, e voi non siete un cazzo» del Sordi che fu.

Quando uscì A casa tutti bene lo liquidai con “Ho appena visto l’ultimo film di Muccino e… e niente: dopo essermi scolato i venti flaconcini di Xanax, che purtroppo non hanno usato i protagonisti della pellicola, ora sto finalmente bene”, ma vi assicuro che la visione la trovai veramente difficoltosa e, talvolta, persino imbarazzante; da un perennemente ansimante Accorsi a tutto il resto del cast che non fa altro che urlare e agitarsi, quasi fosse una figura unica con una sola personalità, il film è un insieme di cose già viste e straviste e di dialoghi che fanno venire la pelle d’oca ai timpani.

Il problema di Muccino è che non sa scrivere le sceneggiature, non è in grado di diversificare i caratteri e questo si ripercuote sulla credibilità dei personaggi. Anziché far tesoro di commedie corali grandi e meno grandi che il Cinema ci ha regalato negli anni – da quelle di Monicelli a quelle di Altman, ma senza scomodare i due giganti possiamo anche citare titoli quali il francese Cena tra amici di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, oppure l’americano L’amore secondo Dan di  Peter Hedges, ma gli esempi sarebbero pressoché infiniti – evita non dico un bagno, ma neppure una doccia di umiltà e spara a zero facendo sottintendere che potrebbe esserci un complotto o dell’astio nei suoi confronti da parte degli addetti ai lavori.

Il problema è che i bei tempi de L’ultimo bacio (la summa, nel bene e nel male, della sua “poetica cinematografica”) sono finiti da un pezzo e questo avrebbe anche dovuto notarlo dagli incassi non sempre travolgenti dei suoi lavori successivi, anche di quelli girati negli Stati Uniti. Con questo suo discutibile post non ha fatto altro che confermare che tutti gli esagitati personaggi del suo incompreso film sono in realtà lui e solo lui al suo peggio e che un salto in farmacia per un flacone di Xanax dovrebbe farlo veramente per il bene di chi gli sta accanto e di chi paga per entrare in un cinema. Certo, non vorrei mai essere nei panni del povero farmacista…