Il direttore artistico Paolo Romano ci racconta come sta vivendo questi giorni di Festival

Pochi giorni fa, in un teatro del centro città, il volto inquietante di Lon Chaney ha inaugurato una nuova stagione per Schermi d’Amore, il festival del cinema melò che è tornato dopo nove anni di assenza. Il fantasma dell’opera, classico del muto che ha lanciato il ciclo dei mostri Universal, è stato scelto per la serata inaugurale, di cui vi abbiamo già parlato qui. Sotto molti punti di vista, si è trattato di una scelta perfetta per un festival che punta a dimostrare come il melodramma sia un genere “ricchissimo”, che compenetra e contamina ogni altro genere cinematografico.

A sostenerlo è Paolo Romano, direttore artistico di Schermi d’Amore che abbiamo raggiunto per una chiacchierata telefonica. «Volevo partire con film ambientato in un teatro», ci spiega. «Un esordio non nuovo per noi, perché nel 1996 siamo partiti dal Teatro Nuovo. Ci sembrava il luogo ideale per iniziare un festival dedicato al melodramma, che ha una matrice sia musicale che teatrale.»

È soddisfatto della serata inaugurale del festival?
«È stata una serata straordinaria. Un tipo di evento sempre più irripetibile, perché è difficile trovare le copie restaurate di determinati film, avere un pianista in sala o magari anche un’orchestra. Ed è stato importante avere quattrocento persone in sala, anche se entrate gratuitamente con un invito. Perché anche davanti a un invito, oggi, non è che la gente sia sempre disponibile a lasciare la poltrona. Il pubblico ha capito che il ritorno del festival era un evento ed è rimasto fino alla fine. Un caloroso abbraccio molto sentito, siamo stati contentissimi.»

Sia durante la conferenza stampa di presentazione sia martedì sera, lei ha sottolineato quanto sia importante recuperare la centralità della sala, di questi tempi…
«Credo che oggi questa sia la cosa più importante per un festival. Il cinema deve tornare il luogo privilegiato della visione, almeno per questi otto giorni. Nella speranza che il pubblico più giovane sia spinto a tornare al cinema anche durante l’anno: nei prossimi mesi continueremo a proporre, attraverso le rassegne del Verona Film Festival, non solo i film più commerciali, ma anche inediti e film del passato restaurati.»

Partire con Il fantasma dell’opera sembra una dichiarazione d’intenti piuttosto chiara…
«Il melodramma ti permette di spaziare attraverso tutti gli altri generi. Nella sezione “Amori impossibili cinema fantastico” abbiamo inserito film di fantascienza, dell’orrore, commedie, musical. È un bene riavere un festival in città. Un festival che abbiamo creato noi: qualche anno fa, Maurizio Porro ha scritto che siamo l’unico festival dedicato al melodramma. A Mons, in Belgio, esiste un festival dedicato al cinema d’amore. Ma è molto più ristretto, più legato agli ospiti e alle storie sentimentali.»

Claude Lelouch

Il grande ospite di quest’anno è Claude Lelouch, che riceverà un premio alla carriera. Perché avete scelto lui?
«Lelouch è spesso sottovalutato dalla critica e considerato solo l’autore di banali storie d’amore. Invece è un regista, sceneggiatore e produttore molto lontano dall’industria cinematografica, che ha praticato tutti i generi, dal dramma alla commedia, al comico, al noir. Ed è dunque perfetto per nostro festival. Siamo felici che abbia accettato il nostro invito, ma purtroppo non abbiamo avuto tempo per realizzare un retrospettiva legata al premio. Vorremmo recuperare l’anno prossimo con una piccola sezione, sei o sette film, dedicata alla sua produzione.»

Quali sono i piani per le prossime edizioni?
«Quest’anno siamo partiti con una programmazione ridotta per la disponibilità limitata della sala. Con la prossima edizione speriamo di poter tornare ai classici otto giorni del festival, dall’anteprima il venerdì sera alla programmazione da sabato a sabato. Pensiamo di tornare alla programmazione di almeno cinquanta, sessanta film.»

Schermi d’Amore 2019 si svolgerà al Teatro Ristori da venerdì 15 a martedì 19 febbraio.