Si è concluso da pochissimo calciomercato estivo 2025. Con 1,19 miliardi spesi la nostra Serie A si posiziona seconda soltanto alla consueta Premier League per quanto riguarda le uscite di denaro. Queste cifre hanno permesso alle squadre italiane di aggiudicarsi campioni di calibro internazionale. Tuttavia, l’età avanza, i tempi cambiano, e questo presunto ricambio generazionale sembra più un allontanamento totale da un’italianità ormai in gran parte assente nelle formazioni del campionato italiano.

Colpi stellari o villeggiatura in Italia?

Che la Serie A non sia più da anni l’embrione di fuoriclasse dal calibro mondiale, italiani o stranieri che siano, ne siamo tutti a conoscenza. Ciò che si fa ancora più fatica ad accettare è che agli occhi dei calciatori stessi, il campionato italiano non sia nemmeno più un limbo degno di essere vissuto nel pieno della carriera, ma un’obbligata sosta finale prima dei titoli di coda in cui si assapora il più invidiabile dei “dolce far niente” tricolore.

Senza rimarcare i tre clamorosi colpi estivi di Modrić (39 anni) al Milan, De Bruyne (34 anni) al Napoli e Vardy (38 anni e ufficialmente ritirato fino a quattro giorni fa) alla Cremonese, basta andare a ritroso di pochi anni per confermare questa teoria: Boateng e Ribery alla Salernitana, Umtiti al Lecce, Varane al Como e molti altri. Quest’anno, peraltro, il mercato ha recistrato anche diversi “cavalli di ritorno”, come gli ex “turchi” Dzeko ((39 anni, alla Fiorentina) e Immobile (35 anni, al Bologna). Il tutto sempre e comunque a discapito di giovani promettenti ragazzi italiani che di spazio ne riescono a trovare davvero poco. Per buona pace del CT della Nazionale Rino Gattuso che, esattamente come i suoi predecessori, non sa mai quali pesci pigliare. E di ricambi ce ne sono sempre davvero pochi, soprattutto in certi ruoli come l’attacco.

Le scabrose percentuali degli italiani in A

La scorsa stagione in Serie A si è registrato il numero record di calciatori stranieri, a dimostrazione di un calcio sempre più globalizzato. Questa dislocazione territoriale sta però toccando dei picchi decisamente pericolosi per le sorti del calcio nazionale. In Serie A la percentuale media di stranieri per rosa è del 65%, con formazioni che spiccano con numeri nettamente più alti rispetto ad altre. La top 3 è costituita da Lecce, Torino ed Hellas Verona, rispettivamente con percentuali di 88%, 87% e 87%, mentre il “trittico degli italiani” se lo aggiudicano Cagliari e Cremonese con Sassuolo e Fiorentina che seguono a pari merito (26%, 30%, 50% e 50%).

Dopo queste ultime due citate, le restanti sedici squadre presentano formazioni a dir poco cosmopolite, con più della metà della rosa nata al di fuori dei confini Italiani. Numeri impressionanti. Lo stesso Cesc Fabregas, allenatore del Como, si è espresso duramente in merito alla motivazione per cui nessuno dei nuovi acquisti arrivati nei mesi del mercato estivo sia effettivamente italiano: “Tra un giovane spagnolo e un italiano prendo sempre uno vostro. Ma non ne avete!“…di mentalità non parlo tanto perché non conosco bene la dinamica qui degli altri club, però non abbiamo trovato lo spazio giusto per inserire italiani nel nostro contesto. Il risultato? Più di 100 milioni di euro spesi nel mercato, dieci giovani promettenti calciatori acquistati e nessuno di questi italiano.

Cesc Fàbregas, allenatore del Como –
Foto da https://comofootball.com/comunicato-como-1907-cesc-fabregas-e-nuovo-kit/

Gli effetti sulla stagione 25/26

Al termine della prima giornata della Serie A 25/26 sono scesi in campo solamente 98 italiani: i peggiori in Europa. La situazione si sfalda ulteriormente dal momento in cui si va a controllare la lista delle entrate, squadra per squadra, nei i mesi di mercato. Il numero totale dei calciatori acquistati durante questa sessione ammonta a 158, 37 dei quali italiani.

Numeri di per sé bassi, ma calcolando che la stragrande maggioranza di questi 37 militava già in Serie A la scorsa stagione, e che la restante piccola percentuale vedrà il campo con minutaggi a dir poco risicati, siamo al punto di partenza. Anzi, siamo più di qualche metro indietro.

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