È domenica mattina. Tu sei tranquilla a casa che ti fai il caffè e pensi agli affari tuoi, ma con la radio accesa, che ultimamente sembra fare funzione di macchina della surrealtà. L’illuminazione odierna arriva sotto forma di notizia demente del giorno riguardante il bradipo – lui-lui, meglio noto ai più come la bestia tonta dell’Era Glaciale –, che secondo studi scientifici rischierebbe la vita ogni volta che espleta le sue funzioni fisiologiche basilari. Lì per lì, sei tu che rischi la vita. Presa alla sprovvista quasi ti soffochi col caffè, che come fine non è proprio gloriosa. Poi però ti riprendi, anche perché subodori confusamente – sei ancora al primo caffè eh, non si può chiedere troppo – la potenzialità circolare della cosa, e allora resti avidamente ad ascoltare. ‘Sta cosa del bradipo funziona più o meno così: il bestio in questione, noto per non essere esattamente un animale feroce rapidissimo e sveglissimo, ha un metabolismo parecchio lento. E fin qui ok. Il complemento di informazione riguarda il fatto che essendo per metabolismo simile a te la domenica mattina lui fa tutto con calma, e quindi defeca una volta a settimana. Indi per cui per ciò, quando scende dalla sua casetta sull’albero veloce come un fulmine di guerra (è più appesantito del solito e meno reattivo del solito) diventa un facile bersaglio per i predatori, che lo aspettano al varco approfittando di questo suo momento – è il caso di dirlo, scusino i puristi – di merda.

Certo l’immagine non è delle più suggestive, però tu ci trovi un suo perché, almeno pari a quello dei cuori e dei tramonti postati sui social insieme ad aforismi e massime di vita copiate dai baci Perugina. Inoltre, tu ci tieni parecchio ad essere giusta, e una certa democrazia delle bestie e della realtà ti spinge ad applicare equamente qualsiasi elemento filosofico-riflessivo basilare. Per cui, il “Sii sempre te stesso, perché nessuno è come te” postato sui social deve valere per chiunque, sia questi il tipo trendy-chic che guarda tramonti su spiagge esotiche o una bestia con QI subnormale che rischia la vita quando caga. In fondo, anche lei è sé stessa, e comunque la coerenza personale va sempre premiata. Doxa social dixit. Forte del presupposto sillogistico “la merda vale quanto il tramonto” sei allora ansiosa di testare queste tue riflessioni e ti precipiti – ora, “precipiti” è licenza poetica perché è domenica mattina – a fare quello che chiunque creda nell’intelligenza circolare farebbe: condividere l’informazione per testare le risposte e i commenti. Un po’ come il tizio dell’essere sé stesso su Facebook, solo che tu un po’ ti vergogni e ti limiti a mandare wup privati riassuntivi della notizia-fonte.

Dal sondaggio risulta una specie di griglia antropologica della demenza scorporabile per categorie psicologico-sociali: 1. L’ottimista. Per lei questa è un’ottima notizia, in quanto dimostrazione oggettiva del fatto che “Esistono vite più di merda delle nostre” (cit.). Come dire, severo ma giusto. E innegabile. 2. L’elitista. Per lui il bradipo risulta un essere inutile che serve solo nei cartoni animati. Questo all’inizio ti sembra cozzare contro la filosofia del “sii te stesso”, inficiando i presupposti filosofici di partenza. Però poi decidi che, comma a. in fondo si può essere sé stessi anche se completamente inutili, come quando/se tu posti le foto della tua colazione al bar, e che, comma b., uno che muore sbranato dal predatore mentre defeca un certo grado di originalità ce l’ha, assunto certo meno applicabile alla tua foto del cappuccino. 3. L’ecologista. Lei si preoccupa per l’ecosistema, e chiede “Ma se una volta ha la stipsi allora la specie si estingue?” (cit.). Quesito interessante, che meriterebbe anche un certo approfondimento, non fosse che sei distratta dalla 4. Quella-che-fa-yoga, secondo cui “Ma è coraggiosissimo ogni volta che scende allora!!” (cit.). Questa risposta inaspettata, parecchio alternativa ma fondamentalmente non priva di una sua saggezza ti induce ad un’estensione del dilemma: in effetti perché no, basta ridefinire i termini di “coraggio” e di “morte eroica”, oltre a quello di “normalità”, come ti viene ricordato da 5. L’amico pragmatico. Lui ti riporta bruscamente alla realtà chiedendoti come stanno i tuoi pochi neuroni rimasti e invitandoti a fare cose normali tipo lavare le tende o pulire le fughe tra le piastrelle (semicit.) dopo aver spento la radio, che evidentemente non ti fa bene.

Cosa che tu ovviamente non fai, sperando in nuove e scintillanti rivelazioni che ti permettano di seguire le magnifiche e progressive sorti del bradipo – a cui nel frattempo ti sei pure un po’ affezionata – coniugando studi scientifici, frasi da baci perugina e riflessioni circolarmente diffratte. Però intanto il bestio in questione dev’essere risalito sul suo albero. Oltre al bradipo, pure la fortuna ti ha abbandonato. Hanno messo Tiziano Ferro – quello de “notizia è l’anagramma del mio nome”, per capirci – e per quanto tu sia nostalgica te lo devi tenere ed esserne pure contenta, ché poi arriva Emma – quella di “Ma che palle/Esiste un’altra vita/Esiste un’altra strada/Che non porti a Roma” (Cit.).

P.S. E no, la foto non c’entra volutamente niente col pezzo, perché hai avuto pietà di chi solitamente sceglie la foto, poraccio.

P.P.S. Occhio alla controselva, adatta ai (molto) temerari.



 Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita./Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;/ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte./Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai.

Dante Alighieri, Commedia. Inferno, Canto I