L’attuale posizione di classifica del Verona non rispecchia le ambiziose aspettative di inizio campionato. Il turno di riposo di questa “anomala” Serie B a 19 squadre offre l’occasione per fare il punto della situazione. Ne parliamo con Mauro Gibellini, che oltre ad aver indossato la maglia gialloblù ad inizi anni ’80, ha ricoperto in più occasioni l’incarico di direttore sportivo, prima con Giovambattista Pastorello e successivamente con il compianto Giovanni Martinelli.
Dopo tredici turni il cammino dei gialloblù è tutt’altro che soddisfacente. Una vittoria negli ultimi otto incontri non sono certo il cammino di marcia di una formazione che punta, almeno sulla carta, alla promozione in Serie A.
“L’inizio di campionato è stato subito molto positivo. Ora la squadra mostra, invece, un’involuzione di identità che si è tramutata in una crisi di gioco e di risultati. Per certi versi sembra di rivivere il trend della stagione scorsa. Per evitare di trovarsi nuovamente di fronte a situazioni di questo tipo, è fondamentale non ripetere gli errori fatti nel passato quando non venne fatto nulla per tentare di cambiare il corso degli eventi.”
La tifoseria ha chiesto a gran voce l’esonero dell’allenatore. La dirigenza lo ha confermato. Tu cos’avresti fatto?
“L’allenatore è il principale responsabile, ma non è certo l’unico perché in campo ci vanno pur sempre i giocatori. Sicuramente avere a disposizione un organico composto da quasi trenta giocatori non semplifica la gestione tecnica. In questa situazione, tuttavia, spetta a lui il compito di trovare per primo la via d’uscita. Naturalmente, se le cose non dovessero cambiare l’esonero diventerebbe quasi un passo obbligato. A meno che i programmi societari siano altri, ma non credo proprio sia così.”
In occasione dell’ultimo turno casalingo è esplosa una forte contestazione, sfociata nell’assenza dallo stadio dell’intera tifoseria. Una situazione senza precedenti…
“Vedere il Bentegodi vuoto è stato uno spettacolo desolante. In questi anni, complici le due retrocessioni consumate nelle ultime tre stagioni, tra società e tifosi si è creata una frattura alquanto pericolosa. Si tratta di uno scollamento preoccupante che credo richieda una seria riflessione, prima che sia troppo tardi. La tifoseria gialloblù è esigente ma davanti a impegno ed attaccamento ai colori non ha mai fatto venir meno il proprio sostegno. Sottovalutare una contestazione di queste dimensioni potrebbe rivelarsi assai controproducente perché si rischia di trovarsi di fronte al tanto famigerato punto di non ritorno.”
In casa gialloblù continua a tenere banco l’utilizzo con il contagocce di Giampaolo Pazzini. Che ne pensi?
“Il trattamento riservato a Pazzini desta più di qualche perplessità. Un giocatore della sua esperienza rappresenta in cadetteria un vero valore aggiunto in grado di fare ancora la differenza. Sono altresì convinto che, avendo caratteristiche diverse, lui e Di Carmine possano coesistere senza alcun problema. Mi pare di capire, tuttavia, che Grosso non la pensi alla stessa maniera.”
Se fossi al posto di Pazzini cosa faresti ?
“Mi è capitato di vivere una situazione analoga negli ultimi anni di carriera, quando non rappresentavo la cosiddetta prima scelta. Scelsi allora di puntare sulla cosa che mi veniva meglio ovvero fare gol. Nella settimana che precedeva le partite mi studiavo con estrema attenzione le squadre, i difensori, i loro punti deboli, in modo da farmi trovare pronto anche per uno scampolo di partita con l’obiettivo di segnare, indipendentemente dal tempo a mia disposizione. Negli anni trascorsi a Perugia, Como e Cesena, infatti, pur non giocando da titolare, fui sempre tra i marcatori più prolifici della squadra.”
Le scelte tattiche del tecnico gialloblù sollevano spesso pareri discordi, soprattutto riguardo alla scelta dei ruoli. Nel calcio di oggi, il modulo è diventato più importante dei giocatori?
“In questi ultimi anni il calcio è molto cambiato. Il modulo sembra essere diventato un dogma incontestabile. Rimango convinto, invece, che un allenatore debba essere bravo a portare avanti con determinazione e costanza la propria idea di gioco ma senza mai snaturare le caratteristiche dei giocatori, sacrificandoli sull’altare del modulo scelto. Ripenso con nostalgia ad Osvaldo Bagnoli, che ho avuto l’occasione e la fortuna di avere come allenatore nella mia permanenza in maglia gialloblù, il quale cercava di mettere ogni giocatore nel ruolo dove era in grado di esprimere le sue migliori potenzialità. Questo, secondo me, fu uno dei suoi più grandi meriti.“
In conclusione, il Verona rimane tra le squadre candidate alla promozione?
“Secondo me i gialloblù sono una buona formazione dotata di alcune discrete individualità. Con due o tre rinforzi mirati la promozione rimane sicuramente un obiettivo raggiungibile. La serie B è un torneo lungo e complicato, tuttavia basta una serie di risultati positivi per ritornare in corsa. L’importante è essere nelle posizioni che contano negli ultimi due mesi, quando tutto si decide.“