Nelle “Wunderkammer”, che tra il XVI e il XVIII secolo facevano parte dell’apparato iconografico e celebrativo della nobiltà europea, un posto d’onore lo avevano le cosiddette “chimere: spoglie imbalsamate di animali fantastici realizzate assemblando parti di diversi animali reali, al fine di ottenere ibridi animali che in natura non esistevano. Il termine è divenuto poi di uso comune per indicare un’utopia assurda, di impossibile realizzazione. L’Italia di tali freaks si è talmente fascinata da portarne una al governo, mi riferisco a M5S il quale delle chimere è la versione politica. Tale movimento, che si autodefinisce “populista”, infatti, è un assemblaggio di idee e temi trasversali agli schieramenti destra-sinistra, ideale contenitore per il mercato politico in tempi post ideologici. Nel M5S temi quali pauperismo, assistenzialismo, risentimento sociale nei confronti dei “privilegiati”, utilizzo della spesa pubblica con finalità redistributive, diffidenza nei confronti della libera iniziativa e opzione in favore dello Stato pesante con funzioni regolatrici, che fanno parte del guardaroba della sinistra, convivono con la diffidenza nella globalizzazione e il sovranismo che attualmente è il brand mainstream della destra di lotta e pure di quella di governo, europea ed extraeuropea. Tale trasversalità è stata l’accelerante dell’incremento del suo consenso nella fase di opposizione ai governi “istituzionali”, consentendo al movimento di spiegare la polemica a 360 gradi. Rischia di essere il suo freno nella fase di governo, per l’elementare motivo che mentre si governa non è possibile adottare provvedimenti che possano accontentare tutti i diversi animali che sezionati e cuciti assieme formano la chimera chiamata “M5S”. Specie avendo un partner di governo esplicitamente sovranista che attua un’aggressiva campagna mediatica volta a intestarsi la direzione politica dell’azione di governo.

Quali potrebbero essere gli sviluppi di una situazione del genere per un movimento come M5S che non dispone, per i motivi che abbiamo appena detto, di un corpus ideologico organico a cui far riferimento? L’ipotesi è che in Italia vi sia in nuce la possibilità che si venga a formare un nuovo tipo di bipolarismo, che non ha più nulla a che fare con le cleavage “destra-sinistra” novecentesche, ma che venga a strutturarsi attorno a due poli che per comodo definiremo della “democrazia del popolo” e della “democrazia delle istituzioni”. Il celebre comandante De Falco, recentemente espulso dal M5S per le sue posizioni eterodosse rispetto all’attuale linea del movimento, ha colto con molta lucidità la possibilità che vi sia in corso un processo che può condurre alla formazione di un polo “sovranista”, strutturato attorno alla Lega Nord, la quale attualmente sembra detenere in maniera esclusiva i diritti sul  brand nazionalista-patriottico. Tale polo fungerebbe da magnete per attirare le parti dell’elettorato M5S più sensibili ai temi che genericamente si possono definire “di destra” . Del resto, il propulsore di entrambi i movimenti che si autodefiniscono populisti oggi al governo in Italia è dichiaratamente il medesimo: il risentimento sociale, esplicitato nel caso di M5S contro una “casta” di privilegiati, i cui contorni non sono mai stati chiaramente definiti, e nel caso della Lega Nord contro gli stranieri.

Il processo è ancora lontano dal poter avere degli esiti definiti, ma non si può negare che ve ne siano degli evidenti segnali. Il travaso di voti da M5S alla Lega che pare essere accreditato  dalle più recenti letture demoscopiche, la convergenza di entrambe le formazioni su diversi temi sostanziali, prime fra tutte l’opzione per lo stato etico e il controllo politico sull’economia. A ciò occorre aggiungere l’aggressiva campagna di penetrazione della Lega nelle regioni meridionali, tradizionale serbatoio di consensi di M5S, a cui fa da contraltare il progressivo affievolirsi dell’appeal del vecchio brand primailnordismo – nonostante un malcontento ora puramente epidermico delle regioni settentrionali tradizionalmente serbatoi di consenso leghista – in favore del nuovo brand salviniano primalitalianismo”. La chimera M5S potrebbe quindi essere scomposta e in parte ricomposta con la Lega in una formazione populista che potrebbe ambire a fare incetta del 50% dei consensi dell’elettorato. È legittimo supporre che il brand di nicchia per i nostalgici di Alleanza Nazionale, mi riferisco a Fratelli d’Italia, possa essere attratta da tale magnete sovranista. Altrettanto legittimo è supporre anche che la componente di sinistra di M5S possa implodere e prodursi in una sorta di scissione dell’atomo, fratturandosi in una serie di soggetti in competizione fra loro per la rivendicazione del maggior grado di purezza ideologica. Praticamente il destino delle formazioni di sinistra poste alla sinistra del PD.

È’ di tutta evidenza che a questo movimento non potrebbe non corrispondere un contromovimento delle formazioni politiche che si collocano fuori dal campo gravitazionale del sovranismo. Esse, o per forza o per amore, si vedrebbero costrette a a cercare punti con sintesi tra loro, pena l’insignificanza politica. In questo senso è assai significativo il germe di dialogo aperto tra Romani di Forza Italia e Renzi del Partito Democratico, evidente segnale che al di fuori del campo sovranista esiste una consapevolezza trasversale circa necessità di individuare un minimo comun denominatore tra le forze che non si riconoscono nella narrazione populista/sovranista. Liquidate le cleavages “destra-sinistra” a causa del decesso delle ideologie novecentesche, non esistono pregiudiziali programmatiche all’aggregazione di soggetti politici diversi. Chi potrebbe accusare il PD a trazione renziana di essere un partito di sinistra? L’ipotesi che solo il tempo consentirà di verificare è che le aggregazioni ideologiche novecentesche sono sostituite da aggregazioni  mitologiche. Il vincitore della competizione politica quindi è il miglior storyteller, e non serve portare prove empiriche di quanto quest’ultima affermazione sia verificata dalla Realtà. “Fantapolitica” qualcuno potrà pensare. Ma fino a ieri chi poteva supporre che uno steward dello stadio San Paolo di Napoli senza alcuna esperienza lavorativa e con poca dimestichezza nella declinazione dei verbi della lingua italiana potesse divenire ministro della Repubblica?