“Errare humanum est, perseverare diabolicum”, dicono, tralasciando di precisare che il concetto di diabolico in quanto perseverante non può essere applicato alle dinamiche familiari, in genere. Infatti i parenti mica te li sei scelti tu, e soprattutto ora che è Natale non li puoi evitare ad libitum. A volte lo vorresti tanto, perché tu sei l’unica umanista tra due sorelle scientifiche che fanno discorsi scientifici, col risultato che queste fanno freddure che tu capisci entro limiti e tu sembri la parte scema della famiglia, che è lì come quota sociale. Comunque. Mica puoi eliminarli – i parenti, che così stai a posto anche coi discorsi –, censurarli stile Indice pontificio, saltare tutti i ritrovi familiari da qui al 2069, quando sarai morta o comunque impossibilitata a fare grandi conversazioni.

Nel caso dell’ultimo pranzo, il discorso (ehm) è scivolato sulla promiscuità degli uccelli, intesi non in senso gergale ma in quello dei pennuti veri-veri con le zampe, le ali, il becco e tutto il resto. Nella (ehm) fattispecie, si parlava (ehm) del sistema riproduttivo del pavone e delle di lui modalità di vita, partendo dal fatto che la ruota del pavone serva per attrarre le femmine – e fin qui ok, ci eri arrivata anche tu – secondo calcoli complicatissimi. Praticamente funziona così: essendo notoriamente – ???? – i pavoni animali promiscui, alla femmina interessa non avere un compagno per la vita ma diffondere al massimo i propri geni, per assicurare una procreazione estesa e quindi pure la sopravvivenza della specie. Per assicurarsi il massimo di eredi, la pavona senior sceglie non il pavone più forte, più fit (sic, cit. la sorella scientifica) – chissene se è forte, tanto poi è libertino e la abbandona –, ma il più sexy, così da trasmettere i geni della sexytudine al maggior numero di pavoncini junior, che saranno belli e sexy come papino, ergo più atti ad attirare tante pavoncine junior e fare altri pavoncini ultra-junior che avranno gli stessi geni sexy ecc. ecc.

Tu con tutte ste generazioni e sti figli ti sei un po’ perso, e peraltro quel poco di Darwin che conosci non ti torna. Insomma, non capisci. Allora chiedi una roba tipo: “Ma se il pavone sexy è solo sexy e non forte, i suoi geni saranno scarsi e i pavoncini deboli, quindi meno inclini alla sopravvivenza. Quindi?”. Sdegnosamente, ti si risponde che le due cose, per i pavoni, coincidono. La ruota più bella è anche la più grande. Il che significa che serve più forza per aprirla e trascinarsela in giro, e che quindi l’esemplare fig(o) è anche per forza super fit, mentre non è detto il contrario: un pavone può essere forte ma non bello, indipercui poco quotato sul mercato riproduttivo. Inoltre, visto che ‘sti uccelli hanno spesso problemi intestinali – qui tu cominci a sentirti male, ma l’hai chiesto e sei obbligata a fingere interesse –, avere una coda bella e più pulita delle altre, cioè sostanzialmente con meno pezzi di merda sopra, indica che sei un esemplare sano, un pavone fig(o) che è anche fit, appunto.

Fantastico. Tu pensi che se la sopravvivenza di una specie dipende dagli esemplari che si cagano meno addosso, la suddetta meriterebbe eccome l’estinzione, ma vuoi evitare ulteriori dettagli e taci. Anche perché a tavola è arrivata tua mamma con le lasagne, e tu le vuoi bene, povera donna. Proprio perché le vuoi bene, non vuoi che sappia in che stato mentale è la sua prole. L’esistenza è già difficile così, senza sbattere contro la dura realtà contingente che dei suoi pavoncini junior due parlano di merda di pavone e uno (tu) non capisce più di tanto neanche quando si parla di merda di pavone, che è tutto dire. Inoltre, a voler essere ancora più precisamente spietati, di tre solo uno ha dei figli – ovviamente non sei tu, quella che non capisce, e per fortuna, che sennò neanche Darwin in persona ci potrebbe salvare come specie. Uno solo ha figli, si diceva. Uno solo. Il che equivarrebbe, nel gergo avicolo, a dire che tuo padre era un pavone sfigato, forse fit ma sicuramente non fig(o), visto il suo relativamente scarso contributo riproduttivo. Vero è che lui è teoricamente stato un gran pezzo di vita con la stessa femmina (tua madre), e che tu non sai se abbia altri figli in giro precedenti o simultanei a voi, ma insomma non ti sembra il caso di evocare questa possibilità, pur se in difesa dell’onore fig(o) di tuo padre. Chissà perché, non credi che sarebbe apprezzato, e allora parli delle lasagne. Evidentemente, il dio dei pavoni esiste e lotta con noi, perché la conversazione scivola su besciamella e ragù. Per carità, non il massimo della brillantezza eh. Ma rispetto alle discussioni sui problemi intestinali dei pavoni o alla possibilità di difendere la reputazione di tuo padre dandogli del puttaniere, resta comunque un argomentone. E allora chiedi pure il bis, prima di passare direttamente ai superalcolici.

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita./Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte/che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;/ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte./Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai.

Dante Alighieri, Commedia. Inferno, Canto I